L'educazione dei figli è la cosa più importante per la sopravvivenza di una società, per il suo sviluppo e per il suo grado di benessere.
In ogni epoca gli educatori hanno avuto a cuore di trasmettere ai discendenti i valori nei quali credevano e che erano a fondamento di quella stessa società. Gli appartenenti ad una data società condividevano gli stessi valori e di questi se ne prendevano la responsabilità. Che cosa intendo? Che se una società era una società di guerrieri che mirava all'espansione nei territori circostanti, gli appartenenti a quella società educavano i loro figli alla guerra ed era quindi compreso nelle eventualità che il figlio potesse morire magari da giovane in battaglia. Evidentemente i parenti saranno stati addolorati per la perdita del figlio, ma ritenevano di fatto accettabile una tale eventualità purché la loro società continuasse ad esistere. C'era insomma una coesione fra i membri di una data società, gli obiettivi che si davano i governanti di quella società e una condivisione fra governanti e governati delle responsabilità che derivavano da una certa impostazione di condotta. Cosa succede invece oggi? Viviamo in una società che è palesemente impostata sulla competizione, sulla indifferenza e sulla sopraffazione, per non parlare dell'estenuante inseguimento del possesso di beni materiali, che non avviene neppure scegliendo quelli che più ci aggradano, ma scegliendo quelli che ci fanno sembrare “più potenti” agli occhi degli altri, così che il nostro ego si senta gratificato. E arriviamo qui al punto. I genitori in gran parte condividono questo tipo di “valori” non tanto perché li abbiano coscientemente sottoscritti, ma perché mancano del coraggio di elaborarne dei propri, differenti da quelli diffusi nella massa o se li avessero elaborati, mancano della forza di perseguirli per timore di sentirsi emarginati o esclusi da una società che procede in una direzione differente. A questo proposito occorre fare una considerazione: in ogni epoca sono sempre vissute persone “più consapevoli” e altre “meno consapevoli”: diciamo che ogni persona che si trova a nascere può avere un maggior o minor grado di consapevolezza e questo varia nel corso della sua stessa vita; un dato però è certo: noi abbiamo sempre la responsabilità delle conseguenze che produciamo col nostro agire a livello individuale e che naturalmente saranno in rapporto al nostro grado di consapevolezza. Mi spiego: io sono un primitivo e ho avuto l'opportunità di scoprire il fuoco e ho scoperto che toccandolo mi brucio ma vivo in una comunità di miei simili che non ha ancora scoperto questa cosa. Sarebbe saggio se tutti lo vanno a toccare essere anch'io fra quelli che lo toccano? Direi di no! Chi ha capito qualcosa in più, in altri termini “è più consapevole” sarebbe davvero assurdo che si comportasse come chi una certa cosa non l'ha ancora capita...nessun animale, nemmeno un microrganismo unicellulare lo farebbe! Ma se io decidessi che non voglio sentirmi diverso dai miei simili e lo toccassi, potrei poi lamentarmi delle conseguenze che ne derivano e che peraltro già conoscevo? Ma dai!... Non posso non prendermi la responsabilità delle cose che già conosco e poi “cadere dal pero” se ne derivano le necessarie conseguenze! Dopo queste brevi riflessioni ritorniamo al ragionamento principale: l'educazione dei figli. Se io come genitore non ho consapevolezza né del significato delle scelte che faccio, né delle necessarie conseguenze che ne derivano sono semplicemente “ignorante” in senso spirituale e con il tempo e le esperienze cercherò di evolvere. E man mano migliorerà anche il grado di consapevolezza che comunicherò ai figli. Ma se io come persona ho raggiunto un certo grado di consapevolezza e semplicemente non ne tengo conto e mi comporto verso me stesso e i miei figli come se non avessi capito nulla, conformandomi al livello di comprensione di chi ha capito meno, cosa penso di produrre? Produrrò i risultati che la mia consapevolezza individuale mi avrebbe portato a produrre o piuttosto i risultati che la consapevolezza di chi mi circonda, e a cui ho stoltamente aderito, produce? Mi sembra di una logica incontrovertibile. Allora perché mi ostino a lamentarmi di quello che produco? Se amo la neve è pensabile che io scelga di andare in montagna d'inverno. Ma se compro invece un biglietto per il Kenia perché tutti vanno in Kenia, non è che io possa lamentarmi che là fa caldo e non trovo la neve... Come nasce questo vivere “alienati da se stessi” che poi produce conseguenze drammatiche nell'educazione dei figli? Nasce dalla difficoltà in cui si trova il nostro ego (chiamiamola per comodità e senza nessuna pretesa scientifica la nostra “parte più ignorante”) quando non riceve l'approvazione altrui, perché magari sceglie comportamenti differenti rispetto alla maggioranza. Questo fa sentire a disagio l'ego e piuttosto che privilegiare la connessione con la parte di sé più consapevole che sa benissimo che certe scelte sono “illogiche” e dannose e le eviterebbe, decide di privilegiare la connessione con gli altri “ego ignoranti” che lo circondano e che fanno scelte illogiche. Tutti gli esseri umani vogliono sentirsi connessi fra loro e questa è sicuramente la strada maestra perché gli esseri umani SONO connessi, solo che sono connessi ad un livello più alto e finché la connessione l'uno con l'altro la ricerchiamo attraverso i nostri “ego confusi” piuttosto che attraverso le nostre “anime consapevoli” i risultati che produciamo sono devastanti. L'educazione dei figli parte dall'educazione di se stessi e se c'è quest'ultima l'educazione corretta dei figli si rende quasi “inutile” perché si produce in qualche modo da sola... Ogni volta che un genitore parla male di qualcuno assente di fronte ai figli crea le premesse perché il figlio faccia lo stesso; ogni volta che è assente dall'ufficio senza nessun reale motivo per esserlo, magari per sfuggire ad una riunione cui non voleva partecipare, crea le premesse perché il figlio a scuola diserti un'interrogazione. Se la madre si strugge per una borsa costosa e il padre va in crisi perché vuole un'auto più potente e al momento non può averla è lecito sorprendersi che figlio si butti per terra in lacrime se non ha le scarpe firmate? Come si fa a non voler vedere il nesso? Il genitore è chiamato a vedere questo nesso e ad accorgersi che quello che il figlio sta facendo è di un'estrema coerenza con l'educazione che gli è stata data... Quindi da tutto quanto precede si deduce che non è di nessuna rilevanza “occuparsi” dei figli, se non in senso affettivo e nel fornire loro i mezzi necessari alla vita; i compito più importante è occuparsi di sé stessi, di accrescere la propria consapevolezza e di perseguire la coerenza e la fedeltà con ciò che abbiamo scoperto essere utile al nostro progresso; ogni nostro gradino nella consapevolezza “passerà” automaticamente ai figli, proprio in virtù di quella “connessione” e “interdipendenza” che davvero esistono e alla cui realizzazione consapevole giustamente tendiamo. aurelia bracciforti - astro nashira
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AutoreSono Aurelia Bracciforti, nota come Astro Nashira. Archivi
Novembre 2024
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