Questa che segue è la prima parte del primo capitolo di un racconto che scrissi parecchi anni fa, allo scopo di divertire le mie figlie con le avventure di questa strampalata famiglia e al contempo comunicare l'idea che la famiglia e le relazioni sono un bellissimo mezzo che aiuta a vivere la vita come una splendida avventura se solo li si coltiva e spesso, come succede a questa famiglia, solo la costrizione di una situazione assurda obbliga ad uscire dalla propria zona di sicurezza, spingendoci così a scoprire prospettive completamente nuove.
LA FAMIGLIA MARTELLI
RITORNO A CASA
La famiglia Martelli si accingeva a rientrare a Treguzio, dove risiedeva, dopo le consuete e rilassanti vacanze trascorse sul litorale di Rogna, ridente località sul Golfo di Penuria.Loro, i Martelli s’intende, si trovavano perfettamente a loro agio in compagnia di simili persone ed era precisamente per questa ragione che tornavano tutti gli anni nel medesimo ameno luogo...
Questo paesino era meta estiva di bancari solitari, di casalinghe raminghe e di ufficiali imparziali, tutti uniti nella spasmodica ricerca di una vacanza tranquilla, di un meritato riposo dopo un anno vissuto pericolosamente fra assegni da mandare all’incasso, spese al supermercato e avventurose ricerche d’archivio...
Tuttavia, nonostante l’opulenza della mole, la signora Ines Martelli, nata “Ferrari”... questo va detto! era una scheggia nel muoversi e nel gestire la vita familiare: pianificava, organizzava, decideva le priorità, faceva eseguire ordini, programmava ogni cosa, affinché tutto ma proprio tutto fra le mura domestiche funzionasse come un meccanismo perfettamente oliato e l’amato consorte Ignazio fosse soddisfatto.
Le due gemelle, alle quali i genitori avevano avuto la brillante idea di imporre i nomi di Costanza e Prudenza nell’encomiabile tentativo di augurare loro una vita tranquilla, avevano ora sedici anni e mezzo.
Avrà avuto più o meno cinque anni all’epoca del fatto e tutto era cominciato perché aveva chiesto a suo padre come si costruivano i modellini di aerei di legno...
Ignazio, che in quel momento non aveva molto tempo, le aveva dato una risposta evasiva, rimandando ad un altro giorno la prosecuzione della spiegazione.
Voleva forse dire a chi la seguiva di far attenzione al traffico o di non andare a sbattere contro qualche palo??? Mah!...
A Treguzio, in quel primo pomeriggio di fine Agosto, il caldo era opprimente e appiccicoso, quel tipo di clima che immerge i neuroni in un bagno di gelatina rendendoli, nonostante le loro buone intenzioni, completamente inoperosi...
Ciononostante la famiglia al completo aveva una gran voglia di tornare a casa, nella loro bella ed accogliente casetta... e questo faceva sì che la loro auto volteggiasse lievemente fra le strade deserte del paese e li scodellasse con dolcezza davanti al loro portone, in via degli Esuli al numero 9.
I cinque componenti della famiglia erano in realtà sei, se si tiene conto del voluminoso e peloso quadrupede Torquato, felino di razza persiana, animatore e nello stesso tempo distruttore della loro pace casalinga.
Gli esponenti umani del nucleo familiare erano: il colonnello Ignazio con la sua dolce consorte Ines, le gemelle Costanza e Prudenza e il piccolo Tancredi, vispo e irruente pargolo di cinque anni, interamente spesi a demolire con precisione scientifica le consuetudini familiari.
Conosciamoli un po’ tutti quanti, prima di dar corso alla nostra storia!...
Il capofamiglia, il colonnello Ignazio, era un uomo piacente sulla cinquantina, alto e ben piantato.
Portava con palese ostentazione un paio di baffoni di quelli che usavano nell’Ottocento, col ricciolo finale, ma per il resto vestiva sportivamente con abiti di taglio moderno e ci teneva molto a mantenersi in forma.
Aveva un vero e proprio “culto” per l’ordine e la metodicità e una passione maniacale per il rispetto degli orari, possedendo ben tre orologi, due dei quali li portava indosso.
Era colonnello dell’Aeronautica e, anche se quando era un giovane paracadutista sprizzava dinamismo e coraggio da tutti i pori, a guardarlo ora, dopo circa una trentina d’anni spesi tra lavori di ufficio e scartoffie da firmare, sembrava completamente un’altra persona!
Il suo dinamismo era completamente scemato e, chi l’avesse visto adesso per la prima volta senza averlo conosciuto prima, avrebbe detto che una tal persona era nata così: moscia... stanca... ormai senza più alcuno scopo nella vita, se non quello di controllare che la stessa continuasse a scorrere su binari noti e secondo schemi consolidati!
La sua remissiva consorte Ines, era insegnante di Latino al Liceo Classico di Treguzio.
Fisicamente non era quel che si potrebbe definire una gran bella donna, sia per via del naso, che lei si ostinava a definire “dal profilo greco” (ma in quali opere d’arte della Grecia Classica si era mai visto un tal naso?), sia per via del peso, del quale si era doviziosamente provvista nel corso degli anni; era questo un maldestro tentativo da parte sua di ancorarsi in maniera sicura a terra, elemento nel quale non si era mai sentita completamente a proprio agio.
Donna Ines preferiva infatti di gran lunga veleggiare nel mondo dell’immaginazione e dei sogni, che si guardava comunque sempre attentamente dal realizzare...
Si presentava insomma tale e quale ad una mongolfiera alla quale fosse stata attaccata molta zavorra nella speranza di impedirle di decollare.
Erano graziose nell’aspetto, seppure abbastanza banali e per nulla appariscenti.
La maggiore (era nata solo venti minuti prima ma ciò bastava a farla sentire “la primogenita”!...) era Costanza: esile e piuttosto mingherlina rispetto alla sorella; molto fine nell’aspetto, quasi “nobile”. Le piaceva acconciarsi i capelli, lunghi e castani, ogni giorno in una foggia diversa e a volte riusciva a cambiare pettinatura addirittura due o tre volte in un giorno!...
Dire poi che stile avesse nel vestire era davvero impresa ardua: a volte se ne usciva di casa coi capelli striati di verde e le calze di colore diverso fra loro; vestita “come una vera barbona” a detta di sua madre.
La povera donna in effetti la guardava spesso dalla finestra mentre si allontanava nella via, con un senso di profondo rammarico e ogni volta si domandava che cosa poteva aver mai fatto o omesso di fare lei, tanto da giustificare un così tanto deprecabile risultato educativo!...
A volte invece Costanza passava ore davanti allo specchio prima di uscire, occupandosi di ogni minimo particolare del suo abbigliamento con cura maniacale, smaniando se non trovava dei guanti in tinta con le scarpe o il fermacapelli adatto all’occasione.
Donna Ines, in questi casi e su richiesta precisa della stessa figlia, cercava di aiutarla a comporre l’insieme del suo abbigliamento, ma quando Costanza si inalberava per una piega di troppo o una tonalità di rosso che “era un po’ diversa”... beh, in quel caso la povera donna, sconfitta, l’abbandonava senza rimpianti al suo destino, borbottando fra sé e sé qualcosa mentre si allontanava verso un’altra stanza.
In quanto alla secondogenita, Prudenza, ella era molto simile alla sorella nei lineamenti, tanto che si capiva benissimo che erano gemelle; solo che nel suo caso sembrava che tutto l’insieme della persona, fosse animato e acceso dall’interno da una forza e una combattività del tutto peculiari.
Le spalle erano meno nobili e più imponenti; lo sguardo era meno dolce e più determinato e il suo modo di ridere... beh... questo certo era la sua arma vincente!...
Di fronte ad ogni difficoltà lei sorrideva un po’ di sbieco, con un che di sprezzante nell’espressione e sembrava voler dire a tutto il mondo: “Scommettiamo che ce la faccio?”
Fin da piccola si era distinta dalla più “intellettuale e nobile” sorella per la smodata attrazione che nutriva per tutti gli sport competitivi, per i giochi pericolosi, per le sperimentazioni azzardate.
C’è da dire che non aveva mai combinato guai per stupidità, per spirito di rivalsa o per prepotenza: tutto ciò che faceva lo compiva per un intenso impulso interiore di conoscenza e il suo unico problema (ma sembrava essere più che altro un problema per gli altri...) era che spesso sembrava non avere limiti nel suo agire.
Raccontano ancora oggi a Treguzio di quel giorno in cui Prudenza non si trovava più.
Ad un certo punto della giornata la persero di vista per un po’ e quando si misero a cercarla nelle stanze della casa non la trovarono.
Non tardarono a rendersi conto che doveva per forza essere uscita dalla porta, anche perché l’aveva lasciata aperta...
La disperazione!!!
Donna Ines con le mani nei capelli, venendo meno al suo abituale contegno sobrio da professoressa di liceo, scese gli scalini di casa e uscì in strada come una pazza, urlando: <Dove sei???... Dove sei andata???... Cercatela!!!... Vi prego cercatela!!!...>
Gran parte degli abitanti della via si affacciò alla finestra e alcuni volenterosi scesero in strada e seguirono Ines come se fosse il pifferaio magico.
La povera donna correndo continuava ad urlare: <Prudenza!!!...Prudenza!!!...> e, poiché poche persone erano a conoscenza del nome della figlia, tutti gli altri si domandavano perché mai urlasse PRUDENZA mentre correva a tutta velocità.
Nonostante questo dubbio la folla dei corridori si ingrossava sempre di più e ad un certo punto la stessa Ines, forse un po’ riavutasi dallo sbandamento iniziale, si rese conto di essere seguita da una settantina di persone... quindi si fermò... si girò... e, ancora trafelata, disse:
<Grazie... grazie... grazie a tutti! Sto cercando mia figlia Prudenza... è una bambina di cinque anni... piuttosto alta per la sua età... capelli castani un po’ ricci... non ho idea di dove possa essere andata!!!...> disse tutto d’un fiato agli astanti.
La piccola folla fece mostra di partecipazione al dramma di quella povera donna e accettò di impegnarsi nelle ricerche dopo che Ines si fu premurata di ricordare l’indirizzo a cui dovevano riportare la bambina...
<Se non la troviamo bisognerà avvertire i Carabinieri!!!...> disse il solito ottimista...
<Certo... certo!!!> replicò la povera donna, che solo a pensare all’eventualità di non ritrovarla stava cominciando a dare i numeri.
Per farla breve la piccola folla si disperse e di lì a un’ora la bambina fu ritrovata... in un garage!
Era l’officina-garage di proprietà del signor Ugo Demolli, un amico di suo padre Ignazio e di solito l’officina veniva lasciata aperta perché, quando non vi erano auto parcheggiate al suo interno, era solo un’inutile accozzaglia di cianfrusaglie di ogni genere accatastate sulle mensole o riposte in alcune scatole, di nessun interesse quindi per eventuali ladri!
La piccola inarrestabile sperimentatrice si era ricordata di aver visto delle minuscole assicelle di legno una volta che era entrata per pochi minuti col padre nel garage del signor Ugo e, sollecitata dalla voglia di costruire un piccolo aereo di legno, e visto che il padre non aveva avuto tempo di darle molta retta spiegandole le modalità di costruzione, ella aveva pensato bene di recarsi verso il luogo dove sapeva che avrebbe trovato almeno i materiali... poi al resto ci avrebbe pensato dopo!!!...
Secondo lei, quindi, aveva fatto la cosa più normale del mondo: aveva aperto la porta di casa, sceso le scale e si era avviata, camminando tranquillamente sul marciapiede, fino alla casa del tizio col garage, che distava circa un chilometro da casa sua.
Naturalmente non le era successo niente e quando la trovarono nel garage era accovacciata, intenta a cercare di alzarsi in piedi abbracciata ad una quarantina di assicelle di legno che le continuavano a cadere perché le sue braccia non riuscivano a contenerle!...
<Prudenza!...> le disse il padre, che si era da subito unito alle ricerche ed era stato fra quelli che si era avviato, seguendo un innato sesto senso tipico dei padri, verso l’abitazione del suo amico senza sapere neanche perché. <Prudenza!...> ripeté la piccola folla alle spalle di Ignazio.
<Prudenza un corno!!!> fece eco la solita signora “acidona” che non manca mai in queste occasioni e che era sopraggiunta in quel momento, giusto in tempo per tenere il suo comizio su come si dovrebbero educare i bambini.
<...Papà... papà... ma io sono venuta a prendere i legni per l’aero...>
Io mi ricordavo che li avevo visti qui dal signor Ugo i legni per l’aerooo!!!>
Nel frattempo era sopraggiunto anche il nominato signor Ugo, che vedendo quella folla vociante radunarsi davanti al suo garage era sceso in tutta fretta per vedere cosa fosse successo...
<Ciao Ignazio... che ci fai qui?... Vi siete dati tutti appuntamento nel mio garage?> chiese stupefatto all’amico.
<Tu non hai idea di che cosa è successo!!! Mia figlia Prudenza è venuta da sola a casa tua a prendere delle tavolette di legno per costruire un aereo, qui nella tua officina!>
<Eh, ha fatto bene...io non me ne facevo niente!>
<Ma...Ugo!... Mia figlia ha cinque anni!!!>
<Eh dài... non è mai troppo presto per cominciare a costruire aerei!!!> disse scherzando Ugo Demolli all’amico, assestandogli una fraterna manata sulla spalla.
Ignazio intanto si era riavuto dallo shock ed ebbe la felice idea di uscirsene con questa frase:
<Va behhh... questa volta è andata bene.. però quando esci di casa ci devi avvertire!...> disse a Prudenza, ormai rilassato per averla ritrovata. Poi si rese conto che si stava rivolgendo ad una bambina di cinque anni e corresse il tiro: <Anzi... non dovevi uscire da sola... me lo dicevi e venivamo insieme da Ugo a prendere le assi... d’accordo?>
La signora “acidona” sorrise soddisfatta che ci fosse stato un minimo di rimprovero da parte del padre... anche se quel “d’accordo” finale le sembrava decisamente di troppo...
Ora che abbiamo parlato delle sorelle, resta poco da dire di Tancredi, l’ultimo nato, almeno per ora!...
Vi basti sapere che quel piccolo ricciolino biondo, unico erede maschio della dinastia Martelli era, al solo vederlo, il classico marmocchio di cui ogni nonna potrebbe innamorarsi, occhi azzurri dolci dolci, guance da putto, sorriso che conquista... Ciò che gli era peculiare tuttavia era che utilizzava queste stesse armi di seduzione come grimaldello per poter propinare a destra e a manca, senza che nessuno avesse il coraggio di ribattere, le sue considerazioni innocenti e spesso molto veritiere sugli altri e sugli avvenimenti del mondo...
Il suo candore e la sua spietata crudeltà sembravano amorevolmente fondersi in una caratteristica difficile da definire... forse... ”onesta sfacciataggine” è la definizione più adeguata!
Ebbene, questi cinque nostri personaggi, accompagnati da Torquato, il micio di casa temporaneamente chiuso nella sua gabbietta, arrivarono davanti alla porta di casa e la signora Ines, di quando in quando felice consorte del colonnello Ignazio, infilò la chiave nella toppa, ma... inaspettatamente la porta cedette senza opporre resistenza dopo appena mezzo giro di chiave!
Costanza e Prudenza, le due figlie adolescenti dei coniugi Martelli, gli occhi ancora appannati dalla stanchezza del viaggio, furono le prime a vedere che nel soggiorno di casa loro era stato allestito uno spettacolo davvero sconcertante...
E’ difficile descrivere la situazione che si presentò ai loro occhi: Il salone intero e anche le altre stanze della casa (di ciò si resero conto man mano che si addentravano nell’appartamento) erano state riempite da mani ignote con oggetti mai visti prima!!!...
In quanto alla mobilia che usualmente trovava posto a casa loro, beh... questa era rimasta lì!...
Nessuno l’aveva portata via, nessuno l’aveva rovinata...
Se ne stava lì, testimone silenziosa di ciò che doveva essere successo nell’appartamento durante la loro assenza...
Per l’appunto: ma che cosa era successo?
Si poteva dire che in casa loro ci fossero stati i ladri?
No di certo! Usualmente i ladri derubano!...
E qui erano state aggiunte delle cose!...
Ma allora chi era stato in casa loro, a prescindere da come lo si voleva definire?
E poi c’era un altro particolare strano: gli invasori avevano lasciato la porta di casa aperta, vale a dire chiusa ma non a chiave...
E per entrare non avevano neppure forzato la serratura!...
Oh...Oh....!
Ma loro, quell’allegra famigliola che due mesi prima si apprestava ad andare in vacanza, erano poi così sicuri di essersi ricordati di chiudere a chiave al momento dell’uscita con tutti i bagagli?
<Ma certo che avevamo chiuso!!!> disse con foga Ignazio, rispondendo ad una domanda che nessuno gli aveva fatto , ma che volteggiava insistentemente nell’etere.
<Ma sì... ma sììì!!!... E’ impossibile che non abbiamo chiuso!!!...> disse con enfasi Ines confortando il consorte.
<Ma... mamma...> intervenne Costanza <Ti ricordi che mi avevi mandata giù in cortile a buttare la plastica nel cassonetto???... E tu eri davanti a me sugli scalini...> proseguì la figlia dalla prodigiosa memoria.
<Sì...> rispose Ines <...E avevo in mano le ultime due borse da portare in macchina...>
<...Ma visto che Costanza era dietro di te pensavi che avrebbe chiuso lei...> si intromise Prudenza.
<Eehh... sììì!... Boh... forse sì!> confermò Ines.
<Solo che io non avevo le chiavi... perché non penso certo di portarmele se esco per andare in vacanza con i miei genitori!!!...> ribatté un po’ piccata Costanza.
<E poi non sapevo certo che quelle erano le ultime due borse... pensavo che tu dovessi tornare su ancora!...> proseguì con impeto la ragazza.
<Sììì... Sì ragazze... deve essere proprio andata così!> disse Ines con il tono concentrato di chi cerca di ricostruire mentalmente lo svolgersi degli eventi.
<E’ stata proprio colpa mia!...> ammise Ines <E’ che avevo tante cose da pensare in quel momento e.....>
<Va beh mamma dài!... Se non fosse stato per la tua sbadataggine non avremmo avuto tutte queste cose.... eehhmmm... in regalo!...> la consolò Prudenza cercando di sdrammatizzare la situazione.
<Va beh... cara... dài!... In fondo non ci hanno portato via niente!!!....Certo che è ben strano questo fatto!!!...> disse fra sé e sé il colonnello Ignazio, che proprio non si capacitava di quegli eventi.
Ma cos’era successo? Chi era stato davvero in casa loro???
Il colonnello Ignazio, come svegliandosi in quel momento alla realtà, pensò in qualche frazione di secondo che era il caso che lui prendesse in mano la situazione e così cominciò ad impartire ordini a destra e a manca, del tipo: <Non toccate nulla!...> e... <Lasciate tutto come sta!...>
Poi superò se stesso e proclamò: <Cara... ragazze...non fatevi prendere dal panico!... Ispeziono io la casa per primo... potrebbe essere... pericoloso!!!>
Nessuno in realtà era spaventato, né la moglie, né le figlie, né tantomeno Tancredi, l’ultimo nato della coppia che, avendo cinque anni, non poteva essere preso da qualcosa di cui non sospettava neppure l’esistenza!...
Il pargolo era invece vittima, come spesso avveniva, di un ben più banale quanto indomabile attacco di fame.
Con l’occhio di falco che gli era proprio aveva avvistato un panino sul tavolo del salone e, incurante della mano ignota che doveva avercelo appoggiato, gli si era avventato sopra.
Già lo stava trafiggendo con i suoi begli incisivi nuovi di zecca che essendogli appena spuntati non vedeva l’ora di collaudare ad ogni nuova occasione, quando il padre lo vide...
<Fermo, non lo mangiare, non ingoiare… potrebbe essere… avvelenato!…> tuonò.
<...E poi non sappiamo chi l’ ha lasciato!... E se è ancora commestibile... Potrebbero essere passati giorni!... Fammi vedere questo panino!!!...> disse in rapida successione Ignazio.
Poi, dopo una pausa passata ad investigare ed odorare il panino che il figlio gli aveva di malavoglia consegnato, aggiunse: <...E poi… non dobbiamo toccare nulla!> <...Neanche questo panino... che comunque mi sembra buono!!!...> concluse il colonnello Ignazio rivolto al figlio.
<Maggiore Ines... Volevo dire... cara….> si corresse poi all’indirizzo della moglie <...Telefona ai Carabinieri! Devono venire subito a fare un sopralluogo!>
LE MAGLIE DELLA LEGGE
La signora Ines prese meccanicamente la guida del telefono e si accinse ad eseguire ligia gli ordini impartiti dal consorte-comandante, cercando il fatidico numero telefonico della stazione dei Carabinieri di Treguzio.
La figliolanza intanto, preceduta dal padre che “doveva ispezionare per primo” girava per casa, silenziosa quasi fosse preda di un incantesimo, e osservava meravigliata tutta quell’accozzaglia di oggetti dall’ignota provenienza che aveva invaso il loro territorio.
Il salone, le camere da letto, lo studio del padre e anche la cucina sembravano trasformate per l’occasione in sale di un museo dove qualche bello spirito avesse messo in mostra, anche con una certa accortezza nella disposizione, ogni genere di oggetti assurdi, concepiti senza alcun dubbio da una mente allucinata... o peggio... perversa!
Cosi almeno pareva ai placidi neuroni del colonnello, ormai da tempo disabituati a simili provocazioni intellettuali...
Tuttavia vi erano anche oggetti per così dire “classici” e “normali” sparsi per ogni dove e Costanza, gironzolando intorno, aveva adocchiato una bella bambola di porcellana di quelle d’altri tempi... un oggetto che avrebbe potuto fare la sua bella figura nella camera da letto di sua nonna, appoggiata magari su di un letto dell’Ottocento!
La prese in mano con attenzione per ammirarla, poi la passò alla sorella perché osservasse gli stupendi particolari del vestito in pizzo... ma in quell’istante il colonnello, vigile a trecentosessanta gradi su quel che accadeva, la vide…
<Molla giù quella… cosa!> urlò.
<Devono prendere le impronte!… E poi… potrebbe essere… una bomba!...>
Inutile dire che ormai l’oggetto era nelle mani di Prudenza la quale, infedele come sempre al suo nome, dallo spavento al pensiero della bomba, fece l’unica cosa che non avrebbe mai dovuto fare: allargò le braccia in un gesto meccanico di allontanamento dal pericolo e... lasciò cadere a terra la preziosa bambola, che si infranse in un rovinio di pezzettini di porcellana.
<Tutti a terra!...> aveva fatto appena in tempo ad ordinare con voce stentorea Ignazio mentre l’oggetto volava verso terra: era infatti ormai completamente entrato nel ruolo di comandante in capo.
Tutto tacque tuttavia e non ci fu nessuna esplosione.
Nemmeno il micio Torquato, che i Martelli avevano liberato appena entrati in casa, aveva mosso baffo di fronte alla rovinosa caduta.
Prima invece sì che li aveva mossi i baffi!... Era stato quando Tancredi gli si era avvicinato brandendo ignaro il panino con prosciutto e formaggio...
La graziosa bestiola, nota fra gli intimi col vezzoso soprannome di “Fogna”, non mancò in quell’occasione di confermare la giustezza di tale epiteto, sfilando con destrezza dal “contenitore” di pane parte del “contenuto” roseo ed odoroso.
Ora, sazio per quell’imprevisto spuntino fuori orario che era giunto quanto mai gradito, se ne andava bel bello in giro per l’appartamento ad “ispezionare” olfattivamente i nuovi oggetti presenti e, in veste di “ispettore”, era stato già in tutte le stanze.
Intanto, mentre nel salone si svolgeva cotal dramma, la signora Ines, quanto mai paziente, era ancora al telefono con il Comando dei Carabinieri di Treguzio, ma la conversazione stentava a dare dei risultati apprezzabili: l’unico passo avanti che la donna aveva fatto era l’essere riuscita a farsi passare l’Ufficio Denunce, ma qui lo scambio di battute era davvero arrivato ad un punto morto.
<Sì…> disse Ines <...Ho capito che dobbiamo venire di persona… No, non mi sembra che nessuno abbia portato via nulla!…>
<Come sarebbe che non possiamo fare nessuna denuncia se non hanno rubato niente?>
<No, la porta era chiusa... ma non a chiave... no la serratura non sembrava forzata!... E’ probabile che l’abbiamo lasciata aperta!...>
<Come sarebbe “non si lasciano aperte le porte!”... Lo so anch’io!!!... No... le finestre erano tutte chiuse come le avevamo lasciate… Sììì. Queste le avevamo lasciate chiuse!...> si inalberò improvvisamente Ines che a quel punto, nonostante la sua pazienza (o proprio a causa di questa) si sentiva presa anche un po’ in giro...
<Oooohhhh, insomma! Basta!!!> tuonò Ignazio.
<Capitano... Ines… cara… scusami... passami il telefono!> intervenne il consorte-colonnello ormai blu dalla collera.
Egli infatti aveva seguito per filo e per segno l’andamento della telefonata, almeno da quando era rientrato nel salotto dopo il dramma della rottura della bambola.
<Capitano… Maggiore… Colonnello... colleeeeegaaaa!…
Senta… No... non sono dell’Arma: sono colonnello dell’aeronautica!> proruppe Ignazio contenendosi a stento.
<Mi rendo conto che non si può parlare di furto… no, non c’è stata neanche effrazione... almeno non sembra!... Purtroppo avevamo lasciato aperto!...>
<Non avete i moduli adatti per denunciare questa cosa??? Ma è pazzesco!...>
<Cosa dovremmo fare allora?>
<Potrebbe essere refurtiva di qualche furto commesso da altri?… Magari da noi???...>
<Certo che vengo… e vengo anche subito!!!... Io non ho paura della legge!!!…> sbottò ormai livido Ignazio.
<La legge…. tsk!…> biascicò il Colonnello mentre chiudeva la comunicazione e ripiazzava con tal veemenza l’apparecchio sulla sua base quasi fosse una bandiera da piantare sul suolo nemico...
<Basta che uno indossi la divisa per credere di essere dio!…> grugnì Ignazio fra sé e sé dopo aver passato in rassegna tutti i colori dell’arcobaleno sulla sua faccia ed essersi attestato sul verde carico.
<Come hai ragione caro!…> disse mellifluamente Ines.
E proseguì ineffabile: <Certi uomini perdono proprio il senso della misura!…Però bisogna avere pazienza caro!...>
Poi superò se stessa e stampandosi sul viso un sorriso assolutamente irresistibile concluse: <Non tutti hanno il tuo equilibrio!!!..>
Rincuorato e in parte sedato da tali amorevoli parole da parte della consorte, poco dopo il Colonnello scendeva atleticamente a tre a tre i due gradini davanti al portone d’ingresso, e in un baleno era già in strada.
Qui bloccò con un balzo felino un taxi che transitava, quasi gettandovisi davanti a rischio della vita.
In realtà il mezzo stava accostando perché una simpatica vecchietta aveva fatto un cenno e avrebbe dovuto salirvi...
Il colonnello la precedette con un impeto degno di miglior causa e la lasciò con un palmo di naso, immobilizzata come una statua di sale sul bordo del marciapiede.
Il nostro colonnello Ignazio, che sembrava aver perso completamente il lume della ragione all’idea che qualcuno potesse soltanto pensare di accomunare la sua impeccabile persona a quella di un ricettatore, non mancò tuttavia di salutare militarmente l’anziana signora, con un fare molto compito, aggiungendo in tono alquanto serio: <Scusate, è per servizio!>
<Servizio un fico secco!> replicò la nonnetta per tutta risposta, agitando freneticamente la sua borsetta quasi a voler colpire quello screanzato.
<La legge dovrebbe punirvi!...> ululò la povera donna, quasi strozzandosi per il troppo impeto che mise nel pronunciar quelle parole.
<Alla Caserma dei Carabinieri!> bofonchiò in tutta fretta Ignazio all’autista del taxi, facendo spallucce all’indirizzo dell’ormai insolente vecchietta.
Poi sprofondò il suo onorevole posteriore nel sedile accogliente del taxi e quasi in tempo reale i suoi pensieri sprofondarono in una zona di “non ritorno” della sua scatola cranica, dove presero a circuitare su se stessi, senza apparente via d’uscita.
“La legge dovrebbe punirmi?” ripeteva fra sé e sé Ignazio. “Ma possibile che oggi tutti quanti mi parlino di legge?!… A me poi… che sono così ligio a tutte le regole! Ho dedicato la mia vita al rispetto delle regole!…”
“Ma perché proprio io che sono così rispettoso delle leggi mi devo scontrare con i custodi della legge?...
In effetti dovremmo essere dalla stessa parte... NOI che rispettiamo le leggi!!!”
“Noi”... Ma perché mi viene da dire “Noi”???... Cos’ ho io in comune con quel Carabiniere al telefono?... Niente!
In effetti proprio niente!!!...” disse a se stesso Ignazio, quasi spazientitosi per aver perso così tanto tempo a riflettere di simili stupidaggini!!
Mentre i suoi neuroni si affaccendavano in simili ragionamenti, fatica colossale dato lo scarso allenamento che li contraddistingueva, e mentre il baffuto tassista guidava placidamente nelle deserte strade di Treguzio, in casa Martelli tutto si era apparentemente fermato, come sospeso...
Donna Ines, entrata a pieno titolo nel ruolo di vice comandante in assenza del consorte, vegliava che nessuno, né quadrupedi né bipedi, toccasse alcunché fino all’arrivo del padre-marito-colonnello con istruzioni sul da farsi, oppure dei Carabinieri in carne ed ossa.
Sembrava cosa facile del resto controllare...
Ma mettiamoci nei panni di questa semplice famigliola: vedersi circondati da tutte quelle cose estranee e assurde e mai viste e... accidenti!
Erano tutte da toccare e da provare!...
Inoltre Ines non si era ancora sufficientemente impratichita nell’arte dello sdoppiamento (pur essendovisi applicata con tutta se stessa dopo la nascita del terzogenito) e i locali erano ben cinque!…
Bisogna comunque dire per dovere di cronaca che la signora era in grado di assumere di volta in volta differenti personalità:
era INES-pugnabile quando si irrigidiva nelle sue posizioni, INES-tinguibile quando chiacchierava con le amiche,
INES-istente o INES-timabile a seconda che fosse ignorata o incensata da Ignazio… ma questa volta aveva fatto davvero la mossa sbagliata:
era stata INES-perta nel controllare l’indomabile curiosità del quadrupede!!!...
Torquato infatti l’aveva bellamente gabbata.
Come sapete, appena era stato liberato dalla sua gabbietta da viaggio aveva ispezionato con felina noncuranza il suo territorio, strusciandosi con sussiego presso tutti gli spigoli di mobili ignoti, quasi a tastarne l’accettabilità e il diritto di presenza nella sua casa.
Dopo aver gironzolato innocuamente per un bel po’ di tempo, odorando a destra e a manca, decise di ascendere con una performance da brivido un grosso vaso Ming (autentico?) posato sul tavolo accanto agli ormai ex panini. Giunto sulla cima, forse per celebrare l’avvenimento o forse per marcarlo quale confine del suo nuovo territorio, vi pisciò dentro con sollazzo e mira infallibile ma, completata l’opera, non fu impeccabile nella sua destrezza e lo fece rotolare a terra nel momento del balzo discendente.
<Torquaaatoooo!!!... Nooo!!!...> esclamò Ines desolata.
Cosa dire di più?
Solo il rumore del vaso che andava in frantumi, fece sadicamente eco alle sue accorate parole.
L’ansia della povera padrona di casa era ormai INES-primibile!
In quel preciso istante... quasi che il regista occulto di tutta la vicenda provasse un gusto malvagio nel mettere alla prova i partecipanti a quella commedia... il campanello suonò.
<Oh noooo!> singhiozzò in silenzio Ines, quasi che la Morte in persona l’avesse afferrata con le sue gelide mani per trascinarla negli Inferi.
<Perché adessoooo???... Con questo disastro!!!....>
Ora il caro Ignazio, luce dei suoi occhi, l’avrebbe accusata di non aver ben eseguito i suoi ordini… di essersi distratta!!!...
Non sapeva se fosse meglio in quel frangente svenire o urlare e, dilaniata da questo dubbio, non fece nessuna delle due cose e... aprì la porta con il terrore nel cuore...
Nella cornice della porta si stagliò l’immagine del marito-colonnello con al fianco un secondo colonnello...
Alla povera Ines parve di vederci doppio ma non aveva bevuto e così realizzò che il secondo colonnello non era un clone del marito ma un normale Carabiniere coi gradi da colonnello e così si ricompose, cancellò in un attimo quell’aria ebete che era comparsa sul suo viso e li fece entrare, riuscendo persino meccanicamente a sorridere.
Salutò comunque militarmente i due, usando due mani contemporaneamente per non commettere errori riguardo alla priorità!...
Poi si riebbe, rientrò nelle vesti di INES-istente e disse: <Vi faccio strada nel salone... prego accomodatevi... posso offrirvi qualcosa?>
<No, grazie, non bevo in servizio!> risposero i due all’unisono.
Questo era davvero troppo!
<Ma caro, tu non sei in servizio!...> disse Ines sfoderando un sorriso da geisha che sembrava non appartenerle.
L’impettito Ignazio abbozzò, sorrise amorevolmente alla consorte, si grattò la nuca e aggiunse: <Si fa per dire!!!...>
Il colonnello Scrivani, così si era presentato entrando, era un uomo non molto alto e piuttosto rubicondo: indossava una divisa abbastanza consumata ma soprattutto piuttosto piccola rispetto alla sua vera taglia.
Il risultato era che i bottoni della giacca sembravano a rischio di esplosione da un momento all’altro...
Il viso era come imbottito di grasso e gli occhiali oblunghi dalla montatura nera che trovavano posto sul suo naso, sembravano quasi affondare il quel vasto mare di ciccia...
I resti dei capelli neri che doveva avere a suo tempo posseduto vagavano ora, un po’ ingrigiti, sul suo sconfinato cranio senza tuttavia trovare una collocazione precisa.
Era decisamente un brutto uomo e inoltre, contrariamente a quanto spesso succede in questi casi, non faceva neppure nulla per rendersi almeno un po’ simpatico! Appena entrato nel salone si era accomodato di sua iniziativa su di una originale poltrona gialla a forma di pera divisa a metà quando donna Ines intervenne: <...Mi scusi colonnello se mi permetto... ma quella non è delle nostre... è una di quelle che abbiamo trovato!...>
Come colpito nei glutei da una poderosa scarica elettrica Scrivani si alzò di scatto. <Certo... certo...> disse, grato di essere stato avvertito dell’imperdonabile errore.
<Allora dunque…> continuò Scrivani <Dove posso sedermi?>.
<Guardi...> lo rincuorò donna Ines <Si accomodi lì su quella poltrona verde vicino al tavolino...>
Preso posto e tranquillizzatosi il colonnello chiese, rivolto al suo simile: <Allora... cosa dobbiamo scrivere?>
Tanto per rovinare la situazione di calma già di per sé instabile che regnava nell’appartamento, arrivarono come un fulmine a ciel sereno le parole di Prudenza: <Se non lo sa Lei… con quel nome…!>
Va detto a questo punto che a volte i genitori dovrebbero proprio pensarci bene quando appioppano ai figli certi nomi...
Questo valeva non tanto per Scrivani, che di quel cognome non poteva proprio fare a meno dato che suo padre si chiamava così... quanto per la mitica Prudenza, che quel nome autorizzava implicitamente a compierne di cotte e di crude in ogni settore della sua vita, nel tentativo di liberarsi da quel destino così tranquillo che “qualcuno” aveva voluto affibbiarle!...
A quelle inopportune parole nuvole nere si addensarono immediatamente dentro all’appartamento, ma soprattutto sulla fronte di Scrivani…
<Taci tu!> intervenne Ignazio rivolto alla figlia, mentre un’ombra di color viola si allungava sul suo volto.
<Caro…> disse Ines, come a rincarare la dose di sventura che già incombeva sulla testa del povero Ignazio, <...A proposito…> (a proposito di che???... Della sfortuna forse?!...)
<Mentre tu eri via Torquato ha rotto il vaso Ming!…Credo che fosse Ming... Non me ne intendo...> proseguì l’INES-orabile Ines.
<Allora, caro Colonnello e famiglia...> disse il suo simile visibilmente scocciato <…Vorrà dire che scriveremo: “Sono stati rinvenuti nell’appartamento della famiglia Martelli, via degli Esuli civico 9, Treguzio, Lecco oggetti, che per loro spontanea dichiarazione…”>
<Ma scusi: come fanno gli oggetti a dichiarare qualcosa?> si inserì nuovamente con malsano tempismo Prudenza che oltre a chiamarsi in quel modo, aveva anche otto in Grammatica italiana e non mancava occasione per darne sfoggio.
<Taci tu! > sbottò il padre con un colore che virava ormai sul melanzana.
<…I sottoelencati oggetti, che i coniugi Martelli “soggetto” affermano non essere di loro proprietà…> si corresse Scrivani, visibilmente gonfio d’ira e calcando con particolare enfasi su quel “soggetto”.
< ...Si sospetta che tali oggetti costituiscano “refurtiva”…> aggiunse con ostentato godimento <...Ah!... Dimenticavo: inutile dire che, se ne sarà trovato il proprietario, dovrete risarcire eventuali deterioramenti o perdite degli stessi!…> aggiunse ormai invelenito il povero Scrivani.
<Nel frattempo manderò un appuntato per stilare l’elenco completo della re-fur-ti-va!> concluse il Carabiniere sillabando l’ultima parola che, pronunciata in quel modo, sembrava la raffica di una mitraglietta…
Era trascorsa circa mezz’ora di questa amabile conversazione, nel corso della quale il colonnello incaricato del sopralluogo ebbe anche modo di rimproverare sadicamente il suo pari grado e la di lui consorte per aver lasciato aperta la porta di casa...
Quando infine Scrivani si alzò, salutò militarmente donna Ines e tese la mano al povero Ignazio perché, pur nella confusione della situazione, aveva capito benissimo chi comandava in casa.
Appena la porta si fu richiusa e i passi di Scrivani si furono allontanati Ignazio, quasi con la bava alla bocca dall’ira, tuonò:
<Questa gentaglia in divisa buona solo a riempire scartoffie… loro non sanno con chi hanno a che fare!…la guerra ci vorrebbe per tutti questi scaldasedie!…>
<Davvero, caro… che gente!...> gli fece eco la moglie con tono comprensivo.
<Papà, ma io la guerra non la voglio!> s’intromise Tancredi.
E, non ancora pago, il sangue del suo sangue proseguì:
<Il nonno Terenzio dice che quando c’era la guerra lui aveva sempre fame e io la fame non la voglio!> argomentò riflessivo il piccolo, la cui principale occupazione era sempre stata fin dalla nascita quella di procurarsi del cibo.
<Papà sta scherzando!> lo rassicurò la mamma tentando di smorzare i toni della conversazione.
<…E poi adesso è arrabbiato e non sa quel che dice!> proseguì Ines portandosi l’indice destro sulle labbra quasi a far segno di silenzio a Tancredi e quasi sussurrando le ultime parole per non essere udita dall’ormai devastato coniuge, che non avrebbe davvero sopportato di venire compatito davanti al figlio, né tantomeno che si pensasse che lui non sapeva quel che diceva.
Proprio lui!... Una vita dedicata… al rispetto... bla… bla... bla!...
A dire il vero ad Ignazio era sfuggita l’ultima parte del discorso perché, con tutto quel putiferio che si era scatenato nella sua vita dal loro ritorno... gli era venuta voglia di andare in bagno, e si era quindi allontanato dalla scena dirigendosi verso la toilette.
Per la legge dei simili sentiva che in qualche modo anche la sua pancia, come la sua casa, era ingombra di cose indesiderate e certamente in esubero... cose di cui doveva liberarsi... e aveva pensato di provvedere subito!
Entrò nel locale deputato al disbrigo di simili faccende con un visibile godimento dipinto sul volto, anche perché in un certo qual modo era ansioso di procurarsi una pausa da quella troppo impegnativa situazione nella quale si era trovato coinvolto suo malgrado dal momento del loro rientro a Treguzio.
Una volta che si fu seduto in trono, acchiappò con piglio deciso la sua rivista preferita: MISSIONI IMPOSSIBILI, che riceveva in abbonamento ormai da vent’anni e i cui numeri più recenti torreggiavano in una pila ordinata esattamente fra la tazza del water e il bidet.
Solo con lo scatenamento più sfrenato delle emozioni che tale rivista gli procurava riusciva infatti a far fremere il suo intestino quel tanto che bastava per convincerlo a compiere il suo dovere!
Oggi in realtà, con tutti quegli avvenimenti accaduti, non ce ne sarebbe stato bisogno... ma tant’è... la forza dell’abitudine prevalse e lo spinse a ripetere i gesti consueti.
IL MESSAGGIO SEGRETO
Mentre il capofamiglia era quasi in incognito impegnato in tale eroica missione, Costanza e Prudenza rimasero sole nel salone...
Lontano dagli occhi della madre che era in cucina, all’insaputa di Tancredi, che con Torquato stava giocando ai “tappeti elastici” sul letto dei genitori, si erano chinate sul pavimento nei pressi dei cocci della ex-bambola di porcellana perché qualcosa aveva attratto la loro attenzione: era una piccola pallina di plastica, composta di due semisfere più o meno dello stesso color bianco dell’interno della bambola.
Era per quello che ad una prima osservazione nessuno si era accorto della sua presenza!...
<Che cosa caspita è questa cosa?> disse Costanza.
<Sembra che sia apribile!... Forse contiene qualcosa...> intuì Prudenza.
<Contiene qualcosa, contiene qualcosaaa!!!!> si inserì Tancredi con fare competente, giungendo di corsa dalla camera dei genitori non appena aveva capito che le sorelle avevano scoperto delle novità.
Costanza provò ad aprire la pallina… ma non fu abbastanza se stessa, si spazientì… e non vi riuscì.
La passò quindi a Prudenza che, con uno sgranocchìo inquietante di denti, fece leva esattamente fra le due metà ed ebbe la meglio sulla resistenza del contenitore.
Donna Ines entrò nel salone esattamente nel momento in cui Prudenza stava estraendo dalla pallina un lungo rotolino di carta che, avvolto su se stesso, misurava circa un centimetro di diametro per due di altezza.
<Ragazze, mi raccomando, non rompete niente!> si preoccupò la signora Martelli.
<Ma no, mamma!...Ormai quel che c’era da rompere è stato rotto!!!> provò a scherzare Costanza... ma la signora Ines non era in vena di sorridere stavolta!
<...E’ che abbiamo trovato per terra una pallina di plastica con dentro questo... messaggio mamma!...Proprio qui dove si è rotta la bambola di porcellana!...>
<Ci sono delle scritte, ma… sono dei disegni!… Guarda anche tu!!!>
Ines si avvicinò alle figlie, inforcando in quel mentre i suoi occhialini con la montatura verde, gli stessi che usava sempre per correggere i compiti dei suoi allievi e che le erano valsi in classe, ovviamente a sua insaputa, l'affettuoso appellativo di "RANA- RANAE".
In quel frangente anche il Colonnello Ignazio, ormai vittorioso trionfatore sul persistente ammutinamento del suo intestino, era emerso dal bagno per approdare nella rassicurante poltrona Luigi XVI del salone.
Tuttavia, una volta giunto nel locale, non pensò neppure per un attimo a sedersi, ma prontamente chiese:
<Che messaggi ci sono? Ho sentito parlare di messaggi…>
<Sì, papà!...> dissero in coro le sorelle.
<Qui dentro nella bambola di porcellana c’era una pallina apribile che conteneva questo foglietto!> spiegarono.
<Fate vedere…!> disse il padre-marito-colonnello un po’ intimorito dalla novità, ma anche molto curioso.
<Ma è solo una serie di disegnini che non significano nulla!!!…> sospirò deluso Ignazio dopo aver srotolato in tutta la sua lunghezza il foglietto e aver preso visione del contenuto.
<I messaggi segreti sono sempre scritti in un modo strano papà!> intervenne con competenza Tancredi, che aveva assistito all’apertura della pallina quasi senza muovere muscolo e, fatto ancora più sorprendente, senza proferir parola.
Mentre l’allegra famigliola era così occupata a discettare sull’origine e sul significato di quei simboli, Torquato si era avvicinato molto interessato a quel pezzo di carta: ci aveva girato intorno, lo aveva annusato... aveva cercato di ribaltarlo con la zampetta… l’aveva addirittura leccato; ma poi se ne era andato… deluso.
A guardare quell’animale vagante senza posa intorno al reperto, si sarebbe detto che volesse leggerlo!...
Fu allora che Ines intuì qualcosa: si avvicinò, prese in mano il foglietto, lo annusò e sentenziò INES-orabile: <Puzza di pesce crudo un po’ marcito… e puzza anche tanto!…>
<Puzza, puzza!…> prese allora ad ululare Tancredi, sganasciandosi dalle risate e chiudendosi il naso con le dita per far capire agli astanti che diceva proprio la verità.
Nel frattempo Costanza si sentì in dovere di mettere al corrente il padre dei suoi ragionamenti: <Senti papà…> disse <…Lo vedi che non è scritto a mano questo foglietto….>
<E’ stampato da un computer!…> aggiunse Prudenza.
<Pensi anche tu quello che penso io?> disse rivolgendosi alla sorella.
<Sì papà!... è così!!!> dissero all’unisono, mentre l’attonito colonnello le fissava con sguardo interrogativo.
<Così come???> fremette il padre, a questo punto anche lui inesorabilmente colpito dal germe della curiosità.
<Queste scritte sono fatte a computer usando un carattere particolare…..>
<Accendiamo il computer, accendiamo il computer!> gridava esaltato Tancredi saltellando nel salone e spargendo per ogni dove pezzetti dell’ennesimo biscotto che aveva furtivamente prelevato dalla credenza.
<Sono i Marziani che ci scrivono, sono loro!> proseguì il piccolo in preda al suo delirio.
<Io lo so!!!...E’ da tanto tempo che vogliono parlarci!> continuava inarrestabile ingigantendo sempre più la realtà.
Donna Ines intanto aveva acceso il PC e Ignazio si era seduto alla postazione di comando.
Anche lui naturalmente sapeva che Word offriva la scelta fra numerosi caratteri di stampa, ma figuriamoci se era mai andato a vedere come fossero!…
Lui aveva sempre usato quei tre o quattro caratteri che gli sembravano abbastanza seri per mettere nero su bianco le sue parole che, inutile dirlo, vertevano sempre su argomenti molto importanti!…
Cominciò a digitare stancamente qualche lettera di Wingdings, perché gli sembrava abbastanza strano, ma a metà della tastiera si era già stufato e comunque sembrava proprio che i caratteri non fossero quelli!
Costanza prese il suo posto alla tastiera e cambiò carattere: inserì Wingdings.
Digitò tutto l’alfabeto e… <Eccoli! Eccoli papà!… ci sono i caratteri!!!… Sono proprio questi!... Era come pensavo !!!>
<Dammi il foglietto!> ordinò in modo perentorio alla sorella.
<Non ci penso neanche!… voglio controllarli io!> rispose Prudenza con l’adrenalina che le usciva dalle narici.
<Anch’io voglio vedere cosa ci scrivono i Marziani!…> intervenne il fratello riuscendo quasi a coprire le loro voci.
<Mi dite che cosa ci scrivono?> insisteva.
A questo punto occorre precisare che Tancredi aveva una vera e propria fissazione per gli extraterrestri e per i Marziani in particolare.
Se mancava la luce in casa per un breve black-out, lui cominciava a dire che forse c’era un’astronave nei paraggi e che evidentemente il suo “campo magnifico”, così lo chiamava, interferiva con la corrente elettrica della loro casa.
In quei casi ci voleva del bello e del buono per quietarlo perché cominciava ad andare al balcone per scrutare il cielo… poi guardava nel prato davanti a casa per osservare se ci fossero strane luci… poi andava a prendere il suo orsacchiotto Tommaso perché anche lui doveva avere la possibilità di vedere i Marziani… ecc. ecc.
Queste performances erano di solito brevi, ma abbastanza frequenti perché la spiegazione che lui dava a tutte le cose che non capiva (ed erano molte a cinque anni!…) era sempre e comunque la presenza dei Marziani.
In quell’improvviso putiferio che si era scatenato davanti allo schermo del PC solo donna Ines riuscì a riportare la calma:
<Stampali tutti Prudenza… tutta la tastiera completa: prima in maiuscolo e poi in minuscolo!>
<Ricordati di stampare anche i caratteri normali con la stessa successione!> intervenne il padre che, alla parola “marziani”, si era seduto sul divano a peso morto, vinto, astenendosi volutamente dalla discussione.
<Ma io veramente penso...> disse la ragazza <Che trascrivendo i caratteri del biglietto sul PC in Wingdings... e poi cambiando carattere... sarà il PC stesso a decifrarli!>
<Complimenti sorella!... Acuto!...> approvò Costanza.
Provarono un po’ di volte, ma la mossa non riuscì e la scritta segreta si trasformava di volta in volta in una serie di quadratini o di altro...
Erano molto deluse.
Eppure mille altre volte avevano usato un carattere per scrivere e poi avevano deciso di cambiare tutto il testo in un altro carattere e la cosa non aveva presentato problemi!...
Sembrava proprio che in questa circostanza, così pressate com’erano dalla loro voglia di conoscere il messaggio segreto, la tecnologia si rivoltasse contro di loro rendendo impossibile un’operazione usualmente semplicissima...
<Va beh, dài... proviamo il metodo classico: trascriviamo tutto e decifriamo tutto!!!> disse Prudenza ormai arresa all’evidenza dell’improvviso ammutinamento del loro fidato PC!
<Sì dai!... Poi ci sediamo intorno al tavolo e vediamo di decifrare il messaggio tutti insieme!> disse la madre... e i caratteri furono stampati.
Quando il foglio usci dalla stampante erano tutti lì ad attenderlo con il fiato sospeso, come se si trattasse di riportare alla luce il tesoro di Tutankamon!
Ognuno voleva essere il primo a toccarlo e a portarlo al “tavolo della decifrazione”!...
Giunti in possesso del prezioso foglio si radunarono tutti intorno al tavolo del salone e, con la testa china e i neuroni in fibrillazione, cominciarono a lavorarci sopra.
Per qualche istante nella stanza non volò una mosca, poi la tensione si stemperò e decisero di procedere con metodo.
Cominciò la trascrizione.
Mentre gli umani si affannavano nell'interpretazione del messaggio, Torquato continuava a gironzolare con fare circospetto intorno al biglietto originale, che giaceva ormai abbandonato sulla scrivania del PC; lo annusava e lo fiutava...
Poi all'improvviso balzò con uno scatto fulmineo sul "tavolo della decifrazione" e dopo essere rimasto accovacciato brevemente con gli occhi socchiusi si avvicinò alle mani di coloro che avevano maneggiato il biglietto... strusciandosi e facendo le fusa...
Non se ne faceva proprio una ragione che non ci fosse attaccato nulla da mangiare!…
Sul notes che gli aspiranti agenti segreti avevano preso per trascrivere il messaggio si stava intanto componendo la seguente frase:
Captiva insula HOMO ad portum
domi flavi cum hospitium
Fer auxilium !
Gratias tibi ago
<Ma è latino!> disse Costanza.
<Sì, ma è latino scritto da uno che lo sa molto poco!> disse la signora Ines con fare esperto.
<Ma chi può mai scrivere in latino al computer e poi nascondere quello che scrive usando caratteri criptati?> disse pensosa Prudenza.
In quel momento, mentre la mente degli umani era proiettata allo svelamento del mistero e la mente di Torquato si tormentava perché quel foglietto gli diceva: “pesce” e pesce invece non ne aveva trovato, suonarono ripetutamente alla porta.
La padrona di casa e tutti quanti con lei sobbalzarono, come svegliati all’improvviso nel bel mezzo di un sogno...
Si erano infatti completamente dimenticati che avrebbe dovuto arrivare a casa loro un incaricato dei Carabinieri per fare un sopralluogo!...
Ines, ricomponendosi e rientrando nelle vesti di una normalissima moglie andò ad aprire.
Sulla soglia apparve l’incaricato, inviato per compilare la lista della presunta “RE-FUR-TI-VA”.
<Appuntato Chiodini…Clemente Chiodini> si presentò il nuovo arrivato, tendendo ossequiosamente la mano alla padrona di casa che lo aveva accolto sulla soglia.
Nome più adatto non si sarebbe potuto trovare visto che era secco e spigoloso, con il mento a punta e le manine ossute!
Era anche alquanto pallido e il blu scuro della divisa sembrava renderlo ancor più bianchiccio, etereo e inconsistente...
Indossava occhiali dalla montatura d'oro, come usavano i vecchi bibliotecari un po' gobbi e rattrappiti di certi racconti russi dell'Ottocento... Ma la caratteristica più tipica, che ebbe modo di mostrare appena iniziò a camminare nella stanza, era un’andatura così instabile e insicura, che davvero ci si domandava come avessero fatto a reclutarlo nell'Arma dei Carabinieri...
O forse era diventato così nel corso degli anni?... Sì... doveva essere così... questo era certo più probabile!...
Osservandolo nel suo insieme dava quindi l’impressione di una persona piuttosto in imbarazzo: forse anche perché si rendeva conto che in fondo era capitato in una famiglia normale e non aveva per nulla l’impressione di trovarsi in un covo di ricettatori, o forse semplicemente perché un tizio che si chiama Chiodini a casa dei signori Martelli, proprio benissimo non poteva sentirsi!…
Fatto sta che, appena entrato, disse: <Loro non si preoccupino e facciano come se io non ci fossi; ho bisogno solo della sua signora, signor colonnello, ché le donne sanno sempre meglio di noi cosa c’era prima in una casa e cosa ci hanno trovato dopo!…> aggiunse mellifluamente Chiodini, cercando di rendersi almeno un po’ simpatico, visto l’ingrato compito che gli era stato affidato dai suoi superiori e l’atmosfera di congelata indifferenza che l’aveva accolto in casa Martelli.
Inutile dire che, in quel frangente, nessuno aveva attirato l’attenzione dell’appuntato sul tavolo del salone dove era in pieno svolgimento la decrittazione del messaggio in codice, ma gli aspiranti agenti segreti dovettero momentaneamente fare a meno delle conoscenze linguistiche di donna Ines Martelli, che era in perlustrazione con Chiodini in giro per casa.
Mentre camminavano fianco a fianco per le stanze dell’appartamento la padrona di casa indicava all’appuntato cosa apparteneva a loro, ma più che altro era portata a soffermare la sua attenzione su ciò che non apparteneva al nucleo familiare...
<...No, questa specchiera non è nostra!...> spiegava con disgusto.
Si trattava infatti di un grande specchio incorniciato da una serie di faccette che facevano delle smorfie e delle boccacce all’indirizzo di chi si specchiava...
<Quello neanche è nostro!> diceva con profondo orgoglio, quasi con sdegno, indicando un attaccapanni che a stento rivelava la sua identità, essendo costituito da una sagoma di piovra con tentacoli che si innalzavano e si intrecciavano per acquistare forma di appendiabiti.
<Certo che ce n’è di roba strana in giro è?> commentava intanto Chiodini.
<Davvero…davvero!> faceva eco la signora Martelli.
Intorno al tavolo del soggiorno intanto Tancredi, avendo ascoltato la parola “captiva” si era chiuso per buoni cinque minuti in un mutismo totale e aveva chinato il capo come faceva di solito quando rifletteva. Allo scadere di tale tempo, come ridestato da una suoneria interna, si alzò di scatto dalla poltrona dove si era seduto, perché era giunto alle sue personalissime conclusioni e aveva la necessità impellente di comunicarle a sua madre.
<Mamma, mamma… è una Marziana cattiva che ci scrive!… <Deve essere proprio cattiva, anzi cattivissima!…Lo dice anche lei che è cattiva!!!> urlava cercando la mamma in giro per casa, per comunicarle la sua grande scoperta.
Quando la donna fu raggiunta dall’inesorabile pargolo, si trovava naturalmente in compagnia di Chiodini ed ebbe una reazione alquanto imbarazzata alle “compromettenti” parole del figlio, che temeva andassero oltre… e rivelassero quello che ormai era diventato il loro… segreto di famiglia.
Il disagio fu comunque breve perché subito si rese conto, dalle reazioni dell’uomo, che le parole del bambino erano state così eccessive e vaneggianti da non poter essere, per loro stessa natura, assolutamente prese in considerazione dall’appuntato Chiodini...
Tuttavia a donna Ines non era mai capitato di sentirsi in qualche modo una cospiratrice e di dover serbare un segreto, tantomeno nei confronti di un “tutore della legge”. Questa volta però si era ritrovata in questa situazione per caso e a dir la verità era molto intrigata dall’idea di avere finalmente una “doppia vita”, come nei romanzi che a lei tanto piacevano!
La presenza di Chiodini si era fatta a quel punto insostenibile, superflua e in qualche modo di ostacolo, perché la famiglia voleva occuparsi ormai solo di quel mistero e della sua soluzione, soprattutto adesso che avevano intravisto degli sviluppi consistenti…
Erano tutti in trepidazione per la voglia di tuffarsi a capofitto in quelle frasi latine: fremeva Tancredi di sapere perché mai quella cattiva Marziana avesse contattato proprio loro; era entusiasta Costanza, e anche Prudenza non era da meno, perché per la prima volta in vita loro avevano avuto una vaga percezione della tanto decantata importanza dello studio del latino ed era galvanizzato anche Torquato che, pur non riuscendo ad esprimerlo a parole, voleva a tutti i costi una spiegazione razionale del perché a quell’involto di carta non vi fosse attaccato del pesce!
Clemente Chiodini parve ad un certo punto rendersi impercettibilmente conto dell’atmosfera di “ansia sospesa” che si era determinata in casa Martelli.
La signora Ines, abile come un serpente nel captare i sentimenti altrui, si fece portavoce del comune sentire che aleggiava nell’etere e, con tono mellifluo ma marziale determinazione, gli disse: <Senta… se Lei crede… potrei fare io un elenco di tutto ciò che trovo in casa e che non ci appartiene… se pensa che potrebbe esserle utile…>
<Signora… grazie! Lei ha colto perfettamente la mia difficoltà! Credo che il Colonnello Scrivani darà il suo benestare a questa scelta! Le farò sapere ora che torno in ufficio; tanto comunque qui per oggi di più non si può fare!…
L’appuntato fu accompagnato alla porta fra forzati sorrisi di circostanza e ossequi esagerati e finalmente la sua ossuta figura scomparve giù dalle scale con gran soddisfazione di tutti.
LA DECIFRAZIONE
Appena il campo fu libero e i passi di Chiodini si furono allontanati, il Colonnello Ignazio Martelli, vanto dell’aeronautica, padre esemplare nonché marito fedele, proruppe a piena gola in un: <Ma vieeeeniiii!>, corredando l’espressione con ampi gesti delle braccia.
Nella sua vita monotona di “militare in tempo di pace” aveva fatto irruzione qualcosa di nuovo e… misterioso: una vicenda appassionante che richiedeva la sua partecipazione!…
Era insomma entusiasta dello svolgersi degli eventi e in uno stato mentale completamente alterato, come non gli succedeva da anni…
Non persero quindi altro tempo; tornarono in tutta fretta al tavolo della decifrazione e qui il dibattito si accese subito sul possibile significato della frase:
CAPTIVA = <Prigioniera > esordì Costanza.
INSULA = <Isola…nell’isola > continuò Prudenza.
HOMO = <Uomo, ovviamente!> tradusse Ignazio.
<Sarà prigioniera di un uomo!> disse Costanza.
<O con un uomo.> fece eco Prudenza.
<Oppure è l’isola che ha la forma di un uomo!> affermò Tancredi completamente galvanizzato dalla situazione.
AD PORTUM = <Vicino al porto… verso il porto> disse Ines.
DOMI FLAVI CUM HOSPITIUM = <Casa….non so cosa vuol dire “flavi”> disse Ignazio.
<Gialla!> tradusse Prudenza.
<Casa gialla con l’ospizio!?…> ripeté poco convinto il padre.
<Hospitium significa “locanda, albergo”!> intervenne la professoressa Ines.
<Allora: casa gialla con albergo!…ci siamo?> riassunse Costanza.
FER AUXILIUM! = <Porta aiuto… aiuta… aiuto, insomma!> disse Ignazio.
GRATIAS TIBI AGO = <Ti ringrazio>
<Ok, ci siamo: mettiamo insieme i pezzi!> disse la signora Ines.
<C’è una donna, o una ragazza…> disse il Colonnello.
<…O una Marziana!…> intervenne Tancredi.
<Va bene!…> accondiscese Costanza, ormai sconfitta.
E proseguì in tono ostentatamente polemico: <C’è una femmina di specie e età ignota…>
<Cosa vuol dire “ignota”?…Credevo che fosse una parolaccia!> intervenne il piccolo guastafeste.
<No, quella è “idiota” Tancredi!…Ci fai andare avanti?> replicò indispettita Costanza.
<Sì, sì…andiamo avanti!> disse convinto il fratello.
<…Che è prigioniera… di un uomo… o con un uomo> finì la frase Ines.
<Su di un’isola!> aggiunse Ignazio.
<Oppure è prigioniera da sola su un’isola... potrebbe essere “a forma di uomo”?… Mmh… mi convince poco…> argomentò Prudenza.
<Oppure ancora… è prigioniera da sola su di un’isola che si chiama UOMO… vedi che è scritto maiuscolo?> disse pensieroso Ignazio.
<Sì, ma voi conoscete un’isola che si chiami UOMO?… Voglio dire: l’avete mai sentita nominare?> dissero all’unisono Costanza e Prudenza, del tutto sconcertate.
<Nooo!!!.. Ma potrebbe benissimo essere la traduzione latina del nome dell’isola, che nella lingua del paese da cui viene il messaggio (che per ora non sappiamo qual è) significa UOMO!> spiegò Ines.
<Io però adesso ho fame! Sento che è l’ora della fame!…> intervenne con scarso tempismo Tancredi, interrompendo bruscamente le elucubrazioni mentali del resto della famiglia.
<Hai ragione caro!…> sorrise la mamma con poca convinzione.
<Ora finiamo la traduzione della frase e poi mangiamo!> disse Ines per consolarlo.
<Allora: lasciamo per dopo il chiarimento se sia il nome dell’isola o se sia la sua forma o qualcos’altro…> riassunse Costanza.
<Un fatto è certo: che questo posto dove è tenuta prigioniera è vicino ad un porto ed è in una casa gialla che è anche un albergo!> proseguì.
<Brava! Ok. Poi il resto è facile: ci chiede aiuto e naturalmente ci ringrazia!> disse sbrigativamente Prudenza.
<Perché noi l’aiutiamo questa cattiva prigioniera, vero papà?... Anche se è cattiva, vero?> aggiunse Tancredi che per un attimo, nell’impeto dell’eroismo, s’era scordato che “era l’ora della fame”.
Ignazio non rispose prontamente perché si sentiva un po’ a disagio ad essere così assorbito in questa storia “clandestina”...
Poi si riebbe e, rassicurante, se ne venne fuori con un: <Certo caro… noi la salveremo!> che pronunciò scandendo ben bene le parole e assestando un’affettuosa pacca sulla spalla del pargolo.
Lui e la moglie si rendevano ovviamente conto che avrebbero dovuto comunicare il ritrovamento del messaggio alle autorità di polizia; erano consapevoli che stavano facendo qualcosa contro la legge... loro così osservanti delle regole: una vita… bla… bla… bla…
Appunto!…
Era una vita che rispettavano le regole; era una vita che stavano attenti a come si comportavano, a come si vestivano, e a come respiravano… nell’intento di non infastidire nessuno, di non fare niente che non fosse più che accettato da tutti; infatti la loro vita quotidiana scorreva su binari tranquilli ed erano stimati e benvoluti da tutti, ma... diciamolo sinceramente: si annoiavano a morte!!!
Da quando invece avevano ritrovato quello scritto e si erano messi a lavorarci per tradurlo il loro tempo aveva assunto un “sapore” particolare...
Ogni minuto era prezioso, ogni indizio li stimolava ad andare oltre e la passione di scoprire il mistero li avvinceva sempre più, facendo perdere loro la visione della realtà, o almeno di quella realtà nella quale vivevano immersi fino a poco prima!
Erano come “drogati” da quella novità e per nessun motivo al mondo sarebbero volontariamente usciti da questo “romanzo” nel quale si erano trovati catapultati.
Solo per Tancredi non era cambiato molto rispetto alle sue giornate ordinarie: per lui infatti già la vita quotidiana era un romanzo e lui la faceva diventare tale con l’ausilio dei marziani o di altre diavolerie che provvedeva sempre a sfornare in gran quantità…
L’unica consistente novità, che un poco spiazzava il piccolo, era costituita dal fatto che i suoi genitori stavolta partecipavano anche loro a questa storia... Finalmente!!!..
Tancredi era quindi ancora più felice: era davvero un grande gioco di tutta la famiglia!!!...
Si sentiva quindi in uno stato di eccitazione senza pari e, brandendo a mo’ di scudo una cotoletta alla milanese che Ines aveva prontamente impanato e fritto, continuava a girare come un invasato intorno al tavolo per andare a parlare ora con la madre, ora col padre, ora con le sorelle…
Ad un certo punto poi superò se stesso: si assentò per qualche minuto dal salone e quando vi tornò aveva ancora la bocca unta e le mani quasi impanate come la cotoletta che avevano ospitato... ma teneva trionfante sotto il braccio l’Atlante Geografico, che si era miracolosamente salvato da quel bagno di olio…
Lo depose con gesto maestoso sul divano e sentenziò:
<Dobbiamo cercare l’isola, dobbiamo cercare l’isola!... Mamma, papà... dobbiamo cercarla!!!>
<Sì, caro!… Va bene!...> disse donna Ines accorrendo prontamente con un enorme tovagliolo che gli gettò abilmente sulla faccia.
<…Ora la cerchiamo!... Certo caro!> aggiunse Ignazio.
<Nel frattempo Tancredi, mentre io sparecchio, metti per piacere nel piatto di Torquato gli avanzi delle nostre cotolette, ché poi ci metto anche un po’ di riso…> disse la madre.
Depistato strategicamente per qualche istante l’oleoso figlio dall’Atlante geografico, donna Ines se ne impossessò con abile mossa e lo depose ancora chiuso sul tavolo.
Poi, appoggiando le mani sul ripiano, fissò negli occhi i bipedi e i quadrupedi presenti e in tono perentorio sparò a raffica le seguenti parole: <Secondo voi, chi può scrivere in latino nel 2006?>
<Qualcuno che l’ ha studiato a scuola!?> dissero Costanza e Prudenza in stereofonia, cercando di indovinare la risposta esatta ad una tal domanda.
<Già, ma deve essere all’inizio degli studi perché non lo conosce bene!…> aggiunse Ignazio citando la moglie, nonché professoressa di latino.
In quel preciso istante squillò il telefono.
<Qui è la Caserma dei Carabinieri di Treguzio... E’ la signora Martelli?…> disse un uomo all’altro capo del filo.
<Sììì!…> rispose con tono assente e strascicato la padrona di casa, passandosi una mano nei capelli <Sììì!!!...>
Donna Ines era stata in effetti completamente spiazzata da questa telefonata.
<Sono il Colonnello Scrivani… Volevo comunicarle signora, che la decisione di compilare lei la lista della “refurtiva” mi pare una buona idea; del resto noi non possiamo sapere che cosa c’era in casa vostra prima del... del... del... fatto!!!>
Si capiva benissimo che per deformazione professionale il colonnello sarebbe stato portato a dire “furto”, ma in questo caso decisamente questo termine non si poteva applicare...
<La pregherei solo di farcela pervenire entro dopodomani perché dobbiamo procedere a confrontarla con le denunce di furti che ci sono pervenute in questi ultimi tempi!... Lei capisce vero?>
Eccome se Ines capiva... e capiva proprio quello che c’era da capire: che il colonnello Scrivani non si era ancora levato dalla mente che fossero loro, i Martelli, i possibili autori di quell’ipotetico “furto”...
Loro cioè sarebbero andati a rubare delle cose a casa di qualcuno e le avrebbero poi “nascoste” in casa loro!?...
Andando in seguito dai Carabinieri a denunciare il fatto!? Ma si sarebbe riusciti a pensare ad un comportamento più stupido?
Se la legge era quella... allora in quel momento Ines si sentiva più che mai... dall’altra parte!!!
La signora Martelli tuttavia si ricordò d’un tratto che comunque, da un punto di vista formale, loro avevano delle…”pendenze con la giustizia” e ciò la indusse, per convenienza, a divenire più tollerante circa le elucubrazioni mentali di Scrivani, più conciliante insomma, e si adeguò prontamente al tono della conversazione:
<Ah sì... Colonnello! Non dubiti...certo: le farò avere la lista per dopodomani… anche prima se riesco… se riesco a liberarmi da tutti questi impegni… sa con la famiglia…>
Ormai Ines era entrata completamente nella parte dell’agente segreto: mentiva sapendo di mentire e provava molto gusto nel farlo!
Come si stava divertendo!…
<Sì, capisco signora… allora si fa sentire Lei quando ha compilato la lista?> disse Scrivani dall’altro capo del filo.
<Senz’altro!> replicò Ines.
<Beh...arrivederci allora!> concluse il colonnello all’altro capo del filo.
<Sì...sì...arrivederci!> terminò la telefonata Ines, visibilmente sollevata.
Liberatasi dalle fitte maglie della legge, la nostra stimata professoressa di latino tornò trionfante a quello che era ormai il “tavolo da lavoro” dell’intera famiglia.
<Allora, cosa mi sono persa mentre scrivevo con Parlani?… oops! parlavo con Scrivani?>
<Ah... ah... ah... ah!… scrivevo con Parlani!…
Ah... ah... ah! Questa è buona!...> sghignazzò incontenibile Tancredi e a seguire tutti gli altri cominciarono a improvvisare ipotetici cognomi ridicoli...
<Permette Colonnello Parlani… Ueeii, ma che discorsi lunghi ch’el fa’ sciùr Parlani!!! Sì, si, dica, dica!...Ma lo sa che oggi ho incontrato il suo collega Dormani?... Devo dire che mi è sembrato un po’ stanco!...> se ne uscì Prudenza piegata in due dalle risate.
<...Sa che lei dice proprio delle cose intelligenti maggiore Tontani?!?...> ululò la sorella.
Poi entrambe si rotolarono convulsamente un po’ sul divano e un po’ per terra con le lacrime agli occhi.
<...E con quella faccia poi che si ritrova il caro Scrivani!!!...> rincarò la dose Costanza.
<Va beh, dai…ora smettiamo! Ricomponiamoci: è stato un lapsus!> disse Ines.
<Dobbiamo... ehm... lavorare!!!...> aggiunse sorridendo ammiccante.
<...E’ stato bellissimo cara!…> approvò Ignazio che si era divertito come un pazzo.
<A proposito: SCRIVANI è d’accordo che facciamo noi la lista della “RE-FUR-TI-VA” come lui la chiama; gliela devo dare dopodomani> specificò Ines riassumendo la telefonata.
<Bene cara... vieni qui!> disse Ignazio, facendole cenno di sedersi lì con loro.
<Ora ti riassumo i ragionamenti che abbiamo fatto mentre tu… scrivevi con Parlani!> sghignazzò Ignazio.
<Secondo noi questi mobili, e quindi anche il messaggio, non possono venire dall’altra parte del globo: vengono sicuramente da qualche paese del Mediterraneo e…> spiegò il perspicace consorte.
<...E poi chi ha scritto questo messaggio sapeva che questa mercanzia sarebbe venuta in Italia, in un paese cioè dove qualcuno il latino può capirlo!> sentenziò Prudenza.
<...Però deve provenire da un paese dove molte poche persone conoscono il latino, altrimenti chi l’ ha scritto avrebbe corso il rischio di farsi scoprire!…> concluse Ignazio.
<...Beh, non è detto! Tant’è vero che ha dovuto mimetizzarlo usando dei caratteri speciali!…> intervenne Costanza.
<Bene, allora andiamo avanti da questo punto!> disse Ines.
<…Aggiungerei che, siccome il biglietto puzza di pesce, deve provenire da un posto che si affaccia sul mare; poi si parla anche di un porto nel messaggio!>
<Sì, però potrebbe avere questo odore perché è stato trasportato via mare su una nave…> argomentò Prudenza.
<No, direi di no. Penso che abbia ragione la mamma > disse il padre.
<Ammesso che la merce abbia viaggiato su di una nave...> proseguì Ignazio <...Comunque in quel momento il biglietto era già dentro la bambola di porcellana e quindi non poteva assorbire nessun odore!> argomentò il colonnello molto convinto dal proprio stesso ragionamento.
<Io comincerei a metter giù una prima lista dei paesi “possibili”> propose Ines.
Prudenza prelevò l’Atlante dall’alto di una mensola, luogo in cui l’aveva posto Ines per salvaguardarlo dalle untuosità di Tancredi…
Lo aprirono e, mentre Costanza scrutava la carta geografica del Mediterraneo, Prudenza prendeva nota.
<Spagna, Francia, Italia, Croazia, Serbia (che non ha più il mare perchè il Montenegro si è reso indipendente...) Montenegro appunto!...
Poi Albania, Grecia, Turchia, Cipro…Malta, e poi cominciano i paesi arabi… Siria, Libano… ci sarebbe Israele, che non è arabo, ma dubito che studino il latino a scuola… se non nelle università, poi Egitto, Libia, Tunisia, Algeria, Marocco. Fine!...>
<Ma sono tantissimi questi posti!!!... > intervenne desolato Tancredi.
<Sentite...cosa facciamo?> chiese il padre.
<Cominciamo a cercare un’isola a forma di uomo o ci “buttiamo” sulla traduzione della parola UOMO?> specificò Ignazio con l’entusiasmo di un adolescente.
Era ansioso di sapere quale pista bisognasse battere e come al solito non voleva assumersi personalmente il compito di scegliere una strada piuttosto che un’altra...
<La forma d’uomo, la forma d’uomo!!…> gridò Tancredi al colmo dell’eccitazione e molto contento di poter trovare qualcosa da solo, visto che con le parole e con le traduzioni non era ancora in grado di cimentarsi !
<Cerco io la forma d’uomo!> ribadì come se gli altri non l’avessero sentito.
<Mamma, qui ce n’è una a forma di pesce… poi ce n’è una che sembra una mano…questa sembra un cappello… no, anzi: un disco volante!…>
Ormai Tancredi si era esaltato e sembrava incontenibile.
Aveva deciso che bisognava seguire la pista delle “forme” e non si riusciva più a togliergli l’Atlante dalle mani (che comunque erano state provvidenzialmente ripulite dall’unto!…)
A questo punto il Colonnello Ignazio ebbe un lampo di genio e disse: <Buona idea Tancredi, anzi ottima! Facciamo così: tu, con questa matita, fai un cerchio intorno a tutte le isole che trovi che ti sembra abbiano la forma di un uomo>
<Tu intanto, Ines, vai in camera nostra a prendere l’altro Atlante, ché noi cercheremo i nomi!…> disse rivolto alla moglie e alle figlie, strizzando loro l’occhio.
<Fra una mezz’ora ci riuniamo e facciamo il punto della situazione > continuò rivolto a Tancredi.
<Agli ordini signor papà!> replicò fiero il figlio, finalmente contento di essere stato preso in seria considerazione.
Poco dopo arrivò l’altro Atlante. Fu posato sul tavolo e aperto alla pagina: Regione Mediterranea.
<Allora...> disse Ignazio. <Io comincerei a vedere se esistono isole che si chiamano UOMO (o la sua traduzione) nei paesi neolatini, dove è più facile che la lingua si studi a scuola; poi passerei agli altri!>
<Ben detto!> sentenziò Ines, che di solito amava procedere nelle ricerche in modo scientifico.
<Beh, è anche più facile: uomo in spagnolo si dice HOMBRE, in francese si dice HOMME e in italiano… sappiamo già che qui da noi non ci sono isole con questo nome!> disse Costanza.
<Spagna… negativo!> ribatté immediatamente la sorella. <Non c’è nessuna isola HOMBRE!>
<Francia… negativo!> proseguì nello stesso tono sbrigativo Ines.
<Bene: la parte più facile è fatta! Adesso vi voglio!> intervenne con tono di sfida Ignazio.
<Rimane: il greco, il turco, le lingue slave… per non parlare dei paesi arabi!…> continuò inesorabile il capofamiglia.
<Qualcuno di voi ha idea di come si dica UOMO in serbo-croato o in turco?> insisté Ignazio.
<No problem! Andiamo in rete a cercare!> disse Costanza raccogliendo la sfida.
<Cerco con Google> spiegò.
<No, usa Altavista!> intervenne Prudenza. <E’ meglio!>
<Io adopero sempre…> stava per intervenire Ignazio, ma donna Ines li bloccò tutti quanti: <Ma dààii!!!...Non mi sembra che abbia molta importanza quale motore si usa; basta che alla fine arriviamo ad una possibile traduzione!... Ognuno usi quello che preferisce!!!>
Così pacificati, o per lo meno zittiti, continuarono le ricerche.
<In serbo-croato UOMO si dice in molti modi: čovek, muskarac, muž…> rese noto Costanza.
<Vediamo in greco e poi in turco!> la pressava Prudenza.
<In greco… si dice: “andras”… oppure… ”antropos”... in greco moderno ovviamente!!!>
<In turco… anche qui ci sono due modi: “erkek” o “adam”> comunicò Costanza.
<In albanese lo cerco io!> si impose Prudenza.
<Si dice: “mbaj”!> esclamò giuliva.
<Io direi di cominciare da questi perché mi sembrano già abbastanza!> propose Ignazio.
A quel punto Costanza, che aveva aperto l’Atlante ed era già alla ricerca dei nomi, ebbe un sussulto e poi esclamò: <Ma l’avete vista la costa della Croazia?... Dico, vi rendete conto che è tutto un tappeto di isole che scende giù in Grecia e poi le gira intorno e va a finire in Turchia? Come facciamo a trovare la nostra isola?>
<Beh, cominciamo!> disse Prudenza.
<Intanto la Croazia l’ ho già passata> disse la madre <...E la nostra isola non c’è!... ammesso poi che sia abbastanza grande da essere segnata sull’Atlante, altrimenti siamo fritte!> continuò.
<Fritte? Patatine fritte? Anch’io le voglio!…> esclamò Tancredi facendo giungere la sua voce dalla cameretta dove si era recluso, lui e l’atlante, per cercare l’isola a forma di uomo.
<Perché non mi chiamate?…> ululò l’incredibile pargolo piombando in soggiorno. <...Qui di isole a forma di uomo non ce ne sono e mi sono anche un po’ stufato… perché trovo tutte le forme... ma non c’è quella dell’uomo!... E poi… sento che è di nuovo l’ora della fame!...>
<Non abbiamo detto “patatine fritte”. Abbiamo detto che siamo fritte se l’isola non è segnata sull’Atlante!> spiegò la madre.
<Una di voi due, per piacere, mi può aiutare a cucinare qualcosa, così poi continuiamo le ricerche con più carburante nel cervello?…> propose Ines.
<Dai, aiutala tu! > disse Costanza.
<Perché proprio io? Aiutala tu!> replicò Prudenza che, come la sorella, non aveva alcuna intenzione di interrompere quel magnifico gioco per preparare da mangiare....
<Beh... Su... Dài! Aiutatemi tutt’e due, così non facciamo differenze!…> concluse Ines sbrigativa.
<Papà… dai!!... Aiuta anche tu!!!... Non continuare senza di noi che se no non ci divertiamo!…> lo pregarono con voce struggente le due.
E si diressero con la madre verso la cucina, con lo stesso stato d’animo di chi si avvia al patibolo...
<Sì, dai!... Hanno ragione! Vogliamo partecipare tutti!> intervenne la madre.
LA SORPRESA
Il Colonnello Ignazio si rassegnò all’attesa delle vivande e alla sospensione forzata della risoluzione dell’enigma. Si sprofondò con voluttà nella mitica poltrona Luigi XVI e si accinse a leggere il giornale, abitudine quotidiana alla quale aveva dovuto fino a quel momento rinunciare dato che si era fatto letteralmente fagocitare da quella splendida avventura del biglietto segreto!
Tuttavia appena aprì le pagine e scorse i titoli successe qualcosa di strano...
Si sorprese a pensare: “Ma ancora le solite cose… c’è sempre lo stesso tipo di notizie!… Sempre cronache di problemi irrisolti... di guerre... E poi che cosa dice il Presidente di un certo fatto... come invece la pensa il MInistro... che cosa intende fare il sottosegretario...
Che noia!”
Cos’erano in realtà i soliti avvenimenti mondiali rispetto a quella entusiasmante vicenda nella quale lui personalmente si trovava coinvolto? Su ciò che succedeva nel mondo lui non aveva potere... o così almeno gli pareva... ed era costretto solo a subire l’onda di quel che gli altri pensavano, decidevano e facevano!...
Qui invece in questa storia, erano loro, i Martelli, che potevano in un certo qual modo decidere il corso degli avvenimenti... e questa era una sensazione di onnipotenza impagabile!
Magari non era del tutto vero... magari qualcuno da lassù tesseva comunque le fila delle loro stesse vite, ma ora... in quel momento... la sensazione di essere per la prima volta protagonisti e non semplici spettatori di qualcosa, era un’esperienza entusiasmante!!!
Passò più di un quarto d’ora immerso in questi profondi quanto fumosi ragionamenti e quando si riebbe, stavano già arrivando nel salone le figlie con la madre, reggendo una fumante terrina di spaghetti al sugo di tonno, che emanavano un profumino capace di resuscitare i morti…
Anche Torquato era rinato a nuova vita!
In fondo era ormai tutta la giornata che pensava al pesce... da quando aveva annusato il fetido messaggio!…
Finalmente si passava dal <messaggio> all’ <assaggio>... ponderò fra sé e sé l’animale che, vivendo con quella famiglia di intellettualoni si dilettava anche lui nei giochi di parole... e, con andatura imponente, adatta al pranzo che si apprestava a consumare, si recò anch’egli nel salone...
<Li ho preparati in qualche modo un po’ alla buona, col tonno in scatola… dovrete accontentarvi!…> disse Ines. <D’altra parte, con tutti questi avvenimenti!…> aggiunse.
<Non preoccuparti, cara! Hai ragione! D’altra parte con tutte queste cose interessanti da fare, potremmo mangiare anche pane e acqua!> la consolò sorprendentemente serafico il Colonnello Ignazio, il quale di solito non era così incline a venir meno alle regole di orario e di gastronomia! Era infatti molto attento sia al “quando” che al “cosa” si mangiava e strappargli un apprezzamento non era mai stata una cosa facile!
<Mamma… ma ti sembra il caso di preoccuparti del cibo con una prigioniera da andare a salvare in qualche luogo del mondo?> argomentarono le figlie assolvendo la madre da ogni possibile appunto sulla scelta delle vivande.
Con la piena approvazione da parte del parentado donna Ines quindi si sedette e procedette a servire gli spaghetti, con gran soddisfazione di tutti.
Anche Torquato naturalmente ebbe la sua razione che gli fu scodellata nella ciotola. Si avvicinò bramoso e terminò in men che non si dica il lauto pasto lasciando il contenitore lucido e splendente come appena uscito dal lavastoviglie!
Gli umani ovviamente procedevano alla distruzione delle vettovaglie con molta più calma, intervallando le deglutizioni con abbondanti discussioni sull’argomento del giorno.
Il quadrupede intanto, dopo aver proceduto con grande cura alla toilette dopo-pasto, si era leggermente appisolato sulla soglia tra la cucina e il salone.
In capo a pochi minuti, durante i quali i suo baffi avevano incessantemente vibrato (ci sarà un motivo per cui si chiamano “vibrisse”…) si decise ad alzarsi e, dopo essersi stiracchiato voluttuosamente, si avviò con decisione verso la pattumiera, dove naturalmente era stata deposta la scatola di tonno vuota, ma ancora odorosa…
Con la zampa la ripescò abilmente dal contenitore per ripulirla a dovere, ma ancora una volta come già in occasione della rottura del vaso, non fu impeccabile nei movimenti e la scatoletta cadde per terra, spargendo residui di olio a destra e a manca.
A quel punto ci fu un coro unanime: <Torquato… sei sempre il solito esagerato!>
<Non ti bastava quello che hai mangiato?>
<Guarda che disastro hai combinato… tutto l’olio per terra!>
La povera bestia era davvero desolata: si rendeva conto di aver combinato un guaio, ma nello stesso tempo non si capacitava di come gli umani potessero buttar via una scatoletta che a suo parere conteneva ancora così tanto ben di Dio!
Donna Ines raccolse da terra il corpo del reato, prese della carta assorbente per ripulire dall’olio il pavimento e la scatoletta gocciolante e…
<Non ci posso credere!… Non è possibile!…> urlò basita dalla sorpresa.
<Se me l’avessero detto non ci avrei creduto!!!...>.
<Cosa c’è mamma?…> dissero le figlie in coro.
<Venite tutti qua a vedere questa scatoletta!…anche tu Ignazio!!! Vieni!>
Sulla circonferenza della scatoletta stava scritto:
TUNA FISH IN OLIVE OIL – MADE IN GREECE – ANDROS ISLAND
<Dico: ma vi rendete conto???… Andros Island!!!… Andros… è il nostro Andros… Vuol dire UOMO in greco!> gridava Ines completamente fuori di sé.
<Caraaaa! Ma è incredibile!...> le faceva eco il pacato coniuge che il questo modo esprimeva il massimo della sua esaltazione.
<Ma è pazzesco!… Prendi l’Atlante che la cerchiamo!> disse Costanza.
<Già fatto!!!...> rispose Prudenza, che alla parola “Andros Island” si era gettata sull’Atlante per arrivarci prima della sorella. <Eccola qua: ESISTEEEEE!!!>
<E non è neanche piccolissima!> aggiunse Ignazio.
<Questa è quel che si dice una botta di c...> stava per concludere Prudenza, ma il padre la raggiunse inesorabile con uno sguardo al raggio laser perché lui era pur sempre un colonnello dell’aeronautica e quella, fino a prova contraria, una famiglia rispettabile, nonostante questi ultimi straordinari avvenimenti!…>
<Dobbiamo andare dall’ANDROS, papà, dobbiamo andare da lui!!!…> urlava intanto l’infervorato Tancredi.
<Papà, davvero, dobbiamo andarci!… Adesso sappiamo dove sta la prigioniera!> esclamarono in coro le figlie.
Ignazio taceva.
<Caro… in effetti potrebbe essere una follia… però siamo tornati una settimana prima dalle ferie perché volevamo imbiancare la casa…>
Ignazio taceva.
<La casa può aspettare papà!... Se sta un anno in più senza imbiancarla non succede niente!> disse con gli occhi dolci Prudenza.
<Dài papà… dài mamma… possiamo farlo!!!> continuò con tono implorante Costanza.
Ignazio continuava a tacere, ma aveva cambiato posizione nella poltrona e ora tamburellava col palmo aperto sulla sua coscia destra.
Donna Ines, una vera volpe, capì che questo, nel linguaggio del corpo del consorte, era un buon segno e si introdusse in questa apertura emotiva con grande prontezza e abilità: <Caro… lo so che forse anche a te questa storia parrà strana… ma in fondo non abbiamo fatto mai nulla di così avventuroso e… ti confesso che sono molto curiosa di svelare questo mistero!>
Ines fece una breve pausa, sapientemente studiata, poi proseguì in tono rassicurante:
<Sai, pensavo… caro... se poi non ci fosse alcun mistero da svelare, se ci fossimo sbagliati… in fondo non ci sarebbe comunque nulla di male ad allungare le nostre ferie con una breve vacanza in Grecia! In fondo le ragazze non ci sono mai state…>
<Anch’io voglio vedere la Grecia… dài papàààà!…> esclamò Tancredi congiungendo le mani a mo’ di preghiera, per essere più efficace nella propria recitazione.
Ignazio espirò profondamente e si guardò il palmo della mano, che poi richiuse velocemente; appoggiò entrambe le mani ai braccioli e con fare solenne si alzò.
<E sia!...> disse.
<Se tutta la famiglia lo vuole, non sarò certo io a decidere il contrario!…> continuò Ignazio tutto sommato molto sollevato all’idea che qualcun altro avesse fatto pendere il piatto della bilancia da una qualsivoglia parte e non fosse stato costretto, lui personalmente, a decidere!
<Bravo, papà, sei bravissimo… sei un papà meraviglioso!> si profusero in mille complimenti le figlie.
<Sapevo papà che avresti liberato la prigioniera!…> disse con orgoglio e ammirazione il figlio.
<Sono proprio felice della tua decisione Ignazio…> gli disse adorante la moglie, abbracciandolo.
Così, nel giro di qualche ora, la famiglia Martelli aveva radunato ciò che sarebbe servito per il viaggio e aveva stabilito l’itinerario: avrebbero dovuto prendere l’aereo fino ad Atene e poi da lì un collegamento via nave per l’isola di Andros, la cui principale città si chiamava appunto Andros ed era la loro meta finale.
Rimanevano tuttavia due incresciosi problemi da risolvere: la lista della refurtiva da compilare e soprattutto... bisognava trovare una scusa del tutto plausibile da fornire alle “autorità inquirenti” che giustificasse la loro improvvisa partenza.
I neuroni del colonnello Ignazio stabilivano alla velocità della luce nuove connessioni fino a quel momento impensate.
Seguirono brevi attimi di silenzio poi all’improvviso il capofamiglia prese in mano la situazione ed esclamò:
<Dunque, il programma è questo: tu cara, con Costanza, compili la lista delle cose rinvenute in casa che non ci appartengono; tu Prudenza vai in rete e comincia a vedere gli orari dei voli a partire da domani, i prezzi eccetera, tu Tancredi riordina in salone e pulisci la gabbietta da viaggio di Torquato; lo lasceremo alla signora Marisa del primo piano perché in aereo non può venire... io telefonerò a Scrivani e inventerò qualche scusa...>
<Che cosa gli dirai caro?>
<Non lo so ancora!...>
<Allora aspetta un attimo caro... mi è venuta un’idea> disse donna Ines.
<Perché una famiglia appena tornata dalle vacanze dovrebbe subito ripartire? E poi... proprio mentre sono in corso delle indagini su qualcosa che la riguarda... non ti sembra un po’ diciamo “sospetto”?>
<Già!...> annuì Ignazio.
<Quindi pensavo...> argomentò l’INES-orabile Ines <...Ti ricordi quella signora greca che abbiamo conosciuto alla festa dei Fruscoli per il compleanno del figlio? Abita proprio ad Atene. Possiamo raccontare che sua figlia, mi ricordo che ne ha una di circa vent’anni, dà una festa per la sua laurea e ci invita e quindi dobbiamo partire all’improvviso perché prima non lo sapevamo...>
<Poi direi di lasciare le chiavi di casa nostra ai Carabinieri...> proseguì l’INES-auribile Ines <...In maniera che possano venire a proseguire le indagini mentre siamo via...>
<Naturalmente prima di partire passiamo da loro a lasciare la lista che ci hanno chiesto... credo che così possa essere fattibile!>
<Brava mamma!... sei un mito!>
<Brava cara... non sospettavo che fossi così capace di architettare frottole!... sei davvero INES-tricabile!> esclamò compiaciuto Ignazio, che ormai da qualche tempo aveva preso un certo gusto a trovare sempre nuove definizioni per la poliedrica consorte!
<In realtà mi sorprendo di me stessa anch’io... ma da quando c’è in ballo questa faccenda del messaggio segreto mi sento come più coraggiosa e... più “pazzerella” e... più felice e... sono disposta “quasi” a tutto pur di vivere fino in fondo questa avventura!...>
<Mi sono un po’ esaltata!...> concluse Ines arrossendo leggermente per l’imbarazzo.
<Ma sì, mamma... è bello esaltarsi!!!...> disse Prudenza che di questo stato d’animo era una vera esperta.
<L’avventura... l’avventura!...> ululava il piccolo Tancredi, mentre correva per casa brandendo con mano incerta la gabbietta di Torquato che stava cercando maldestramente di pulire.
<Bene!... E’ giunto il momento!> disse a quel punto Ignazio. <Ora telefono a Scrivani!>
<Io e Costanza invece, ci mettiamo a scrivere la lista, altrimenti per domattina non ce la facciamo!...> concluse Ines.
Il colonnello Ignazio, al telefono coi Carabinieri fu un mostro di bravura, un attore nato!...
<...Sì, certo...vi lasciamo le chiavi... non c’è miglior garanzia contro i furti che lasciare le chiavi ai Carabinieri... Oh, certo!... In fondo siamo una famiglia di privilegiati!...>
<Sì, senz’altro!...Vi lasciamo anche i numeri dei nostri cellulari...>
<Eh,sì... è capitato tutto così all’improvviso, ma come si fa a dire che non andiamo, vista la gentilezza dell’invito...>
<Sì... appena possibile le diamo un numero di telefono fisso... no... non so se staremo dall’amica di mia moglie... o in albergo... comunque è questione di pochi giorni... sì la signora è di Atene, ma la festa la fanno all’isola di Andros... comunque al massimo domenica prossima siamo di ritorno perché anch’io devo riprendere il lavoro!>
<D’accordo... a domattina per la lista!... e le chiavi... naturalmente!>
<Grazie ancora e... a domani!> concluse impeccabile nella sua recitazione il colonnello Martelli.
Conclusa la telefonata Ignazio fu fatto segno ad una vera ovazione da parte della famiglia al completo.
Un po’ vergognoso e non abituato a simili esternazioni di gaudio nei suoi confronti, si schernì... <Ma cosa volete che sia... sììì!...>
Poi ormai conscio del suo talento interpretativo: <Sono stato convincente eh?> aggiunse ammiccando, ormai arreso ai complimenti.
<Sei stato da Oscar!!!...> si esaltarono Costanza e Prudenza.
<Beh, grazie... ho fatto del mio meglio!...>
<Voi avete finito con la lista?> fece poi, nel tentativo di distrarre l’attenzione da se stesso.
<Quasi> disse Costanza.
<Io invece so ormai tutti i voli che ci sono domani per Atene, però c’è un piccolo... insignificante problema!... Non ci sono più posti disponibili!!!... Né domani né dopodomani!...> intervenne Prudenza.
<Ci sono, ci sono... per noi ci sono!> disse un po’ riluttante il colonnello Ignazio, sfoggiando una timida aria di superiorità che le figlie non erano solite leggergli in volto...
Aveva una strana sicurezza nel tono della voce, come di chi è a conoscenza di cose che ai comuni mortali non è dato sapere...
<Caro... ma non vorrai...> intuì Ines.
<Ebbene sì!... anche questa è una cosa che non ho mai fatto in tutta la mia vita, ma ora lo farò!...> esclamò Ignazio con un tono di voce che confermava le intuizioni di donna Ines.
<Cosa farai papà, cosa farai che non hai mai fatto nella tua vita? Ti metti a fumare?...> esordì Tancredi.
<No, caro!... certamente no! Molto peggio... secondo me!>
<Ma d’altra parte mi sento giustificato dal fatto che... credo... andiamo a compiere una buona azione!>
<Può darsi che non riusciamo a prendere tutti lo stesso volo... ma cinque posti nella giornata di domani forse riesco a recuperarli!...> disse Ignazio grattandosi pensoso e imbarazzato la nuca.
<Ho capito papà!... Te li fai procurare da quella tua conoscenza nelle “alte sfere” dell’aeronautica!...> esclamò Costanza.
<Papà... ma chi sono le “alte sfere”?> intervenne Tancredi. <Io voglio sapere se sono quei dischi volanti a forma di palla!... Anch’io allora voglio vedere le “alte sfere”!...> concluse Tancredi compunto, mettendosi a braccia conserte e facendosi tutto impettito.
Costanza se lo prese amorevolmente in disparte e gli spiegò il significato della frase mentre sua madre quasi accorata stava chiedendo:
<E’ così... caro?... E’ proprio l’unica possibilità vero?...>
A questo punto bisogna che sia chiaro il senso di profonda onestà e correttezza che aveva da sempre contraddistinto i comportamenti dell’intera famiglia. Nessuno di loro, pur nelle differenze dovute al carattere, al sesso ed all’età, aveva mai pensato di prendere delle scorciatoie nella vita per rendersi più facili le cose...
Erano in effetti tutti quanti granitici sul fatto che le scorciatoie di qualcuno sono degli allungamenti di percorso per tutti gli altri e come tali da evitare!
<Dài papà....!> lo rincuorò Prudenza.
<C’è gente che abitualmente approfitta delle proprie conoscenze per passare davanti agli altri e tu... tu non l’ hai proprio mai fatto!... E neanche noi!... Abbiamo sempre fatto le cose in modo più che corretto!> gli ricordò Ines.
<Ora si tratta di un emergenza, di un caso particolare...> rincarò la dose Costanza.
<Va beh’!...> sentenziò Ignazio <...Speriamo che ne valga davvero la pena!...>
<Oh sì caro... sono certa che non ce ne pentiremo!...> disse Ines.
<Domattina prima di partire lasceremo le nostre chiavi ai Carabinieri, insieme al nostro recapito telefonico e poi... vedremo!...> disse Ignazio pensoso, grattandosi la nuca.
E aggiunse: <Io adesso mi attacco al telefono per recuperare i biglietti per domani; vediamo cosa riesco a concludere... speriamo!...>
E fu così che Ignazio, vergognandosi come un ladro di polli alle prime armi, sollevò la cornetta del telefono e cominciò a comporre dei numeri telefonici che non erano segnati su nessuna rubrica di casa e su nessuna agenda personale ma soltanto nella sua mente, archiviati da tempo, mai usati, tuttavia segretamente e indelebilmente impressi. Approfittando del fatto che aveva preso nelle mani il telefono portatile, con quello si chiuse nel suo studio, dove restò per circa mezz’ora...
<Forse dovrà inventarsi delle spiegazioni da dare per giustificare la sua richiesta... e anche il fatto che i biglietti gli servono per domani!...> argomentò Costanza.
<Già... e anche il fatto che gliene servono ben cinque!...> aggiunse Prudenza.
<Mah... vedrà lui cosa dire!...> concluse Ines.
Alla fine di quella che doveva essere stata una laboriosa telefonata uscirono dal cappello a cilindro del Gotha dell’Aeronautica cinque biglietti, esattamente cinque, per la tratta Milano-Atene per il giorno seguente.
<Ci siamo!..> disse trionfante, seppur imbarazzato il colonnello rientrando nel salone e sprofondandosi a peso morto nella mitica poltrona Luigi XVI.
<Ho avuto i biglietti... o meglio: ho avuto dei “pass” che ora vado a ritirare personalmente... da un collega... ma sono per due voli diversi!... Tre posti sono sul volo delle 13.30 e gli altri due posti sono sul volo delle 18.55, però da Malpensa...>
<Direi Ines che tu e le ragazze partite prima e una volta ad Atene trovate l’albergo e ci comunicate l’indirizzo prima che io e Tancredi partiamo... Voi vi sistemate e noi vi raggiungiamo appena atterrati... che ne dici cara?>
<...Domani poi, quando saremo arrivate ad Atene, penseremo anche al trasferimento ad Andros!> aggiunse Ines.
<Già!...> intervenne Prudenza <...Ma la lista a Chiodini quand’è che gliela portiamo?>
<Domattina ovviamente!> concluse Costanza.
<Ci andrò io da Chiodini caro...> si intromise Ines <...Non preoccuparti... Poi tu passi a lasciare il tuo mazzo di chiavi... prima di partire con Tancredi!>
<Bene!> sentenziò Ignazio <...Allora non ci resta che portare giù Torquato dalla signora Marisa e fare un minimo di bagagli!... Mi sembra quasi impossibile che stiamo ripartendo di nuovo... è successo tutto così in fretta!!...>
IL MISTERO S'INFITTISCE
In quell’istante suonò il campanello.
<Colonnello Martelli?> chiese una voce al citofono.
<Si!> disse Ines.
<Anzi no!... Sono la moglie! > si corresse subito dopo la distratta consorte.
<...Sì, è in casa il colonnello!...> aggiunse poi.
<Una busta per lui?...> domandò mentre un’espressione di completo stupore le si dipingeva sul volto.
<Sì, sì... scende subito!>
<Caro...> disse rivolta ad Ignazio.
<...C’è giù un Pony Express che dice di avere una busta per te... Aspettavi qualcosa?>
<Non saprei...> si grattò la nuca Ignazio.
Poi aggiunse: <Non credo che i colleghi dell’Aeronautica mi facciano addirittura recapitare i pass a casa... e così velocemente poi!... Va bene “volare” ma questo mi sembra troppo!...> disse sperando di essere spiritoso, ma non suscitando nessuna risata.
<Comunque vado a vedere!> disse a mo’ di conclusione.
Scese velocemente i gradini e quando fu giù il giovanotto biondo in sella al motorino gli consegnò una busta gialla indirizzata a IGNAZIO MARTELLI.
Il colonnello lo ringraziò, lo salutò, gli diede anche una mancia e aprì subito la busta mentre ancora stava salendo i gradini di casa.
Appena terminata l’operazione, estrasse dall’involucro leggermente imbottito una busta bianca, più piccola della prima, che recava come destinatario un nome ed un indirizzo indecifrabili perché sbiaditi, ma che avrebbero potuto benissimo essere gli stessi della busta gialla, vale a dire i suoi.
Poi gettò l’occhio sull’angolo in alto a sinistra della busta gialla, al posto del mittente: c’era una scritta in stampatello... ed era davvero inquietante: ORAZIO MARCELLI, via degli Eruli 8, Trepuzzi, Lecce...
Ignazio si fermò sull’ultimo gradino di casa ed ebbe un sussulto di sorpresa e, a seguire, un lampo di genio gli balenò per la mente: c’era una strana somiglianza fra i suoi dati anagrafici e il suo indirizzo e quelli dello sconosciuto mittente della busta che gli era stata recapitata!...
La famiglia stava seguendo le differenti espressioni che si susseguivano sulla faccia del loro padre e marito e non riusciva davvero a decifrarle, né a farsi nessuna idea particolare di che cosa stesse succedendo.
Pressato dall’ansia di coloro che gli stavano intorno di conoscere il contenuto del pacchetto, il colonnello estrasse dalla busta bianca piccola, che era già stata aperta, un foglio ripiegato, che corse quasi il rischio di essere stracciato, tanto era l’impeto del gesto di Ignazio..
Donna Ines e la figliolanza gli si fecero incontro domandando:
<Cos’è caro?>
<Chi ti scrive papà?...>
Ignazio, ancora sulla soglia di casa, spianò la lettera e si trovò di fronte alla scrittura dello zio Temistocle...
<Vieni dentro caro... appoggiati sul tavolo!> gli propose premurosa Ines che, avendolo già visto diventare visibilmente pallido alla lettura delle buste, si era alquanto preoccupata...
Lo zio li informava nella lettera, con la sua consueta scrittura tremolante (aveva ormai 94 anni!) che a Natale pensava di andarli a trovare e che si sarebbero sentiti poi appena prima delle vacanze per andarlo a prendere in stazione il giorno dell’arrivo...
Poi la lettera proseguiva con qualche battuta sarcastica dello zio sugli interminabili lavori alla stazione ferroviaria di Lecco, che duravano ormai da decenni...
Lo zio non aveva certo perso il suo smalto e la sua vis polemica!!!
Finita che ebbero di leggere la lettera, si accorsero che nella busta bianca c’era un altro foglietto ripiegato.
Era scritto con la macchina da scrivere da un certo signor Orazio Marcelli... (il mittente della busta gialla, come avrete capito!) nel quale si spiegava al “destinatario della presente” (cioè al colonnello Ignazio Martelli), la ragione del doppio pacchetto, con le seguenti parole:
Egregio Signor Martelli, mi presento subito dicendole che mi chiamo Orazio Marcelli (ha fatto caso all’assonanza dei nostri nomi e dei nostri cognomi?)
Come avrà notato leggendo la scritta sulla busta, io abito in via degli Eruli al civico 8 a Trepuzzi, provincia di Lecce...
Le dice niente tutto ciò?
La busta bianca indirizzata a lei aveva il nome e l’indirizzo del destinatario un po’ sbiaditi dalla pioggia (chissà dove sarà stata quella busta prima che me la recapitassero!?...) e l’impiegato che ha cercato di ricostruirli ha messo i miei dati invece che i suoi... è davvero incredibile che esistano dati così somiglianti!!...
I volti dei coniugi Martelli, delle loro figlie, di Tancredi e anche il muso peloso di Torquato, si sollevarono a guardarsi l’un l’altro...
Ignazio proseguì nella lettura:
E’ chiaro che io ho ricevuto erroneamente una lettera indirizzata a Lei e naturalmente mi scuso molto per averla aperta.
Non avevo fatto esattamente caso ai dati prima di aprirla...
Ma forse, col senno di poi, ho fatto bene: almeno sono riuscito, con un po’ di fatica, a capire a chi era indirizzata e in seguito a mandarvela....
Anche perché fortunatamente il suo parente ha menzionato nella lettera la stazione di Lecco e da lì, a poco a poco, sono riuscito a risalire al reale destinatario dello scritto...
Le garantisco che è stata un’impresa certosina, perché una coincidenza come la nostra credo sia più unica che rara... e in questo periodo poi, io ero anche molto impegnato perché ho fatto trasferire alcuni miei mobili dalla casa che ho in Grecia fino qui a Trepuzzi, ma questi mobili non sono mai arrivati e, caro signor Martelli, mi creda... sembra proprio che si siano volatilizzati... nel bel mezzo del Mar Adriatico!...
Sa... non per raccontarle i fatti miei... ma io sono uno scultore e vivo gran parte dell’anno in Grecia; quegli oggetti che mi sono spariti durante il viaggio erano tutti pezzi della mia produzione dell’ultimo anno o oggetti che io personalmente avevo raccolto durante i miei viaggi all’estero!... Sono veramente disperato!...
Ignazio, Ines, Costanza, Prudenza e Tancredi si guardarono intensamente l’un l’altro, quasi avessero visto un’apparizione... un fantasma e... ammutolirono.
Adesso avevano capito davvero tutto... anche ciò che neppure il signor Orazio Marcelli ancora poteva sapere!!!
Per uno di quei casi della vita che a raccontarli sembrano inventati di sana pianta i mobili provenienti dalla Grecia erano arrivati da loro e la lettera dello zio Temistocle ad un signore sconosciuto in Puglia...
<...Ma il biglietto col messaggio di aiuto allora?> chiese Costanza.
<...Quindi quel messaggio era indirizzato al signor Orazio anche quello... come i mobili!...> aggiunse Prudenza.
<...Io non ci sto capendo più niente!...> intervenne quasi disperato Tancredi.
<Chi è quest’altro signore? E perché arrivano da lui le nostre lettere?>
<Non preoccuparti Tancredi... neanche noi ci stiamo capendo molto...> tentò di rassicurarlo Ignazio.
<Ma in fondo è proprio questo il bello: che non ci stiamo capendo ancora niente!...> intervenne a sorpresa donna Ines.
Se i mobili fossero davvero stati quelli del signor Orazio Marcelli... al momento questa sembrava essere l’unica spiegazione plausibile della loro provenienza...
Così strani... così originali... solo un artista avrebbe potuto produrli e solo ad un’ artista sarebbero potuti piacere!... Beh, in tal caso avrebbero dovuto raccontare tutto a questo signor Orazio!...
Le emozioni si susseguivano ai ragionamenti e i ragionamenti alle emozioni e man mano che i collegamenti fra i vari fatti si rendevano più manifesti, paradossalmente la situazione nella quale si trovavano e le decisioni da prendere si facevano ancora più difficili....
Il mistero si era infittito e i tempi per decidere cosa fare con Marcelli erano ristretti perché l’indomani, appunto, sarebbero partiti per la Grecia!
Si trattava di recuperare in qualche modo il numero di telefono del signor Orazio Marcelli in Puglia; su ciò erano tutti d’accordo, come anche sul fatto che bisognava raccontargli dei mobili che per uno strano scherzo del destino, ancor più assurdo se possibile di quello della lettera, erano approdati a casa loro.
<Ma poi come ci sono entrati in casa nostra questi mobili?... Ah già!... Avevamo lasciato aperto!> iniziò e concluse la frase in pochi secondi Ignazio.
<Chi li trasportava sarà arrivato fin qua... avrà suonato e non avrà ottenuto risposta... avrà bofonchiato qualcosa all’indirizzo di chi si faceva trovare assente... cioè noi... e poi... avrà provato a spingere la porta o forse si sarà inavvertitamente appoggiato...> la signora Ines descriveva a ruota libera la scena immaginaria che sembrava svolgersi proprio in quel momento davanti ai suoi occhi...
<Sì, sì: dev’essere andata così mamma: vedendo che era aperto li hanno sistemati all’interno...> immaginò Costanza seguendo la madre nella visione.
<Certo!...> esclamò Prudenza.
<...E siccome erano probabilmente già stati pagati anticipatamente per il trasloco... e sapevano che si trattava di “opere d’arte” non volevano certo essere accusati di averle lasciate rovinare depositandole sulla strada...>
<Fra l’altro questi signori erano probabilmente di una società greca di traslochi....> argomentò Ignazio.
E proseguì: <...Ma ve li immaginate questi poveracci che non parlano l’italiano e che arrivano in quel di Treguzio circa a Ferragosto (perché più o meno dev’essere stato questo il periodo...visto anche che il panino al prosciutto non era ancora andato a male...) e non hanno nessuno a cui chiedere perché tutti sono in ferie e non conoscono neppure la lingua?... Ma vi rendete conto della situazione assurda?> terminò d’un fiato il colonnello.
<Pazzesco caro... veramente pazzesco... sembra una storia irreale!...> rifletté Ines.
<Comunque quando conosceremo tutto nei dettagli sapremo se è andata davvero così... ma credo che ci siamo molto vicini!...> disse Prudenza.
<Sentite... ma allora cosa facciamo con il messaggio segreto? Dobbiamo raccontare a Marcelli anche di quello?... > intervenne Costanza.
Del resto: si poteva raccontargli del trasloco sbagliato tacendo il ritrovamento del messaggio segreto? E cosa dirgli quindi sul fatto che all’appello mancavano un vaso Ming e una bambola di porcellana?
A dire il vero erano molto perplessi all’idea di mettere al corrente lo sconosciuto artista leccese di questa storia così strampalata del biglietto criptato... Si trattava di raccontare tutta la verità ad uno che... sì si era dimostrato molto onesto recapitando loro la lettera... ma per quel che ne sapevano fino ad ora poteva benissimo essere un mezzo squinternato... viste poi le “produzioni artistiche” che si erano ritrovati in casa!... Mah!...
No... no!.. sicuramente la soluzione migliore era quella di tacere al momento sulla vicenda del messaggio e raccontare il resto.
Decisero di cenare con dei toasts, veloci da preparare, per poter avere il tempo di discutere “a freddo” sul da farsi.
In realtà di “freddezza” ce n’era ben poca nei loro comportamenti quella sera!... Erano tutti sovraeccitati e si muovevano per la casa in maniera caotica e disordinata.
Il colonnello poi si grattava la nuca ormai convulsamente e, nonostante si fosse sprofondato sulla solita poltrona delle riflessioni, non riusciva proprio a riordinare le idee.
Di Torquato è quasi superfluo parlare: da quando aveva visto nuovamente allestire la sua gabbietta da trasporto aveva capito che c’era di mezzo un altro spostamento e quindi si sentiva eccitatissimo e nel contempo preoccupato perché adesso che si stava riabituando a tutte le sue cose della casa di Treguzio, non aveva molta voglia di andarsene via di nuovo!
Occorre dire che il modo in cui la graziosa bestiola esprimeva il suo disagio psicologico era decisamente originale...
Saltava a zampe tese decollando in verticale, qua e là per la casa, col pelo dritto, avvistando di volta in volta nemici immaginari dietro le tende o sotto i tappeti.
A vederlo era davvero inquietante: sembrava gli avessero somministrato qualche droga; ma i coniugi Martelli e il resto della famiglia erano abituati a queste sue performances e quindi non se ne preoccupavano più di tanto.
Costanza e Prudenza erano ammutolite, ognuna persa nei suoi pensieri riguardo alla vicenda, alle inquietanti coincidenze e... soprattutto al da farsi!
Ines si occupava nervosamente della preparazione dei toasts, con fare meccanico, senza chiedere a nessuno che preferenze di imbottitura avesse, ma procedendo come un automa...
Ad un certo punto Tancredi (che si era fino a quel punto grattato selvaggiamente la nuca, come usava fare il padre in simili circostanze) interruppe il pesante silenzio con questa storica frase:
<Senti papà... noi non sappiamo se questo signor Orazio è un bravo o un cattivo e non lo possiamo capire solo se gli parliamo al telefono... Poi non sappiamo neanche se lui è d’accordo coi Marziani che tengono prigioniera quella signora sull’isola... e poi non siamo sicuri che la signora cattiva volesse chiedere aiuto a quell’Orazio della Puglia... insomma non sappiamo proprio un bel niente... ma poi... soprattutto... perché non andiamo noi da soli a liberare la signora che ci divertiamo di più... noi da soli?>
Aveva detto tutte queste cose di filato, senza fare pause e senza quasi prendere fiato; si vedeva che ci teneva tantissimo ad essere ascoltato perché, come sempre quando argomentava in maniera seria, si era messo con i pugni sui fianchi e gli erano venute le orecchie rosse, evento ricorrente quando si emozionava.
In realtà Tancredi non aveva fatto altro che esprimere, con parole semplici, il comune sentire di tutti...
Sì, è vero: erano stupiti e affascinati da quello strano svolgersi degli avvenimenti che li aveva posti, loro e quello sconosciuto, forzatamente in contatto in quelle inquietanti circostanze... eppure il sentimento predominante era.... perché adesso dovevano rinunciare a quell’avventura fantastica coinvolgendo qualcun altro nella vicenda?
In fondo aveva ragione Tancredi, con tutto il suo entusiasmo incapace di mediazioni: era più bello che solo loro fossero protagonisti della liberazione della prigioniera...
La ragione, la consuetudine, la correttezza diceva loro che era giusto informare il signor Orazio della realtà dei fatti... in fondo era “disperato” per la “perdita” dei suoi oggetti...
Erano di fronte ad un uomo disperato!...
Ma il cuore diceva di no... che non bisognava dir niente a nessuno... che questa era “la loro storia”!!!
Era ormai impossibile negare che volevano vivere questa avventura fino in fondo... DA SOLI!!!.
Del resto... forse la prigioniera era ancora più disperata del signor Orazio che aveva perso i suoi mobili... e... poteva darsi che Orazio fosse magari un nemico della prigioniera... in fondo chi poteva dirlo?
Ma poi, al diavolo tutte queste argomentazioni!...
Questa era la LORO avventura!!!
E la ragione... dovette capitolare.
Fecero quindi una scelta di compromesso. Pensarono che davvero non sarebbe cambiato molto per Orazio sapere oggi o domani che i suoi mobili non si erano persi, ma erano in provincia di Lecco... e che tacergli per ora la faccenda del messaggio segreto sarebbe stato più “saggio”...
Concordarono quindi di non telefonargli oggi, ma che gli avrebbero inviato domani mattina prima di partire per la Grecia un telegramma che, data la sua stessa natura, sarebbe stato estremamente essenziale e conciso; avrebbe detto solo dei mobili e aggiunto che loro si sarebbero fatti sentire dopo qualche giorno...
Contavano che quel “qualche giorno” sarebbe bastato a risolvere l’intera vicenda in un modo o nell’altro, anche perché pure ai Carabinieri di Treguzio avevano detto che sarebbero tornati di lì a “qualche giorno”. Questo era quindi ciò che avrebbero comunque dovuto fare, in qualsiasi modo cioè, si fosse risolta la vicenda misteriosa della prigioniera in Grecia!
La decisione dell’invio del telegramma parve loro una buona idea, anzi l’unica possibile per salvare capra e cavoli; bisognava essere un minimo corretti con il signor Orazio, senza tuttavia rinunciare alla “loro avventura”...
La serata di quel giorno memorabile trovò la casa dei coniugi Martelli immersa in un silenzio irreale...
Ognuno era perso nei propri pensieri e nelle proprie congetture riguardo ai possibili avvenimenti che li attendevano.
Non si sentivano completamente a posto con la loro coscienza ordinaria, ma se così si può dire si sentivano allineati con la loro “coscienza straordinaria” (la vogliamo definire così?), perché in fondo non avevano informazioni abbastanza circostanziate sul signor Orazio di Trepuzzi per potersi fidare della sua onestà, mentre della loro... si fidavano ciecamente!
In quella situazione di attesa e di “parole sospese” che si era determinata in casa, il colonnello Ignazio fu quasi felice di dover uscire per andare al recuperare i “pass” dal suo collega. Era già buio quando scese gli scalini di casa e mentre respirava l’aria fresca della sera a pieni polmoni gli sembrava in qualche modo di essere rinato il quel preciso istante...
Non sapeva cosa sarebbe successo, come si sarebbero svolte le cose... tutto era una sorpresa... e questo lo rendeva felice.
Non era preoccupato più di nulla perché sentiva dentro di sè che se quella cosa era capitata proprio a loro, qualche significato specifico doveva pur averlo!!!
Era come una infantile fiducia nello svolgersi positivo degli eventi... era un’emozione che pensava di aver dimenticato e che ora lo travolgeva come un’onda... ma non era spaventato da quest’onda, anzi... era ben felice di lasciarsi trasportare...
A casa intanto si era fatto alquanto tardi e Ines e Costanza accompagnarono Torquato dalla signora Marisa del primo piano. La signora aveva già due gatti suoi ma era sempre ben felice di dare temporaneo asilo ad altri felini di passaggio...
Le spiegarono sommariamente le ragioni della loro improvvisa ma breve partenza e la rifornirono abbondantemente delle leccornie preferite della bestiola... come ad esempio le radici di liquirizia che il micio usava scortecciare dopo il pasto della sera per pulirsi i denti...
Torquato amava simili raffinatezze e Ines sosteneva tra il serio e il faceto che se il loro beneamato fosse nato essere umano, sarebbe stato senza dubbio un gentiluomo inglese del Millesettecento...di quelli con la parrucca a boccolotti bianchi per intenderci...
Dopo circa un’ora dalla sua uscita Ignazio rientrò a casa con i “pass” in tasca e un’espressione completamente nuova sul volto...
Abbracciò e baciò con trasporto la dolce Ines, come non faceva più da anni, sorrise di cuore ai suoi figli e disse: <Sono proprio felice... sono proprio felice di avervi... e di fare questo viaggio con voi!...>
<...Caro!...> disse Ines quasi travolta dall’onda di intensità di suo marito, cui non era più da tempo abituata <Caro...sono felice anch’io!> e lo baciò.
La figliolanza aveva assistito e partecipato a tali esternazioni di sentimenti, con lo stesso stato d’animo con cui si partecipa ad una cosa del tutto nuova... quando non si sa cosa succede dopo e come va avanti il film... e mentre “scorrevano i titoli di coda” per così dire e Ines stava baciando Ignazio Costanza, Prudenza e Tancredi, come ad un segnale convenuto, esplosero in un applauso fragoroso e senza ritegno.
Ignazio ed Ines guardarono i loro figli come se li vedessero per la prima volta, arrossirono un tantino e poi Ines disse: <Va beh... è stata davvero una gran giornata!... Ma quelle che ci aspettano forse saranno “ancora più grandi” e quindi... è meglio andare a dormire!
<Va beh mamma...> dissero le sorelle.
<Io però sono proprio tanto contento!!!> se ne uscì incontenibile Tancredi, diventando rosso nelle orecchie.
E tutti risero.
Riposero quindi velocemente nelle valigie ciò che avevano già messo da parte per il viaggio e se ne andarono a letto.
L’indomani sarebbe stato un giorno cruciale: il volo di Ines e delle ragazze decollava da Linate alle 13.30; quindi bisognava essere lì al check-in a mezzogiorno e mezza e prima c’era da riordinare almeno sommariamente la casa, da consegnare la lista della “refurtiva” ai Carabinieri di Treguzio e da spedire il famoso telegramma al signor Orazio Marcelli!...
Il giorno dopo ogni cosa si svolse come da programma: Ines e le ragazze andarono alla posta a fare il telegramma, che fu formulato così:
“Ringraziamo per spedizione lettera zio Temistocle STOP”
“Per caso ancora più fortuito vostri mobili casa nostra STOP”
“Dobbiamo urgentemente ma brevemente partire STOP”
“Presto avrete nostre notizie STOP”
“Cordialità STOP”
Famiglia Martelli
Tornarono quindi a casa a prendere i bagagli e poi se la filarono all’aeroporto di Linate con un taxi.
Il colonnello Ignazio e il figlio Tancredi invece andarono dai Carabinieri a consegnare la sudata lista della RE-FUR-TI-VA... in seguito rientrarono a casa ad aspettare notizie dalla Grecia nel corso del pomeriggio.
Speravano anche che la telefonata della moglie e delle figlie arrivasse abbastanza presto, perché poi avrebbero dovuto raggiungere l’aeroporto di Malpensa...
Per amor di verità dobbiamo dire che il colonnello Ignazio si trovava a vivere, con questa subitanea partenza del settore femminile della sua famiglia, una situazione davvero insolita per lui.
Mai prima d’ora aveva sperimentato una seppur breve separazione dalla moglie e dalle figlie; infatti da quando si era sposato, a parte le giornate lavorative in cui erano forzatamente separati, i coniugi Martelli non erano mai rimasti l’uno senza l’altra e viceversa.
Da quando si erano aggiunti i figli la simbiosi si era estesa a tutti i componenti della famiglia e di solito i loro passatempi erano comunitari, le loro vacanze erano sempre familiari, al cinema ci si andava in cinque.
Non che in questa modalità di comportamento ci fosse qualcosa di “sbagliato”...
Certo è che alle figlie, ormai diventate adolescenti, la cosa un po’ pesava...
Questa specie di patologia psichica che potremmo definire “mania del clan” di cui le figlie, come voi lettori, ignoravano l’esistenza fino alla sua comparsa, si manifestò gradualmente nel corso di anni di vita familiare.
Ebbe poi un’improvvisa quanto inaspettata riacutizzazione quando Costanza si invaghì di un suo compagno di classe. La ragazza invitò il suo coetaneo a casa a studiare in più di un’occasione e tutto andò bene fino al giorno in cui la ragazza ebbe la sciagurata idea di comunicare a sua madre che fra lei e Odoacre (così si chiamava il “fortunato”!) c’era qualcosa di più di una semplice amicizia!
Non l’avesse mai fatto!!!...
In men che non si dica, nel volgere insomma di qualche week-end, la poveretta si vide catapultata in una spaventosa situazione ad incastro che non le lasciava scampo.
La prima mossa da parte di donna Ines era stata quella di invitare i genitori di Odoacre a casa Martelli per un thè... e fin qui poteva anche essere una gentilezza accettabile...
Senonché dopo qualche tempo il colonnello Ignazio si allargò vieppiù nella manovra di inglobamento dell’altro nucleo familiare: decise di invitare la famiglia di Odoacre al completo, compresa la sorellina minore Teodolinda di soli tre anni, ad una giornata di pesca sul lago...
Questa fantastica idea coinvolse nella levataccia al mattino presto prima dell’alba ben nove persone e un quadrupede!
Dopo tale eccesso di “zelo cameratesco” da parte dei suoi genitori, che fu anche, forse a torto, ritenuto all’origine della successiva rottura sentimentale con Odoacre, Costanza e la sorella capirono che, se volevano sopravvivere a quella incredibile e granitica famiglia dove tutti si volevano un gran bene... dovevano fare un patto segreto: non avrebbero dato più ai loro “amati” genitori nessuna notizia circa le loro amicizie, né tantomeno li avrebbero informati delle loro relazioni sentimentali...
Nessun amico e nessun’ amica avrebbe mai più varcato la soglia di casa loro!...
E questo le aveva finora salvate!
ESPERIENZE NUOVE
Ignazio quindi viveva una situazione completamente nuova ed inaspettata ad essere rimasto da solo con il figlio... e se questo stesso evento si fosse verificato solo qualche giorno prima egli avrebbe reagito come al solito... cioè sentendosi tremendamente impacciato e non sapendo cosa dire...
Ora però si sentiva più leggero, dopo ieri sera s’intende...
e sull’onda di questa sensazione si fidò di quel che gli suggeriva il cuore e disse al figlio: <Perché mentre apparecchiamo la tavola non mi racconti tu che idea hai davvero di questa storia della prigioniera?... Sono curioso di conoscerla!...>
Tancredi non era abituato ad essere interpellato...
Di solito era lui che prendeva sempre la parola e si inseriva in ogni discorso... proprio perché gli adulti in genere non tenevano in gran conto le sue parole!...
Preso completamente alla sprovvista dalla domanda del padre, si grattò la nuca imbarazzato... stette un attimo in silenzio... e poi disse con sussiego:
<Sono contento che me lo chiedi!... Io penso che la prigioniera viene da un’altro pianeta, cioè lei vive su un altro pianeta dove sono tutti buoni e tutti si vogliono bene... ma dei cattivi terrestri l’ hanno rapita e l’ hanno portata qua da noi in un posto dove nessuno le vuole bene e lei si sente molto sola!!!> argomentò il pargolo accompagnando la sua avvincente ipotesi con un’intensa mimica facciale e un gran gesticolare.
Ignazio era stato ad ascoltarlo mentre infornava il pollo nel grill per riscaldarlo.
Ora, mentre lo estraeva, ormai pronto per essere servito, si sorprese a pensare: ...A parte i discorsi sul pianeta terra e sull’altro ipotetico pianeta... quello che aveva detto Tancredi non era poi completamente privo di senso... e inoltre la riflessione che lei doveva sentirsi molto sola in un mondo che le era estraneo denotava una grande sensibilità e acutezza da parte del figlio...
Era molto compiaciuto di notare questa capacità introspettiva nel piccolo, capacità che fino a quel momento gli era passata del tutto inosservata.
Assorbito completamente da questo ragionamento appoggiò la casseruola bollente sul tavolo senza preoccuparsi neanche di prendere il sotto pentola. Cose da pazzi! Se ne avvide tuttavia subito e rimediò immediatamente perchè non si rovinasse il tavolo di legno... tuttavia i suoi gesti erano fluidi e non si era scomposto più di tanto per tale distrazione.
...Sono cambiato... mi sento diverso!... E’ successo qualcosa di nuovo!... rifletté Ignazio.
Aprì quindi un sacchetto di patatine fritte che trovò nella dispensa, le dispose in una ciotola e si misero a mangiare.
C’era silenzio e mentre le mandibole di Tancredi lavoravano senza posa sul pollo, i neuroni di Ignazio si riposavano.
Erano come sospesi e immersi in una pausa rigeneratrice dopo tutti quegli avvenimenti che si erano svolti così convulsamente e che li avevano visti per la prima volta protagonisti nell’ideazione di nuovi percorsi mentali...
Alla fine del pasto, mentre Ignazio era intento a sbucciarsi una mela, squillò il telefono.
Andando a rispondere guardò per un attimo l’orologio alla parete del soggiorno: si erano fatte già le tre del pomeriggio, senza che se ne accorgessero... in effetti si erano messi a tavola piuttosto tardi!
Il colonnello sollevò la cornetta: era sua moglie che era felicemente atterrata ad Atene con le figlie e si era già sistemata all’albergo... Thavmàssios.
Da lei ebbe l’indirizzo e il numero di telefono dell’ hotel. Tuttavia al telefono donna Ines fu molto sbrigativa: era infatti già in ansia per l’aereo che dovevano prendere il marito e il figlio e fece loro mille raccomandazioni sulla puntualità... e naturalmente, inutile dirlo, sull’opportunità di accertarsi in maniera incontrovertibile, almeno questa volta, di chiudere bene a chiave la porta di casa!!!
Quando la telefonata terminò, Ignazio si ricordò che in effetti, prima di partire per l’aeroporto, avrebbe dovuto passare alla stazione dei Carabinieri per lasciare le chiavi e, già che c’era anche il nome dell’albergo e il numero di telefono...
Nella nuova dimensione emotiva in cui si trovava, se n’era completamente dimenticato!...
Sparecchiò in quattro e quattr’otto, lavò i due piatti, disse a Tancredi di andare a buttare i rifiuti ed entrambi furono pronti per uscire.
La consegna delle chiavi in caserma fu una vera e propria formalità e il colonnello Scrivani si complimentò addirittura con Ignazio per l’efficienza di donna Ines nella stesura della mitica “lista” che gli era stata recapitata quella mattina!
Un attimo dopo Tancredi e suo padre erano già saliti in auto con destinazione Aeroporto di Malpensa.
Avrebbero lasciato là la macchina parcheggiata, pronta al loro ritorno.
Arrivarono appena in tempo al check-in, e tutto avrebbe potuto andare alla perfezione... se non fosse stato per un’astronave di metallo che il piccolo fanatico aveva improvvidamente infilato all’ultimo momento nel proprio bagaglio a mano e che fece ovviamente tintinnare in contemporanea tutti i sistemi d’allarme predisposti per la sicurezza, mettendo in subbuglio la piccola folla che si apprestava al check-in.
<Cos’è che suona???> chiese tutta impettita una signora starnazzante in abito verde che se ne era stata buona buona dietro di loro in fila fino ad un attimo prima.
<Cosa vuole che suoni???> disse un sapientone che stava in piedi nella fila accanto alla signora vestita di verde.
Era un signore sulla settantina vestito come se stesse partendo per un corso di sopravvivenza nella giungla thailandese, ma assolutamente “firmato” da capo a piedi. <E’ senz’altro qualche furbastro che SE NE INFISCHIA delle nuove norme e ha dimenticato qualcosa di metallo nella borsa!...> continuò mettendo al corrente gli astanti delle sue deduzioni.
<Lo so io che cosa suona... Lo so io!!!> si intromise improvvisamente Tancredi destando lo stupore di tutti. <...E’ la mia astronave che ho messo nella borsa che fa suonare il METAL DIRETTOR !!! Io lo so!!!...>
La piccola folla in attesa del check-in si era girata verso il piccolo, e già stava sorridendo, ma egli non aveva ancora finito di stupirli...
Si mise le mani sui fianchi... si fece diventare le orecchie rosse e poi, rivolto al baldo settantenne che se la tirava sperando di sembrare più giovane, disse con estrema decisione: <Comunque... comunque io NON FISCHIO!!!>
A questo punto si misero tutti a ridere e il pargolo, ben lungi dal pensare che ridessero di lui, sorrise a sua volta a tutti... Ormai li aveva conquistati!!!
Tuttavia, chiarita la fonte metallica responsabile di aver fatto suonare l’allarme, bisognò poi convincere Tancredi ad abbandonare in aeroporto il velivolo spaziale, il che non era impresa facile...
La fortuna volle però che uno dei poliziotti di guardia, che aveva assistito a tutta la comica sceneggiata che si era svolta davanti a lui, fosse una persona particolarmente brillante e, presumibilmente molto amante dei bambini, per cui se ne uscì con questa frase:
<Senti caro... guarda... questo velivolo lo dobbiamo trattenere qui perchè il Grecia non te lo fanno entrare... là non gli piacciono gli extraterrestri!... Io ora ti rilascio una ricevuta con la mia firma e il timbro e quando tu torni qui a Malpensa vai col tuo papà negli Uffici della Polizia con questo foglietto e loro ti ridanno l’astronave!... Nel frattempo stai tranquillo perché la custodiamo noi!!!>
Tancredi rimase all’inizio perplesso: non sapeva bene se era il caso di fidarsi... o se lo stavano prendendo in giro... ma quando vide che il poliziotto compilava davvero un foglietto con la carta intestata della Polizia e ci metteva davvero sotto la sua firma si convinse e guardò l’astronave che passava dalle mani degli addetti al controllo a quelle del poliziotto senza battere ciglio.
Nello stesso momento aveva ricevuto nelle sue mani il foglietto della ricevuta, che ora ammirava come se fosse la fotografia dell’Imperatore di Marte in persona!!!...
Il poliziotto fece il saluto militare ad Ignazio e gli disse: <Quando torna venga davvero negli Uffici per ritirare l’astronave!>
E aggiunse: <Non avevamo mai fatto questo genere di servizi, ma da quando ci sono queste norme così restrittive... sa come sono i bambini... anch’io ne ho due... non si riesce mai a convincerli ad abbandonare i loro giochi e così succedeva, e come vede succede tuttora, che spesso arrivano qui al metal detector e si scoprono dentro i bagagli a mano macchinine, game boy, bacchette magiche elettroniche... e un sacco di altre diavolerie!...>
E continuò: <A loro dispiace sapere che vanno perse e non le avranno più così con i colleghi ci è venuto in mente di fare un piccolo deposito nei nostri Uffici... ma solo per i giocattoli dei bambini ovviamente!...> disse.
<...Ci mancherebbe altro che ci occupiamo anche degli adulti!...> continuò.
<Loro la legge la devono conoscere!...> concluse il poliziotto e ad Ignazio queste parole parvero fucilate... rivolte a lui personalmente, ma sorrise ugualmente e lo ringraziò per l’iniziativa.
Tancredi consegnò subito al padre la ricevuta: sembrava del tutto consapevole di avere in mano un documento importante e prezioso...
Dopodiché, senza ulteriori intoppi, ultimarono le procedure e finalmente salirono a bordo.
Una volta sistemati i bagagli il nostro impavido colonnello non vedeva l’ora che l’aereo partisse perché sperava di riuscire a schiacciare un minimo pisolino durante il volo, dato che tutti quei convulsi avvenimenti di cui si era trovato protagonista suo malgrado, e che per giunta aveva dovuto gestire senza la provvidenziale presenza della moglie, lo avevano provato non poco!
Una volta a bordo, se il ragazzino avesse avuto bisogno di qualcosa, ci sarebbe stata una hostess ad accudirlo e lui avrebbe potuto finalmente rilassarsi.
Tuttavia era presumere troppo da un viaggio in compagnia di Tancredi!!!...
Il volo in effetti fu piacevole ma tutt’altro che riposante!....
Occorre dire che, essendo i loro posti a sedere l’uno dietro all’altro, Ignazio aveva ovviamente preferito mettere il figlio davanti a lui, in maniera da poterlo controllare...
Dopo circa dieci minuti dall’entrata nel velivolo, una volta che furono ultimate le operazioni di sistemazione e dopo che ebbe minuziosamente ispezionato il suo sedile in tutti gli anfratti e gli scomparti segreti, cominciò ad attaccare bottone con la sua vicina di posto.
La signora, una bella donna sui quarantacinque anni, dall’aria molto elegante e signorile, sorrise compiaciuta che il ragazzino l’avesse presa così in simpatia da raccontarle i fatti suoi... e si predispose volentieri all’ascolto...
L’indomabile pargolo iniziò a raccontarle per filo e per segno, infiorandolo con la sua esuberante fantasia, il perché di quel viaggio ad Atene in compagnia di suo padre.
Ovviamente non c’era da preoccuparsi che un più vasto pubblico venisse a conoscenza della loro “missione segreta” perché i discorsi del bambino erano talmente infarciti di luoghi comuni sugli extraterrestri che nessuno avrebbe potuto credere ad una sola parola di quel racconto...
Non parliamo poi di quando si addentrò a conversare di messaggi cifrati scritti in codice... di una marziana rapita dai cattivi e tenuta prigioniera... di un’isola con la faccia di un uomo... eccetera eccetera.
In compenso il colonnello Ignazio, soprattutto all’inizio, si prese una valanga di complimenti per la stupefacente intelligenza e loquacità del suo marmocchio e per la sua fantasia... davvero senza confini!
<Beh, grazie...> diceva lui un po’ imbarazzato.
<...Una fantasia senza limiti... sì... è molto creativo!... Ha preso dalla madre!> continuò quasi scusandosi di non aver preso geneticamente parte alla produzione di cotanto figliolo!
Ma l’estasi dell’ascoltatrice fu di breve durata...
Dopo una buona mezz’ora infatti la vicina di posto dell’irrefrenabile pargolo si era già rimangiata in cuor suo le lodi indirizzate al bambino... e la sua disponibilità d’animo ad ascoltarne le gesta!...
Era già estenuata e sul suo volto si alternavano emozioni contrastanti che andavano da: “Ma non c’è un modo per chiudergli definitivamente la bocca?” a: “Beh...dài... in fondo sono fortunata... pensa se un marmocchio del genere mi fosse capitato sul volo Milano-Bombay che ho preso il mese scorso!...
Il padre di un così logorroico figliolo non poteva ovviamente far altro che ignorare spudoratamente le sofferenze morali della signora... tanto la sua situazione era senza via d’uscita! ... E il colonnello sapeva benissimo che Tancredi non avrebbe mollato la sua preda fino all’atterraggio ad Atene...
Ignazio quindi faceva di tutto per non incrociare neppure lo sguardo della povera vittima!...
Del resto sarebbe stato difficile zittire Tancredi intervenendo... perché parlava in modo gentile, non usava parolacce, non alzava il tono di voce e non faceva in alcun modo nulla di male... e sorrideva beffardamente...
Come sgridarlo quindi? Sarebbe stato impossibile!
D’altra parte era veramente un martello pneumatico e solo pochi “eletti” erano in grado di trascorrere indenni una mezz’ora con lui!...
Il tempo del viaggio passò più o meno abbastanza velocemente (a parte per la “fortunata” signora ovviamente!...) e finalmente, con gran sollievo di tutti, ad un certo punto il comandante disse che il tempo era sereno, la visibilità era buona e che erano prossimi all’atterraggio ad Atene.
La nostra “eroina”, che era riuscita a resistere accanto a Tancredi per tutto il volo, alzandosi solo due volte con la scusa di andare in bagno, si era sorbita l’interminabile narrazione delle gesta della marziana prigioniera e del perchè i cattivi l’avessero rapita... ma una volta giunta in prossimità dell’aeroporto di Atene non si contenne più e disse con spudoratamente falsa meraviglia, ma con voce ferma: <Oh! Che peccato! Siamo già arrivati!...>
Poi si riebbe dall’impeto di livore e continuò, porgendogli affettatamente la mano: <Signor Tancredi, Le auguro di riportare a casa sana e salva la sua prigioniera marziana; Lei mi sembra molto in gamba e sono certa che ce la farà!...>
Poi girandosi, volse lentamente lo sguardo al padre del bambino.
Era uno sguardo nel quale si mischiavano, sapientemente dosati: compatimento, ammirazione, odio puro e vari altri sentimenti fra loro in lotta, ma fra i quali emergeva incontrastata soprattutto la voglia incontenibile di scappare lontano... molto lontano!
E così avvenne: dopo un fugace cenno di saluto al genitore di cotanto figlio, la vittima designata del volo Milano-Atene delle 18.55 si dileguò nei labirintici corridoi dell’aeroporto di Atene e nessuno la rivide mai più!
Usciti all’aperto dopo aver recuperato lo scarso bagaglio dal nastro trasportatore, il colonnello Ignazio e suo figlio presero un taxi e, una volta saliti, il padre disse rivolto all’autista:
HOTEL THAVMASSIOS, grazie!...
E Tancredi ripeté: <Sì... sì: HOTEL T’AMMAZZIO!! Grazie!!>
Poi, rivolto al padre, mostrando sorpresa per le parole che lui stesso aveva appena pronunciato: <Ma papà...siamo sicuri che non ci succede niente di brutto in questo albergo?>
Era un vero peccato che l’autista ateniese, non conoscendo l’italiano, si perdesse quei capolavori di sottigliezza linguistica che la mente di Tancredi produceva a getto continuo!
Durante il tragitto e dopo che gli ebbe risposto tranquillizzandolo, il colonnello si sorprese a pensare, per la seconda volta nella stessa giornata, che forse forse il pargolo non era così sprovveduto come voleva far mostra di essere...
Poteva darsi che si rendesse perfettamente conto dei giochi di parole cui lui stesso dava vita e li creasse per il puro gusto di farlo e per saggiare le reazioni dei grandi, cosa quanto mai interessante...
Immerso nuovamente in queste considerazioni profonde e alquanto inquietanti sulle capacità intellettive del figlio, si rese conto quasi all’improvviso che stavano arrivando all’albergo...
Ignazio pagò l’autista, scesero dal taxi, presero le borse da viaggio dal bagagliaio ed entrarono nella hall.
Appena varcata la soglia videro subito donna Ines con le figlie. Erano scese proprio per aspettare loro e finalmente la signora si poté tranquillizzare...
Smise di fantasticare su drammatici quanto ipotetici incidenti aerei di cui non si era ancora avuta notizia e godette della presenza del resto della famiglia accanto a lei...
Ansia inutile quindi: erano di nuovo tutti riuniti!
E con dei programmi niente male: allettanti ed emozionanti!...
Tancredi era il più esaltato e si faceva prendere in braccio un po’ da tutti quando, proprio mentre era fra le braccia di Costanza, all’improvviso si irrigidì, come se due mani invisibili l’avessero tirato per tutta la sua lunghezza, protese il braccio destro con l’indice sguainato ad indicare un punto lontano, che solo il suo sguardo al raggio laser poteva individuare ed esclamò:
<Pooolllooo!!!... Ho fameee!... C’è il pooollooo!!!...>
Tutta la famiglia fu quindi costretta a girare lo sguardo verso quel punto lontano indicato dal figlio oltre la vetrata di fondo.
Le coordinate del luogo corrispondevano ad un vassoio sorretto da un cameriere, che stava viaggiando inconsapevole di cotanta attenzione dalle cucine in direzione della sala da pranzo.
Tancredi aveva ragione: sul piatto di portata era adagiato un pollo arrosto, o forse due, sprofondati in un letto di patate novelle al forno...
Per sedare le smanie mangerecce di Tancredi, dare un taglio alla sua performance e anche perché sarebbe stato un buon luogo dove discutere, decisero di accomodarsi in sala da pranzo, facendo portare in camera da un commesso dell’albergo, quel minimo di bagagli che avevano in mano.
Ignazio si accomodò ma si ricordò subito che doveva consegnare i suoi documenti alla reception e si alzò subito per portarveli.
Quando tornò in sala da pranzo, il pollo con patatine era già arrivato e Tancredi era già all’opera!
Il colonnello realizzò in quel momento che anche oggi a pranzo a Treguzio avevano mangiato pollo e gli parve eccessivo...
<Ma tu non ti stufi mai di mangiare il pollo Tancredi?> chiese Ignazio.
<No papà: è buonissimo!!!> rispose con veemenza il figlio.
La moglie e le due figlie si erano sedute chiedendo ai camerieri di portar via piatti e posate poiché avevano già mangiato. Dopo poco però ci ripensarono e si fecero portare due coppe di gelato e un dolce greco che avevano avvistato sui vassoi entrando nella sala da pranzo.
Donna Ines, mentre mangiavano, comunicò al marito che si era informata sul modo per andare ad Andros, e che non era necessario prenotare il traghetto... avrebbero potuto partire quando volevano ed è inutile dire che tutti loro... “volevano subito!!!”
Il colonnello ne fu molto felice perché, tra il trambusto delle due partenze separate, l’estenuante viaggio aereo con Tancredi e l’incombenza dell’inevitabile ritorno in Italia alla conclusione della “missione”, voleva subito andare al nocciolo della questione che era: scoprire chi aveva scritto il biglietto chiedendo aiuto a degli sconosciuti e perché l’aveva fatto.
I MARTELLI INDAGANO
Decisero che l’indomani avrebbero preso una macchina a noleggio, così avrebbero potuto sbarcare ad Andros con quella. L’isola infatti era abbastanza grande ed era probabile che dovessero girare un po’ all’interno prima di trovare ciò che cercavano!...
Quando salirono nelle camere per dormire erano tutti talmente stanchi nel corpo e nella mente che si gettarono quasi a peso morto nei loro letti e si addormentarono immediatamente.
La notte trascorse troppo velocemente in rapporto a quanto erano stravolti, e se fosse dipeso dalla voglia dei loro corpi di dare inizio alla giornata, decisamente sarebbero rimasti tutti in letto ad oltranza... ma per fortuna donna Ines, efficiente come sempre, aveva puntato la sveglia alle otto e quindi, tra un brontolamento e numerosi sospiri e stiracchiamenti, tutti quanti, chi prima chi dopo, misero i piedi giù dal letto.
Solo Tancredi continuava, come faceva di solito tutte le mattine quando si svegliava, a rimanere per un po’ ancora in un altro mondo e parlava e camminava e si vestiva, ma era decisamente da un’altra parte...
Oggi in particolare continuava a ripetere: <Ma io te l’avevo detto che era quella coi capelli verdi... te l’avevo detto... li aveva verdi!...>
Non si capiva di chi stesse parlando, ma sicuramente era un personaggio che aveva incontrato durante la notte e che, per tale ragione, era del tutto sconosciuto ai suoi genitori e sorelle...
Mentre scendevano le scale per andare a fare colazione un profumino insinuante di brioches appena sfornate risalì le scale mentre loro le scendevano e incontrò le narici di Tancredi facendole fremere di piacere... e fu così che le esigenze del suo corpo poterono quello che non avevano potuto le parole di sua madre e... lo riportarono immediatamente in questa realtà!!!...
Una volta terminata la copiosa colazione, uscirono dall’ hotel e, come avevano deciso il giorno precedente, passarono da un’agenzia indicata dall’albergo per noleggiare un’auto. Optarono per una macchina di un bel color azzurro-Grecia, tanto per rimanere in tema. Sarebbe stato esagerato definire quell’auto un “ultimo modello”, infatti... mostrava già, seppur dignitosamente, la sua bella età!...
Tuttavia aveva il pregio di consumare poco e di essere abbastanza capiente. La caricarono quindi di alcune scorte di vestiario perché non sapevano se avrebbero dovuto trattenersi la notte successiva ad Andros o ce l’avrebbero fatta a tornare...
Informarono dei loro programmi la direzione dell’albergo e ...si misero in marcia!
La meta era il porto di Lavrio da dove partivano i traghetti per Andros e ci volle circa un’ora di viaggio da Atene, ma finalmente arrivarono!
Presero i biglietti e poi parcheggiarono all’imbarco per Andros... la loro isola!!!
C’era molto vento e mare agitato... e, ovviamente, non c’era neanche la fila!..
Nessuna persona ragionevole in vacanza per puro piacere avrebbe deciso infatti di andare ad Andros proprio oggi con quel tempo... ma loro non erano in vacanza per puro piacere... o almeno non solo per quello!...
E, soprattutto ultimamente, non erano neanche molto ragionevoli!...
Una volta a bordo, se mai non l’avessero capito prima, non tardarono a rendersi conto del perché quel giorno il traghetto fosse stranamente vuoto...
A vedere come quella piccola nave passeggeri veniva sballottata in ogni direzione dalla forza del mare sembrava che Poseidone in persona, con il suo tridente, l’avesse inforchettato dal di sotto, nella parte della chiglia, e ora si divertisse come un pazzo ad agitare il forchettone in ogni direzione!...
Voleva forse ostacolare quella volonterosa famiglia di stranieri impedendole di risolvere il mistero!?!... Mah!
La traversata non era molto lunga come distanza, ma fu tuttavia alquanto problematica per gli stomaci di alcuni membri della famiglia... Qui nuotavano, amorevolmente congiunti, cibi tipici greci molto unti dei quali qualcuno aveva fatto addirittura il bis, insieme a normali hamburger con salse internazionali, del tipo reperibile in qualsiasi luogo del mondo con lo stesso identico sapore...
A dirla con franchezza gli unici due stomaci in grado di affrontare con sprezzo del pericolo la traversata erano quello di Ignazio e quello di sua moglie Ines.
I loro due cervelli lavorarono incessantemente durante il viaggio, impegnati nel vaglio delle possibilità che si sarebbero presentate loro al momento dello sbarco ad Andros e tutto il sangue che affluiva nella loro materia grigia fu necessariamente depistato dagli stomaci... per cui loro due furono gli unici ad essere preservati dalle vomitevoli conseguenze che coinvolsero il resto della famiglia...
L’arrivo ad Andros, o come la chiamano i locali “Hora”, capoluogo dell’isola, fu accolto con animo sollevato e contemporanea trepidazione da tutta la famiglia.
Erano lì... erano davvero lì... proprio in quel luogo!... Finalmente erano arrivati!..
Solo loro naturalmente sapevano perché avessero scelto quella meta turistica; solo loro sapevano di essere lì per una “missione”...
Nessun altro, guardando quell’allegra famigliola di italiani passeggiare sul lungomare, con le facce ancora pallide e stravolte per le nausee da traghetto, avrebbe potuto indovinare i loro propositi...
Camminarono senza meta per la cittadina, esplorando ogni via e gustando ogni scorcio panoramico e così trascorse qualche ora...
Ad un tratto, mentre camminavano lungo le viuzze della vecchia Andros, si accorsero che erano di quando in quando raggiunti da zaffate di odor di pesce, che definire “marcio” sarebbe stato forse offensivo, ma definire ”fresco” sarebbe stato decisamente troppo ottimistico.
In effetti le industrie per la conservazione del pesce erano numerose in città e gli scarti della lavorazione del pescato non erano sempre smaltiti con la sollecitudine necessaria, soprattutto tenendo conto che ci si trovava in un paese mediterraneo dal clima caldo e che si era in agosto!
Si trovavano in effetti vicini alla zona del porto...
Tuttavia il colonnello, la gentile consorte e tutta l’allegra famigliola aspiravano a pieni polmoni quell’odore nauseabondo, senza lamentarsene, poiché sembrava essere un’esplicita conferma, da parte dell’universo intero, che erano sulla pista giusta...
Ebbene sì: quell’odore che chiunque avrebbe voluto evitare, diceva loro che erano vicini a sistemare qualche ulteriore tassello del loro puzzle...
Solo Tancredi non era in grado di godere di quella “conferma olfattiva” e se ne andava correndo avanti e indietro per la via turandosi il naso ed esclamando con voce stentorea e a pieni polmoni: <Puzzaaaa!... Puzzaaaa!... Che puzzaaa!!!...>
<La zona deve essere proprio quella giusta!...> disse il colonnello Ignazio, grattandosi pensosamente la nuca incurante delle performances del figlio.
<Eh, si!...> confermò Ines sorridendogli.
Il sole stava cominciando a calare quando si fermarono davanti ad una specie di trattoria...
Non è che avessero consapevolmente deciso di sostare... è che i due coniugi Martelli e le figlie erano estasiati dallo splendido panorama del tramonto del sole che si tuffava nel mare azzurro e il piccolo Tancredi era invece come “teleguidato” verso quel luogo dal suo senso dell’olfatto che, fra i vari odori sgradevoli presenti nell’aria, gli aveva fatto individuare un intenso profumo di buon pesce fritto evidentemente cucinato in quel momento!...
Il ragazzino aveva quindi letteralmente trascinato il resto della famiglia davanti alla porta d’ingresso.
<Mangiamo qui caro?> disse Ines.
<Beh... vediamo che ambiente è... sai... siamo vicino al porto...> disse il colonnello Ignazio un po’ circospetto.
<Una cosa è certa: la cucina è buona perché Tancredi su queste cose non si sbaglia!...> proseguì poi ridacchiando.
<Vediamo poi quando abbiamo mangiato!...> dissero in coro Costanza e Prudenza, memori delle loro difficoltà digestive durante la traversata.
<Per capire se davvero la cucina è buona lo vedremo a seconda di quante ore ci metteremo a digerire ciò che ci preparano!> specificò Prudenza.
Il colonnello Ignazio si grattò la nuca dubbioso sul da farsi e poi, con piglio deciso, mise la mano sulla maniglia ed entrò.
All’interno il ristorante era estremamente accogliente.
Nell’aria fluttuavano odori di cibi vari che si miscelavano sapientemente con le chiacchiere dei commensali creando un connubio sonoro e olfattivo molto accogliente!
I muri erano dipinti con il classico azzurro greco e alle pareti non c’era praticamente un decimetro quadrato libero, perché ogni minima parte era coperta di quadretti a olio con scene marine, di oggetti delle tradizione locale e di strumenti musicali pseudo-antichi ormai incrostati dagli olezzi di unto quotidiani del locale...
C’era insomma tutto ciò che ci si sarebbe aspettati di trovare in un tipico ristorante greco in una tipica isola greca, compresa una gran quantità di turisti di ogni paese seduti ai tavoli.
I suoni che si levavano nella sala erano una composizione complessa di idiomi fra loro differenti, che si miscelavano nell’etere, diventando una lingua a parte, una lingua nuova, inedita ma armonica e piacevole all’udito, seppure del tutto incomprensibile.
I Martelli si fecero timidamente avanti nel locale sovraffollato... disperando di riuscire a trovare dei posti a sedere per loro...
In quel mentre tuttavia un gioviale signore con un grembiule bianco e un paio di baffetti alla Hitler davvero desolanti... si fece loro incontro.
<Italiani?> chiese premuroso. <Sì...> gli rispose Ignazio. <...Siamo cinque!> aggiunse subito dopo.
<No problema... trovare posti... Adesso trovare!> si rese disponibile l’oste.
L’uomo li condusse, attraverso un labirinto di tavoli occupati, ad un tavolo posto in fondo in un angolo, che era rimasto inspiegabilmente libero e che sembrava saltato fuori da un universo parallelo presente accanto a quello visibile a tutti.
Era come se si fosse materializzato all’improvviso, mentre loro procedevano verso quella zona del salone...
Dire che mangiarono splendidamente è dir poco; ora si spiegavano perché il ristorante fosse così pieno di gente: doveva essere una meta nota alle buone forchette e Tancredi, come al solito, non si era sbagliato!...
I coniugi Martelli, stanchi della concitata giornata e finalmente rilassati, innaffiarono abbondantemente quelle prelibatezze con vino greco per terminare con l’immancabile ouzo, il liquore di anice.
Anche il colonnello, solitamente così sobrio e parco, così lontano dagli eccessi mangerecci e soprattutto da quelli alcoolici, si era fatto trascinare da quell’atmosfera festaiola e godereccia e il dio Bacco, anzi il suo predecessore Dioniso, aveva stroncato anche lui.
Poiché l’ambiente si era rivelato ospitale e per nulla pericoloso, ma soprattutto perché a quell’ora tarda, con tutto quel ben di Dio in corpo, non avevano la minima voglia di cercare altrove dove dormire, decisero di chiedere all’oste se avesse per caso (ma era molto difficile) due camere per loro quella notte.
Il proprietario, che sembrava il clone greco del colonnello Ignazio, non tanto per la corporatura e i lineamenti, che erano completamente diversi, quanto per l’andatura marziale e il modo di gestire autorevole, si grattò pensosamente la nuca... anche in questo gli somigliava!
<Qui... pieno... no posto...> disse l’uomo. E si grattò ancora.
<Non so se va bene... voi venire... vedere... altra casa... no ancora a posto... casa nuova per filia che si sposa... non finita... camere belle!...> disse il proprietario in un fuoco di fila di parole.
Parlava in un italiano stentato, ma provvedeva a corredare la lingua con ampi gesti delle mani, come a confermare il contenuto delle parole.
I nostri eroi aprirono timidamente le braccia e alzarono quasi impercettibilmente le spalle, Ignazio ed Ines in sincronia.
<D’accordo! Veniamo a vedere!> disse Ignazio.
<Andiamo!> gli fece eco la moglie.
E la figliolanza seguì i loro passi nella notte.
Attraversarono una specie di cortile interno che metteva in collegamento il retro del locale ristorante con una palazzina a parte.
Sulle orme del proprietario, che si chiamava Stavros come disse loro appena arrivarono alla “casa non finita”, giunsero alla dépendance della locanda principale nella quale avevano mangiato.
Questa seconda casetta distava una ventina di metri dall’edificio padronale ed era veramente carina.
I muri esterni erano dipinti di rosa e sembrava proprio una casa delle bambole.
Stavros portava un mazzo di chiavi di circa un chilo appeso alla cintura e, con pazienza e destrezza, estrasse da questo abbondante ammasso di ferraglia una chiave più nuova delle altre, con la quale aprì la porta della casetta rosa.
All’interno c’era odore di pittura fresca e di mobili di legno nuovi, ma nell’insieme il profumo era di pulito e accogliente.
Alcuni locali erano arredati, altri no.
In una stanza al piano terra erano ancora ospitati sacchi di cemento e le porte di alcune camere che erano in attesa di essere infilate nei cardini. Su tutti i pavimenti del pianterreno poi, c’erano dei teli di plastica posati dagli operai che vi avevano lavorato e lasciati lì anche in seguito per non sciupare il lavoro fatto.
Stavros li fece salire al piano di sopra e lì la situazione era parecchio migliore. Era veramente tutto pronto, compresi i letti dotati di copri letti ricamati e le icone della Madonna alle pareti di ogni camera... una vera casa greca!
<Molto carino!> disse Ines girando su se stessa per ammirare le stanze da ogni prospettiva e facendo in tal modo gongolare il proprietario.
<Wow!... Che casa! > dissero Costanza e Prudenza.
<Veramente bella!> aggiunse Ignazio per non essere da meno.
<C’è anche la Playstation!... E il computer!...> si intromise Tancredi che sembrava sempre assente in certe situazioni, ma veniva attratto più di altri da alcuni particolari (soprattutto se si trattava di dispositivi tecnologici o di soggetti attinenti al cibo!)
Dove lo sguardo degli altri non si posava nemmeno, per la troppa fretta o l’eccessiva approssimazione, il suo invece sembrava essere inesorabilmente calamitato, come acchiappato da onde invisibili...
Alla parola “computer” le due sorelle si scambiarono uno sguardo interrogativo, come se qualcuno avesse pronunciato una parola magica e mentre Costanza si interrogava sul da farsi, o meglio sul “da dirsi” la sorella era già entrata in azione.
<Ma noooo!..> disse Prudenza abilmente ad alta voce, nel tentativo spudorato di indurre Stavros a parlare <...Non c’è il computer...tu sei fissato con i computer!...>
<Sì... sì... vero che c’è computer!... Ha ragione bambino!> disse il padrone della locanda con orgoglio e cadendo così nel tranello tesogli da Prudenza <...Computer giù ancora coperto da plastica, ma si vede che lui visto bene... si vede che lui piace tanto computer!...> rispose lesto Stravros intenerito da Tancredi.
<Qui in questa casa deve abitare mia filia quando si sposa con suo fidanzato di Andros...> disse risolutamente l’uomo, senza che nessuno gli avesse domandato alcunché sulla destinazione futura della casa.
<...Computer comprato per loro... sapete sono giovani!... E c’è anche macchina per... macchina per... per stampare!...>
<Ah sì... la stampante!...> disse con noncuranza Costanza strizzando l’occhio alla madre e alla sorella.
<Spero che voi stare comodi qui...> disse Stavros aprendo la porta di una stanza dalle incredibili pareti verdine... questa c’è letto grande per due... come dite voi?...>
<...Matrimoniale!> gli venne incontro Ines.
<Sì, sì...matrimoniale!>
Fecero qualche passo ancora nel corridoio e l’uomo aprì la porta di una stanza dipinta in uno stucchevole color rosa dicendo: <Questa camera per ragazze... va bene... piace?> disse sorridendo ammiccante come chi pensa di avere qualcosa di una bellezza sfolgorante da offrire.
<Sì... sì... piace... piace! > risposero in coro le ragazze piuttosto imbarazzate, sia per la gentilezza di Stavros che per l’incommensurabilmente brutta tonalità di rosa che trasudava da quelle pareti!...
<Può aggiungere un lettino per Tancredi nella nostra camera o in quella delle ragazze!...>
<Voglio stare con le mie sorelle!!!> si intromise il piccolo visto che la questione lo riguardava personalmente.
<L’erba volio.... come dice in Italia?...> si intromise Stavros sollevando l’indice minaccioso quasi a voler ammonire il bambino che si era permesso di dire la sua.
L’inesorabile pargolo gli sorrise in maniera disarmante, facendolo quasi vergognare di ciò che aveva detto...
Poi si volse verso gli autori dei suoi giorni e assumendo uno sguardo da cocker, orecchie da schnauzer e postura orante da mantide religiosa pronunciò le seguenti parole:
<Vero che io posso stare a dormire con le mie sorelle? Vero mamma?... Vero papà?>
Come sempre aveva vinto.
Nel frattempo si era fatto tardi e così si accordarono brevemente con Stavros sul prezzo delle camere e gli consegnarono il passaporto di Ignazio. Poi l’oste si allontanò verso la palazzina della locanda dicendo che andava a prendere le lenzuola pulite per tutti quanti. Ignazio, la moglie e il piccolo Tancredi salutarono il proprietario e salirono al piano superiore lasciando a Costanza e Prudenza il compito di occuparsi del ritiro delle lenzuola.
Le due sorelle accennarono dei passi per seguire Stavros attraverso il cortile, ma egli si schernì dicendo: <No... no... Non si preoccupa venire... Io porta lenzuola!...>.
Entrambe si fermarono quindi sulla soglia della casa rosa e lo aspettarono.
L’uomo tornò reggendo tra le braccia una quantità di lenzuola che sembrò loro esagerata... infatti c’erano anche gli asciugamani! Le presero in consegna senza battere ciglio, ringraziarono l’oste e lo salutarono. Poi chiusero la porta e si avviarono al piano di sopra...
Una volta salite e avendo visto l’oste dileguarsi attraverso il cortile ed entrare nell’altra palazzina le sorelle non si trattennero più: <Mammaaaa... papààà... vi rendete conto che hanno veramente un computer??? Potrebbe davvero essere QUEL computer... voglio dire... sì mamma... quello che ha scritto il messaggio che è arrivato da noi a Treguzioooo!!!>
<Sì... ci ho pensato anch’io!!!> rispose di rimando il padre <...Ma mi sembra davvero così esagerato... voglio dire una coincidenza così... eccessiva! Sarebbe roba da non credere!!!>
<Va beh, ragazzi...> si intromise Ines <Tanto siamo qui proprio per chiarire tutto... è inutile che ci pensiamo adesso! Domani mattina, a mente chiara, analizzeremo bene quanto è successo... ora propongo di pensare solo a dormire!>
<Va bene maa ’!> disse Costanza e Prudenza le fece eco.
Rifecero tutti i letti parlottando dei fatti successi... del computer... di quanto Stavros sembrasse “sospetto” a detta di qualcuno o non lo fosse per niente a detta di qualcun altro...
La stanchezza del viaggio, i residui di cibo, gli effetti dell’ouzo, tutto si sommava, delineando il quadro fisico dello sfinimento e della necessità assoluta e impellente di dormire...
Si sistemarono quindi nelle rispettive camere, pregustando un meritato riposo in quei letti appena usciti di fabbrica...
Nel giro di mezz’ora erano tutti in braccio a Morfeo, sfiniti ma felici.
MESSAGGI DAL CIELO ?
Il mattino dopo c’era il sole e di ciò si accorsero subito dopo l’alba, perché la sera prima, nella fretta di coricarsi, avevano dimenticato di chiudere le persiane ed ora gli sfolgoranti raggi ellenici battevano sui loro vetri invitandoli ad alzarsi.
<Già... è vero!... Abbiamo dimenticato di chiudere le imposte ieri sera!...> disse Ines stiracchiandosi e sbadigliando, ancora in preda al sonno più ostinato.
<Chiudile ora cara, per favore... che dormiamo ancora un po’... deve essere ancora presto... troppo presto... per svegliarsi!> si lamentò con voce impastata il coniuge.
<Sì...> disse lei. <...Vado a chiuderle anche dai ragazzi!>
Entrò senza far rumore nella camera accanto e trovò Prudenza che si era già sporta proprio per chiudere le imposte; ma mentre Ines era lì esattamente in piedi fra la camera e il corridoio, la ragazza ritirò il braccio che aveva proteso e aprì la mano.
<Da-daaan!!!...> disse, facendo il verso alle musiche di un film giallo; e nello stesso istante srotolò fra le sue dita un piccolo involto di carta a forma di bussolotto che aveva trovato fra due lamelle delle persiane.
<Cos’èèè?...> chiese la madre a bassa voce.
<Non lo sooo!...> le disse di rimando Prudenza con la stessa intensità di voce.
<L’ ho trovato adesso infilato nella persiana!...>
<Ma si può sapere cosa avete da bisbigliare come se fossimo in chiesa?> intervenne Costanza continuando a bisbigliare come madre e sorella e senza sporgere la faccia da sotto il lenzuolo per ripararsi gli occhi dalla luce incombente.
Poi, come capendo all’improvviso ciò che fino ad un attimo prima le era oscuro e passando ad un tono di voce molto più alto, esclamò: <Un biglietto infilato nella persiana?...>
Mentre pronunciava quelle parole era balzata a sedere saltando sul letto come usava fare Torquato nei momenti di sua maggiore eccitazione.
<L’hanno sparato con una cerbottana!> sentenziò Tancredi con competenza, dopo essersi svegliato in pochissimi secondi.
<Ignaaazioooo!...> bisbigliò la moglie all’orecchio del coniuge rientrando nella loro camera.
<C’è una cosa strana di là!...> continuò.
<Cosa c’è di strano adesso che io non possa sapere dopo?...> mormorò con voce accorata Ignazio.
<C’è un biglietto sparato con la cerbottana, papà!!!> specificò Tancredi.
<Mamma è in latino! Traduci!...> disse Costanza entrando come un siluro nella camera dei genitori.
<Mamma, mammaaaa, è scritto in latinoooo!!! Come l’altroooo!> aggiunse Prudenza seguendola a ruota <Però questo è scritto a manoooo!!!...>
<...Beh, non c’è bisogno che tu lo traduca... è facile!> dissero in coro subito dopo averlo letto le due sorelle.
Il biglietto, che era scritto con una biro blu in stampatello, diceva: PATER MEUS ME CAPTIVAM TENET. FER AUXILIUM!
La famiglia intera era allibita: erano ripiombati di peso tutti quanti a sedere sui loro letti e anche il colonnello Ignazio, che sembrava non volersi ancora alzare per nessuna ragione al mondo, era scattato giù dal letto, scostando le lenzuola con piglio guerresco.
<Non è possibile!... Ma vi rendete conto?> esclamò fremente Ines.
<...Questo vuol dire che noi siamo VERAMENTE nel posto giusto e che quella...> proseguì sollevando il braccio ad indicare la locanda <...quella... è veramente dipinta di giallo... è vicino al porto!... E’ queeeellaaa!...> continuarono tutti quanti la frase completandola insieme.
Tutto ciò che stava accadendo loro rasentava l’inverosimile: una trama così fitta di coincidenze era difficile ad immaginarsi... quindi doveva essere tutto per forza... VERO!
Erano realmente arrivati, per puro caso, nel luogo dove si erano proposti di arrivare: nella casa di fronte a quella dove loro avevano dormito, stava effettivamente una ragazza prigioniera, ma soprattutto... era QUELLA prigioniera, per liberare la quale si erano mossi dalla tranquillità di Treguzio, mobilitando mari e monti per riuscire a mettere in piedi questo prolungamento fittizio di vacanza...
Erano tutti galvanizzati da questa svolta della vicenda nella quale si erano calati.
L’unico deluso era Tancredi che fino all’ultimo momento in cuor suo aveva sperato che si trattasse veramente di liberare una marziana!...
Adesso il problema che si poneva loro era però arduo da risolvere.
Come avrebbero potuto pretendere di fare delle indagini? Loro, stranieri in quel luogo turistico, loro che non conoscevano la lingua, loro che non sapevano se a questo punto il signor Stavros fosse un normale ristoratore dell’isola di Andros o piuttosto un aguzzino in incognito che bisognava smascherare.
E se fosse stata vera la seconda ipotesi: era saggio per loro, tranquilla famiglia apparentemente in vacanza all’estero, era saggio proseguire le indagini da soli?
Ma... se avessero deciso di rivolgersi alla polizia, cosa avrebbero raccontato loro? Cosa si poteva raccontare loro?
Certo: non erano tenuti a raccontare il motivo della loro visita in Grecia. Avrebbero potuto parlare soltanto del biglietto recapitato per via aerea fra le lamelle delle persiane...
Ma era il caso di parlarne alla pubblica autorità?
E se poi fossero stati trattenuti dalle autorità greche per accertamenti?
O ancor peggio: se alla fine fosse venuta fuori la verità e cioè che loro erano arrivati per chiarire un mistero?...
E il fatto di metterne al corrente le autorità avrebbe poi aiutato la “prigioniera” o l’avrebbe danneggiata?
Con questi pensieri che affollavano le loro menti, i loro corpi affollarono d’istinto lo spazio antistante la finestra luogo del recapito per analizzare, con perizia balistica empirica, la possibile traiettoria del bussolotto col messaggio.
Ognuno naturalmente aveva la sua da dire.
<Secondo me viene da quella finestra che sta più in basso di noi> disse Ignazio, senza fare gesti indicatori scomposti, ma aggiungendo: <Vedi quella coi tendoni pesanti scuri tirati?...
Ti sembra possibile che al mese d’agosto uno abbia dei tendoni così pesanti tirati?... Secondo me è sospetto...> continuò grattandosi pensosamente la nuca.
Donna Ines annuì: <Hai ragione caro...è proprio sospetto!>
<Sentite...> si intromise Costanza <...Ma a voi sembra possibile che quel bonaccione del signor Stavros tenga prigioniera addirittura sua figlia?>.
<Sembra la trama di un romanzo dell’Ottocento!...> aggiunse Prudenza.
<Non corriamo alle conclusioni! > le rimproverò Ignazio.
<In realtà chi ci ha spedito il messaggio potrebbe essersi inventato tutto...
E poi... anche se fosse vero... non sappiamo in che termini questa ragazza sia tenuta prigioniera inoltre, in ultima analisi... può darsi che questo padre abbia i suoi buoni motivi!> aggiunse il colonnello.
<Buoni motiviii???> <Ma papà... è una folliaaaa!!!...> dissero in coro Costanza e Prudenza.
<Bisogna vedere... magari non sono i cattivi ad averla rapita ma è lei che è cattiva!....> intervenne con fare competente Tancredi.
<Va beh...> si intromise Ines <Ora è inutile disquisire di queste cose!>
<Non sappiamo neanche se tutte le nostre congetture hanno un fondo di verità...> proseguì la donna.
<Io per il momento direi che la cosa più importante è fare assolutamente finta di niente con Stavros quando scendiamo oggi a far colazione!> disse Ines.
<Io potrei chiedergli, come turista, se un domani l’anno venturo volessimo venire qui in vacanza se ha delle camere da affittarci... insomma: vedrò di farlo parlare, se riesco, dell’edificio principale, quello del ristorante...> propose Ignazio.
<Se poi riuscissimo a indurlo a farci visitare i piani superiori...> aggiunse Ines.
<Sì, sì, scendiamo a fare colazione. Ho fame!...> recitò in tono supplicante Tancredi.
Queste parole magiche fecero sì che tutta la famiglia si dimenticasse che erano in realtà solo le otto del mattino, che loro erano in vacanza e che, essendo molto stanchi della giornata precedente, avrebbero avuto mille buone ragioni per poltrire a letto almeno un’altra oretta.
Si lavarono in stato catatonico in un bellissimo bagno completamente nuovo, usando il sapone che si erano portati dall’Italia perché il bagno non era stato ancora rifornito del necessario, visto che la casa non era ancora abitata.
Ognuno si vestì per conto proprio in un silenzio tombale, dettato più dal sonno che dalla profondità dei pensieri che attraversavano i loro cervelli.
L’intontimento era tale che il colonnello Ignazio stava quasi per infilarsi la scarpa destra sul piede sinistro e viceversa... una cosa davvero per lui impensabile!
Quando si furono resi presentabili scesero le scale in silenzio, attraversarono il cortile che li separava dall’edificio giallo dove c’era il ristorante e vi entrarono cautamente.
Il loro arrivo così mattiniero non era per nulla atteso e provocò un certo scompiglio al signor Stavros che non si era ancora infilato il grembiule da lavoro, ai due vecchi pescatori che già a quell’ora bevevano l’ouzo seduti ad un tavolo e soprattutto a quella bella ragazza che era intenta a lavare il pavimento del ristorante...
<Ci spiace...> disse Ignazio. <Siamo arrivati un po’ presto... ma sa... con questa luce che avete voi qui in Grecia già al mattino... é impossibile continuare a dormire!... E poi... volevamo vedere la vostra isola prima che arrivino tutti i turisti giornalieri con i traghetti... insomma volevamo visitarla in tranquillità!...>
<Bene, bene... buona idea!...> sorrise Stavros e proseguì: <Vi presento mia filia Heleni, “luce dei miei occhi” come dite voi in Italia... vi porterà lei colazione!>
<A proposito... caffè italiano o greco?...> chiese l’uomo scompisciandosi dalle risate.
<Voi volete caffè italiano vero?... Caffè greco solo per greci, eehh?!?...>
E giù ancora a ridere!
<Sì... meglio caffè italiano!> confermò donna Ines. <Per il resto ci piace la colazione greca... olive... formaggio e tutto il resto... grazie!...>
Si sedettero ad un tavolo e si guardarono.
Tancredi, che con l’intuito arrivava dove la sua mente ancora non poteva, disse abbastanza ad alta voce: <E’ lei la cattiva?>
Per fortuna la parola “cattiva” non tradiva nulla dell’intera vicenda, anche se qualcuno lì intorno avesse compreso l’italiano.
Donna Ines tuttavia si premurò di spiegare subito al figlio che per il momento era meglio che tacesse su quella questione e che poi gli avrebbe spiegato il motivo appena usciti dal ristorante.
Tancredi obbedì perché in queste cose si rivelava molto maturo e poi i genitori in effetti gli spiegavano sempre tutto e quindi... tacque.
Quando il caffè italiano e la colazione greca furono pronti, la bella ragazza mora si avvicinò al loro tavolo sorreggendo il vassoio e sorridendo mentre camminava.
La signora Martelli aveva fatto proprio bene ad istruire il figlio al silenzio: quando l’aveva fatto non poteva supporre nemmeno lontanamente quanto quelle raccomandazioni si sarebbero rivelate indispensabili in seguito, quando appunto arrivò la colazione al loro tavolo.
<Kalimera!> disse la ragazza sorridendo.
<Monete publicos ministros!...> aggiunse appoggiando il piattino con le olive sul tavolo e sorridendo ad Ines.
<Pater me captiva tenet...> disse ad un Ignazio allibito mentre gli appoggiava davanti la tazza col caffè, continuando a sorridere.
<Ego amo iuvenem Turcicum...> e un altra tazza di caffè si adagiò sulla tovaglia...
<Pater non vult!> finì di dire mentre appoggiava in sequenza il formaggio, i pomodori, i cetrioli, il pane e la salsa tzatziki. <Monete publicos ministros!>
Sorrise di nuovo molto intensamente, ma i suoi occhi erano tristi; fece un buffetto sulla testa a Tancredi e si allontanò dicendo in un italiano stentato: <Buo-na va-can-za!...> e chiedendo aiuto con lo sguardo.
<Efaristò!> le rispose in coro la famigliola.
<Para kalò!> disse lei con un semi-inchino mentre si allontanava dal tavolo.
Appena furono di nuovo da soli, di fronte a quella sontuosa colazione, fra il profumo di pane tostato e i vapori del caffè, i coniugi Martelli e le figlie si squadrarono.
<...La tiene davvero prigioniera il padreee...> sussurrò Ines quasi sibilando ma non ebbero tuttavia il tempo di dirsi altro perché Stavros si avvicinò a loro, prese una sedia dal tavolo vicino e si sedette a parlare...
<Visto mia filia?... Bella ragazza... brava... ”luce dei miei occhi”...>
“...Come diciamo noi in Italia...” pensarono tutti, ma tutti tacquero.
<Lei... tempo quattro mesi sposa bravo giovane di Andros... buona familia... e va abitare in casa che voi avete visto... bella casa vero?>
Stavros aspettava apprezzamenti sulla casa; Ines lo capì e realizzò anche che forse solo dopo averli ricevuti c’era una speranza che se ne andasse dal loro tavolo e li liberasse di quella compagnia non richiesta; quindi disse: <E’ veramente bella, signor Stavros... case così ben fatte ed eleganti se ne vedono poche... anche da noi in Italia al giorno d’oggi!...>
Ottenuti i complimenti sulla casa l’uomo, appagato dal fatto che anche degli stranieri così perbene come a lui parevano, apprezzassero gli sforzi da lui fatti per la casa della figlia, si alzò, ripose la sedia sotto il tavolo vicino e si allontanò, non prima di aver detto, allargando a più riprese le braccia: <Scusate... io faccio noia voi con mie storie di familia... però... mia sola filia (e si portò la mano sul cuore) dopo che morta sua madre... (e tirò fuori un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni), io volio lei molto bene... lei “luce...> e rise di se stesso fra le lacrime che aveva sparso prima, rendendosi conto che andava ripetendo sempre la stessa frase.
I coniugi Martelli, che avevano ascoltato tutto quel monologo senza perdersi neppure una parola, gli sorrisero con umana comprensione e gli fecero un cenno affettuoso con la mano mentre si allontanava dal loro tavolo.
Rimasti di nuovo soli, Costanza, masticando con gusto pane e olive, si rivolse a tutti dicendo: <Qui cose non quadrare... qui essere molte cose strane!...>
<Sì... unica filia...> si intromise Prudenza <...unica filia lui tenere prigioniera perché luce dei suoi occhi dovere sposare chi lui decide...>
<Me non sembrare cosa giusta, anche se padre sembrare buono... lui fare cosa non giusta...> si sentì in dovere di dire Tancredi entrando nella parte, tanto per non essere da meno delle sorelle.
<Padre padrone> sentenziò Ines.
<...Come nell’Ottocento!...>
<Sentite... ora mangiamo... facciamo vedere che mangiamo e intanto ne parliamo!...> concluse Ignazio prendendo in mano la situazione, nonché una fetta di pane che provvide con cura a spalmare di formaggio fresco di capra.
<...Poi...quando usciamo prendiamo una decisione sul da farsi!...> proseguì, mentre già masticava il suo succulento bottino.
Conclusero in fretta la colazione, ringraziarono l’oste con le solite frasi di circostanza su quanto fossero buoni i cibi greci e uscirono, mentre Heleni li guardava allontanarsi, con gli occhi tristi chini verso terra e Stavros con ampi gesti della mano diceva loro: <Noi vediamo a pranzo... buona passeggiata!...>
<Buona passeggiata un accidenti!!!...Dopo quello che abbiamo saputoo!!!...Che storia incredibile!...> esordì Ignazio appena furono fuori dal locale e dalla portata uditiva dell’oste.
<Ma vi sembra possibile?> proseguì Costanza.
<Non è “possibile” é “così”!> sentenziò Prudenza.
<Lei è innamorata di un ragazzo turco e il padre gliene vuole far sposare ovviamente uno greco... Ci saranno di mezzo ragioni religiose presumibilmente... o forse economiche... anche se Stavros non mi sembra una persona particolarmente attaccata ai soldi... avete notato che ieri sera ci ha chiesto una cifra ridicola per le camere? No... no... dev’essere proprio una questione di principio!...> rifletté Ines, esponendo queste ipotesi tutte d’un fiato.
<Ma... scusatemi...> proseguì Prudenza.
<Io... c’è una cosa che più delle altre non capisco... Perché la ragazza avrebbe messo un bigliettino in un oggetto che era in partenza per l’Italia?... Non poteva spiegare a qualcuno qui in paese il suo problema?... Non aveva qualche parente o amico di famiglia che poteva aiutarla?... Insomma: perché non ha chiesto aiuto qui?> continuò la ragazza.
<Già!... E tu pensi che qui gli stiano simpatici i Turchi qui in Grecia... con tutta la questione dell’Isola di Cipro che è divisa fra Greci e Turchi e nessuno è ancora riuscito a farli mettere d’accordo?...> sentenziò con competenza storica Costanza.
<E poi ci sono questioni anche più antiche fra Greci e Turchi!... Sì... decisamente quello che dice Costanza potrebbe essere vero: è probabile che questa sia una ragione in più perché il signor Stavros non voglia che “la luce dei suoi occhi” sposi un Turco...> confermò donna Ines.
<Ma perché?...> intervenne Tancredi, che fino a quel momento era stato zitto ad ascoltare <...Greci e Turchi sono come gli Indiani con i cowboys?...>
<Ehm... più o meno!...> rise il colonnello. <...Però il paragone rende l’idea!...>
<Insomma...> proseguì Ignazio. <...La ragazza ha voluto avvertire della sua situazione quell’italiano di Lecce che d’estate abita qui... questo mi sembra assodato!... Ma a questo punto mi domando: perché proprio lui?... Con tutti gli italiani che circolano in quest’isola... è questo che non capisco!...> argomentò il colonnello più che mai intrigato dalla risoluzione di quell’ enigma.
<Forse lui è un po’ diverso... un po’ speciale rispetto agli altri... sai è un artista!...> azzardò Ines.
<Comunque adesso almeno abbiamo capito che almeno lui non è un cattivo... ecco!...> si intromise Tancredi.
<Vero!... Bravo Tancredi!> lo gratificò Costanza. <Hai ragione!>
E proseguì: <Comunque non abbiamo capito perché lui e non un altro...>
<Fa lo scultore... dovrebbe significare qualcosa questo?> domandò speranzosa Prudenza.
ANDROS CHIAMA – LECCE RISPONDE
<Scusate, ma perché non gli telefoniamo a questo scultore di Lecce, visto che eravamo riusciti a recuperare il numero di telefono... e non glielo chiediamo direttamente perché questa ragazza ha chiesto aiuto proprio a lui?> disse tutto d’un fiato Ines.<Adesso per lo meno sappiamo che di lui ci si può fidare...> argomentò Ignazio.<E direi che a questo punto gli si può raccontare anche l’altra parte della vicenda... quella del biglietto segreto che gli avevamo taciuto nel telegramma... in fondo non è un cattivo!...> aggiunse grattandosi la nuca e facendo il verso al figlio, che per fortuna non sentì.
Tutti sorrisero e si avviarono verso una cabina telefonica, cioè nella zona del lungomare, dove ne avevano viste parecchie il giorno prima.
<Certo che come scultore ne ha di fantasia quel tizio se fa le cose che sono capitate in casa a noi!...> disse Ines borbottando fra sé e sé, mentre si avviavano a passo spedito verso la zona dei telefoni.
<Eh sì... dev’essere un tipo originale!...> annuì Ignazio.
C’era qualche persona in fila ai telefoni e così si sedettero su di una panchina a guardare il mare, non perdendo di vista la cabina telefonica, dove Costanza si era offerta di far da palo per conservare la precedenza.
Il colonnello intanto si era fermato in una gelateria ad accontentare Tancredi che aveva visto il cartello pubblicitario di un gelato a forma di Ufo e non si poteva proprio negarglielo dopo che si era comportato così bene per tutta la giornata... riuscendo anche a tacere quando era necessario!
Quando venne il loro turno di entrare in cabina, donna Ines estrasse dalla borsetta l’agenda e da dentro l’agenda un bigliettino un po’ spiegazzato con i dati anagrafici e il numero di telefono del mitico signor Orazio Marcelli di Trepuzzi – Lecce!
L’incarico di contattare lo scultore fu affidato all’unanimità al capofamiglia, il quale compose la sequenza numerica e rimase in attesa di suoni provenienti dall’altro capo del filo... ma dall’altro capo del filo arrivava solo il segnale di “occupato”!...
<Evidentemente non c’é nessuno in casa in quel di Trepuzzi a quest’ora!...> rifletté Ignazio allontanando la cornetta dall’orecchio.
<Papààà! Ma noi siamo fuori proprio tutti quanti come... delle antenne paraboliche!!! Lo sai che ore sono adesso in Italia?...> ebbe il tempo di dire Costanza.
<Sono le nove meno un quarto del mattino!!!> le fecero eco Prudenza e la madre.
<E’ ovvio che non risponda nessuno!... Avranno anche staccato la linea! Che idioti che siamo!!!> disse in rapida sequenza Ignazio.
Decisero quindi di ritentare magari dopo pranzo e optarono per un lungo giro attraverso il paese.
Non era ancora molto caldo perché era mattino presto e camminare era davvero piacevole!...
L’isola di Andros era molto grande e loro si trovavano ora ad Andros Città, detta dagli abitanti locali Hora.
Dal punto di vista delle bellezze naturalistiche era abbastanza diversa da altre isole greche in quanto era molto verdeggiante, con sorgenti di acque minerali e anche ombreggiata per larghi tratti... ma le spiagge non erano numerose come in altre isole...
Tuttavia c’erano da vedere siti interessanti come i resti di una fortezza costruita dai Veneziani e altre cose...
Loro tuttavia non potevano occuparsi di fare i turisti, ma solo godersi una semplice bella camminata...
Allungarono quindi di parecchio la strada e con gran piacere, perché era un vero godimento passeggiare per quelle stradine...
Arrivarono quindi alla locanda di Stavros, dove erano attesi, giusto in tempo per il pranzo.
Stavolta si tennero “leggeri” e nessuno chiese il bis di alcunché, nonostante le vivande fossero come sempre ottimamente preparate.
Non volevano trattenersi troppo nel salone per paura che l’inesorabile Stavros, che ormai li amava alla follia, (avesse saputo il vero motivo di quella loro vacanza?!?!) si accozzasse al loro tavolo raccontando ancora della “filia”...
In effetti ogni volta che lui prendeva a parlare con loro, essi erano un po’ in allarme per la paura di lasciar inavvertitamente trapelare durante la conversazione qualche elemento che potesse fargli sospettare qualcosa circa il reale proposito della loro visita ad Andros...
Inoltre non volevano che il riposo digestivo fosse troppo lungo: avevano mille programmi per quel pomeriggio e avevano quindi intenzione di mantenersi lucidi.
Dopo pranzo si rintanarono volentieri nelle loro camere per sfuggire all’inclemente sole greco, fare il punto della situazione e soprattutto per sdraiarsi sui letti a leggere i capolavori imperdibili della letteratura che avevano provveduto ad infilare il valigia prima della partenza... Diabolik: Il genio della rapina, oppure Tex Willer: La montagna maledetta, o ancora Missioni impossibili: Ricordando Pearl Harbour...
Solo donna Ines non poteva dedicarsi a letture personali, in quanto impegnata a leggere a Tancredi: I Vendicatori venuti da Saturno.
A pomeriggio inoltrato, quando i raggi del sole erano divenuti più clementi, si decisero ad uscire per ritelefonare a Marcelli, dicendo a Stavros che avrebbero cenato fuori.
L’oste fece segno con la mano sul cuore (era sempre molto plateale nelle sue manifestazioni!...) che gli dispiaceva molto, ma poi sorrise e disse: <Bene... bene lo stesso: buona cena!>
Ritornarono quindi verso la passeggiata a mare dove c’erano le cabine telefoniche e non fecero neanche tanta fila perché a quell’ora i turisti rientravano stancamente alle case o agli alberghi dopo un pomeriggio trascorso in spiaggia... Erano carichi di ombrelloni, salvagente, asciugamani, borse con creme di ogni tipo e pensavano solo a rientrare per farsi una doccia e non certo a telefonare...
Questa volta la telefonata ebbe un immediato riscontro.
In capo a pochi secondi la risposta giunse in fretta dall’altro capo del mare fino alla sperduta Andros.
<Pronto?... Sì, sono il signor Marcelli... Orazio Marcelli!... Ah sì, caro signore!... Ho capito chi è lei... quello dell’equivoco delle buste... quello dei miei mobili!... Sì, ho ricevuto il vostro telegramma, ma non mi aspettavo una telefonata cosi a breve!...>
<Ah guardi signor Marcelli... neanche noi ci aspettavamo di chiamarla così presto... e lei non si immagina neanche da dove la sto chiamando!...> proruppe tutto eccitato Ignazio.
<Non mi chiama da Lecco?> disse Marcelli.
<Assolutamente no!> rispose Martelli.
<La chiamo dall’isola di Andros in Grecia!> spiegò.
<Ma noooo!... Quella dove io e mia moglie Hiroko abitiamo d’estate!...> replicò Marcelli assolutamente incredulo alla notizia.
E dopo qualche secondo domandò: <Ma scusi... non per sapere i fatti suoi... ma lei cosa ci fa lì?...>
<Ecco... appunto... siamo venuti qui...> Ignazio non sapeva proprio come proseguire.
<Siamo venuti qui... seguendo una pista!> disse dopo qualche istante il colonnello, quasi perplesso di se stesso.
<Nelle sculture che ci sono state erroneamente recapitate (non ebbe il coraggio di dire che alcuni pezzi si erano rotti ed era per quello che avevano trovato il messaggio!) abbiamo trovato un messaggio di richiesta di aiuto...> spiegò Ignazio.
Silenzio sospeso dall’altra parte dell’Adriatico...
<All’inizio non capivamo chi ce lo mandava, né da dove... ma poi siamo risaliti all’isola di Andros... e siamo venuti qua... io con la mia famiglia per fare delle indagini> disse un po’ imbarazzato il colonnello Martelli.
<Ohhh... ma che trama interessanteeee!> esalò Marcelli dall’altro capo del filo quasi senza fiato.
<Ma non è una trama... è la realtà!> rettificò quasi risentito Ignazio.
<L’ ho sempre pensato che la vita è un romanzo!> disse di buon umore Marcelli, e proseguì:
<Pensi che io ho conosciuto mia moglie durante un viaggio in Giappone, dove ero andato per approfondire una tecnica pittorica particolare, e suo padre non voleva lasciarmela sposare perché noi occidentali non abbiamo in casa l’Altare degli Antenati e lui non poteva dare sua figlia ad un uomo che non ha rispetto delle tradizioni!> raccontò d’un sol fiato Orazio e aggiunse: <E c’è voluto del bello e del buono per fargli cambiare idea e molto tempo... e pazienza... e poi lei dice che la vita non è un romanzo?> concluse Orazio.
A quel punto inutile dire che i neuroni di Ignazio, che da qualche giorno “stavano riprendendo quota” per dirla in gergo aeronautico, lavoravano come operai alla catena di montaggio...
La storia del Giappone gli aveva aperto una porta alla comprensione... anzi no... non era una porta... era molto più grande... era un portone!...
Erano le porte del Paradiso!...
Ad un tratto aveva capito tutto.
<Ecco perché ha scelto leiiii... ecco perché ha scelto leiiii!> esclamò quasi rigurgitando nel microfono del telefono il colonnello Ignazio.
<Ha scelto me?... Chi ha scelto me?... Certo che mia moglie ha scelto me!... Ma lo sa che lei è un tipo davvero originale signor Martelli?> disse all’altro capo del filo Orazio.
<No... no... non mi sono spiegato bene... perché lei non sa tutta una parte della storia> disse Ignazio.
<Qui ad Andros c’è una ragazza che si chiama Heleni ed è la figlia...> si apprestava a spiegare Ignazio.
<Sì, sì ho presente... la figlia del signor Stavros... lo conosco molto bene... apprezza molto le mie sculture... ma che c’entra scusi?> chiese curioso Orazio.
<La signorina si è innamorata di uno straniero... e il padre è contrario...> spiegò con pazienza Ignazio.
<Scusi ma noi che cavolo c’entriamo?> domandò Marcelli.
<C’entriamo, c’entriamo...!> argomentò il colonnello.
<...O almeno... c’entra lei con la sua moglie giapponese!...>
<Mia moglie Hiroko?...> domandò il leccese sempre più stupito.
<Ma sì!... E’ per quello che ha pensato di rivolgersi a lei, la ragazza che ama lo straniero... Perché lei è amico di suo padre... suo padre la stima e inoltre lei ha sposato una di un’altro paese... quindi lei può aiutarla a convincere il padre... a fargli capire che l’amore non ha confini!...> si sorprese a dire Ignazio, quasi declamando dei versi.
<Che bella storia romantica... vero signor Orazio???... disse dentro alla cornetta donna Ines strappandola di mano al coniuge con un ampio sorriso, che non modificava di una virgola la perentorietà del gesto.
<Eh già!... Ora capisco!... Ora capisco tutto!...> disse come fra sé e sé Orazio.
<Sa cosa faccio?> disse dopo una breve pausa, che doveva essere stata di riflessione.
<Anzi... sa cosa facciamo io e mia moglie? Veniamo lì ad Andros domani!... Quando racconterò a mia moglie questa storia... che sembra la nostra storia... non potrà resistere! Vorrà partire ancor prima di me!> proseguì.
<Vediamo se possiamo fare qualcosa per questa ragazza e per il suo innamorato... che romanzo!... Che romanzo!> insisteva esaltato Marcelli.
<...A proposito, colonnello Martelli> disse poi Orazio come in un sussulto.
<Siamo sicuri che non è un delinquente questo straniero?> proseguì.
<Scherzavooo!!! colonnello. Non ne sappiamo niente né lei né io, quindi verificheremo di persona!> affermò Orazio deciso.
<Va bene!...> replicò un po’ disorientato Ignazio. <Allora vi aspettiamo! Siamo nella locanda di Stavros... è inutile precisarlo!>
<Al piacere di conoscerci allora signor... anzi colonnello Martelli!... ahh... dimenticavo... mi lasci il suo numero di cellulare per contattarla quando arriviamo lì. Non posso certo chiedere a Stavros di lei ovviamente, le pare? Noi ufficialmente non ci conosciamo, per lo meno per adesso!>
<Certamente Marcelli... lei è un genio!> lo gratificò Ignazio.
Gli dettò il numero e poi: <A presto allora! Buon viaggio a lei e alla sua signora!> spiaccicò Martelli, un po’ sbalestrato dallo svolgersi scoppiettante degli avvenimenti.
Inutile dire che il colonnello Ignazio uscì dalla cabina telefonica con una faccia diversa da quella che aveva quando vi era entrato: sembrava fosse stato in un salone di bellezza: tutti i suoi lineamenti si erano distesi e sprizzava letteralmente gioia da ogni poro...
Quando si era lasciato convincere a partire per la Grecia dalla sua allegra famigliola mai e poi mai avrebbe pensato di trovarsi al centro di una vera avventura... e per di più adesso si stavano aggiungendo altri partecipanti fino a quel momento completamente sconosciuti!...
La cosa si faceva avvincente: se gliel’avessero raccontata una storia del genere non l’avrebbe mai creduta... e poi il fatto che stesse capitando proprio a lui... questo addirittura lo faceva fibrillare in ogni cellula!...
Naturalmente, anche se tutto il resto della famiglia aveva in qualche modo seguito la telefonata, appena uscito il padre-marito-colonnello dovette raccontarne per filo e per segno i dettagli: ciò che aveva detto lo scultore, la vicenda della moglie giapponese, ciò che aveva replicato Ignazio, le considerazioni del signor Marcelli circa l’imprevedibilità della vita e la sua realtà romanzesca, ecc. ecc...
Quando ebbero terminato di confabulare e tutti furono al corrente dei dettagli, decisero di sedersi in un bel bar-gelateria dove avrebbero preso qualcosa di leggero tipo crêpes, panini o gelati perché in fin dei conti avevano anche bisogno di far prendere ai loro stomaci una salutare pausa dalle cose troppo unte.
Poi, con calma, si avviarono per tornare alla locanda...
Ora passeggiavano davvero col cuore più leggero e si godevano la fresca aria della sera in quel posto incantevole.
Era quasi mezzanotte quando rientrarono da Stavros e naturalmente fecero gli indifferenti: dissero che erano abbastanza stanchi e descrissero fin nei minimi particolari la passeggiata che avevano fatto quella sera, nell’intento di accontentare l’oste che era sempre molto premuroso nei loro confronti... ma anche col tacito obiettivo di tenerlo ben lontano da argomenti più scottanti...
Salutarono quindi con gentilezza e si avviarono verso le loro camere.
Erano molto eccitati, tutti e cinque al massimo grado... e fecero addirittura fatica ad addormentarsi...
L’indomani mattina dormirono fino a tardi perché quella notte si erano finalmente ricordati di chiudere le persiane e quindi la luce del sole non li svegliò all’alba, anzi...!
Quando si decisero a mettere giù i piedi dal letto erano ben le undici del mattino... Ma del resto: che cosa avrebbero dovuto fare oggi? Niente al cubo!
Di lì a poco sarebbero arrivati ad Andros lo “scultore romantico” (così l’aveva soprannominato donna Ines) e la moglie del Sol Levante... Che bella compagnia!...
Decisero quindi che era il caso di trascorrere la giornata nella nullafacenza più spudorata... e qual’è il luogo più adatto alla nullafacenza?
La spiaggia ovviamente!!!
In fondo non erano turisti in vacanza?...
Si brasarono quindi volenterosamente sotto i raggi ellenici, bevendo limonate fresche e ingurgitando ciambelle fritte e zuccherose, intorno alle quali svolazzavano impuniti nugoli di vespe intontite dal caldo.
Alla sera i Martelli sembravano aragoste bollite ma in compenso erano felici come canguri il giorno del primo salto, perché sapevano che ormai mancava poco alla conclusione dell’intera storia, che speravano ovviamente favorevole... con lo scontato coronamento del sogno d’amore, come in ogni romanzo d’appendice che si rispetti!...
Salirono quindi col cuore leggero nelle loro stanze e dormirono come faraoni dentro il loro sarcofago!..
Furono svegliati il mattino seguente, verso le dieci (“un’ora più che decente per svegliarsi in vacanza!” sottolineò il colonnello) da una frase che udirono risuonare nel cortile: <Ah... dottor Marcelli... signora!... Come mai? Noi non aspettava voi... così non preparato niente... niente di speciale da mangiare!...>
I Martelli sobbalzarono sui loro rispettivi materassi e si catapultarono come un sol uomo a socchiudere leggermente le persiane per trovare conferma a ciò che già avevano capito: erano arrivati i nippo-salentini! (così Costanza e Prudenza avevano soprannominato i due)
<Non ti preoccupare Stavros... ci preparerai poi qualcosa di buono... magari per stasera... non c’è fretta!> rispose la voce di Marcelli, che era assolutamente identica a quella sentita due giorni prima al telefono!
<Altri italiani qui in locanda... familia di Italia di Nord... Lecco> disse con enfasi Stavros, che era ben contento di poter sfoggiare la sua conoscenza delle province italiane....
<Ahhh... bene!> fece con palese disinteresse Marcelli.
<Ahhh... vorrà dire che poi li conosceremo!> gli fece eco la moglie.
Dalle persiane appena accostate della dépendance la famiglia Martelli seguiva clandestinamente lo svolgersi del breve dialogo fra Stavros e i nippo-salentini, i quali dissero all’oste che sarebbero andati a casa loro a rinfrescarsi e a riposarsi del viaggio...
<Ci vediamo a pranzo... veniamo volentieri a mangiare da lei... verso la una... sì, solo noi due... niente amici questa volta!> dissero quasi ad una sola voce congedandosi da Stavros.
La precisazione era stata necessaria perché ogni qual volta quella simpatica e originale coppia svernava ad Andros, la loro casa diventava meta di numerosi artisti italiani, autoctoni e di passaggio che si installavano per qualche tempo presso i due e che ricambiavano l’ospitalità dei pernottamenti offrendo succulente quanto pantagrueliche cene nella locanda di Stavros che diventava quindi, nei mesi estivi, luogo di ritrovo di artisti di piccolo e medio cabotaggio ma delle più svariate provenienze geografiche.
Passò una decina di minuti durante i quali i coniugi e la figliolanza si consultarono brevemente non tanto su cosa avrebbero dovuto fare, poiché ormai la situazione non stava più soltanto nelle loro mani, ma più che altro su come si sarebbero sviluppati gli eventi... e ognuno di loro faceva le congetture più disparate.
All’improvviso il telefono cellulare del colonnello prese a suonare con le inconfondibili note dell’inno dei bersaglieri, cosa che lo rendeva riconoscibile in qualsiasi luogo al mondo squillasse...
<Accidenti... sarà Scrivani!... Non l’abbiamo più chiamato da l’altro ieri ad Atene... gli dico... gli dico che torniamo comunque dopodomani... accidenti!> disse mentre prendeva in mano lo strumento del suo ipotetico supplizio.
<Prontoooo!...> disse una voce all’altro capo del filo.
<Ahhh> disse Ignazio <...E’ leeiii!>
<Chi èèèè... chi èèèè?> chiese tutta la famiglia sibilando come una cucciolata di crotali in missione segreta.
<E’ Marcelliiii!> comunicò Ignazio a tutto il parentado mentre le sue pulsazioni ritornavano gradualmente nei parametri normali.
<Ahhh!...> sospirò l’intera famiglia.
<Sì... va bene...> disse poi Ignazio.
<Sì... fra un’oretta a casa vostra... mi ripete l’indirizzo?> continuò.
<Va bene, d’accordo a fra poco!> concluse Martelli.
<Dice di andare a casa sua fra un’ora per discutere il da farsi... così non destiamo sospetti in Stavros!...> comunicò il capofamiglia agli astanti.
<Eh... andiamoci allora!> disse donna Ines, allargando le braccia con falsa rassegnazione, ma già pregustando in cuor suo la conoscenza della signora giapponese e di quel gran pezzo d’artista di suo marito, che era in grado di produrre quelle “opere d’arte” che si erano materializzate fra le pareti di casa sua!...
Quando scesero a far colazione alla locanda, Heleni era come al solito presente dietro al bancone del bar: stavolta stava preparando pezzettini di frutta per la macedonia da servire a pranzo.
Li salutò con la mano, mentre Stavros si avvicinò ai Martelli per raccogliere le ordinazioni della colazione, che fu poi portata dalla ragazza, come i giorni precedenti.
Occorre dire che Heleni aveva visto arrivare i nippo-salentini, ai quali non aveva avuto comunque modo di parlare...
Naturalmente la ragazza era sicura che il signor Marcelli e la moglie fossero lì perché avevano ricevuto il suo biglietto; cosa ci facessero lì invece i Martelli non se l’era neppure domandato e francamente non poteva proprio immaginare che i due fatti fossero in relazione!...
Ad ogni buon conto, come avete avuto modo di vedere, la ragazza non perdeva occasione di comunicare il suo problema a chiunque, secondo lei, potesse aiutarla.
Quando arrivò quindi al tavolo per servirli, insieme ai caffè, alle olive, al formaggio ai cetrioli e ai pomodori, fece scivolare, celato fra le fette di pane, un foglietto di carta ripiegato.
La famigliola se ne accorse subito, ma furono tutti abilissimi a non far trapelare nulla.
Quando furono usciti dopo aver mangiato, aprirono il foglietto.
C’era scritto a biro e in stampatello un solo nome, che di greco aveva ben poco e di latino tantomeno: HAKIM ATALAY.
Era il Turco!!! Era quel Turcoooo!!!
Ora perlomeno sapevano di chi si trattava. Avrebbero potuto cercarlo e soprattutto avrebbero avuto qualche indicazione precisa per le ricerche da dare ai coniugi Marcelli che, venendo qui tutti gli anni in vacanza, almeno potevano avere una pallida idea di chi si trattasse e dove trovarlo.
Mancava mezz’ora all’incontro con i leccesi e decisero quindi di avviarsi lentamente verso casa loro, anche perché non erano certi di trovarla subito, data la loro scarsa conoscenza del luogo...
La trovarono invece immediatamente anche perché, appena giunti nella via, lo scultore Marcelli, avendoli visti arrivare dalla sua finestra, era venuto loro incontro.
UNA COPPIA STREPITOSA
Mentre avanzava nella strada assolata verso di loro si resero subito tutti conto della sua notevole altezza, particolare a cui non avevano potuto far compiutamente caso osservandolo da dietro le persiane nella casa di Stavros...
Orazio Marcelli era un uomo di circa settant'anni, ma li portava molto bene e la sua andatura era molto energica e spedita. Il suo viso poi aveva un che di medio-orientale...
Si capiva senza ombra di dubbio che era un uomo del sud e che per di più trascorreva al mare gran parte del suo tempo; le rughe sul suo viso sembravano infatti incise più dal vento, dal sole e dal mare, dagli elementi della natura insomma, che non dal tempo e dallo scorrere degli avvenimenti della sua vita...
Il suo volto sembrava quello di una scultura vivente, quasi un antico dio pagano, con cui il sole e il mare si fossero esercitati loro stessi nell’arte della scultura, lasciandogli in loro ricordo, come dono di ringraziamento, un’energia particolare e un’intensità quasi sovrumane...
<Piacere Martelli... io sono Marcelli!...> disse lo scultore al colonnello assestandogli una poderosa manata sulla spalla.
<E questa é la sua signora... e l’intera famiglia... ma bravo!> e giù una seconda manata sulla stessa spalla.
<Venite su... prego!> disse la signora Hiroko, che era impercettibilmente comparsa sulla soglia e li invitava ad entrare con un profondo inchino.
La moglie di Marcelli, la signora Hiroko, era quanto di più lontano dal marito si potesse immaginare.
Era minuta e alquanto pallida; vestiva un paio di pantaloni di seta viola e una casacca dello stesso tessuto, ma color lilla. I suoi capelli, decisamente neri ma con qualche striatura di bianco, erano raccolti in un discreto chignon sulla sommità del capo. L’insieme del suo abbigliamento lo si sarebbe potuto definire “moderno”; tuttavia il suo incedere impercettibile faceva sì che sembrasse abbigliata negli abiti tradizionali giapponesi che ognuno di noi si immagina...
Camminava insomma come se avesse sotto i piedi delle piccolissime ruote che la facevano per così dire “fluttuare” nell’aria!...
Com’era diversa quella donna nel modo di fare dal suo “artistico marito” tutto pacche sulle spalle e sentimenti brutalmente esternati!
Sembrava veramente che uno Spirito beffardo si fosse divertito ad accoppiarli per ammirare il “contrasto” fra i loro due modi di essere e per sperimentare la possibilità di una “armonia fra gli opposti”!...
Guidati da questa strana coppia che faceva loro strada sulle scale, salirono quindi tutti insieme al piano superiore e qui si trovarono di fronte a qualcosa che i Martelli avrebbero anche dovuto sospettare, visto quello che era approdato casualmente in casa loro a Treguzio....
Tuttavia la visione di ciò che riempiva le stanze del piano di sopra li lasciò letteralmente senza fiato...
Erano malignamente riuniti a darsi man forte l’un l’altro, mobili e oggetti il cui scopo e ragione di esistenza era difficile da decifrare... eppure doveva pur esserci...
Sulla destra ad esempio, appena entrati nel salone, c’era qualcosa di veramente “orrido”...
Si trattava di una lampada da terra a forma di albero col tronco sporco di finto sangue; era provvista di sei o sette rami all’apice dei quali si trovava la riproduzione tridimensionale, forse in cartapesta, di uomini politici di tutto il mondo...
Nelle loro bocche aperte trovavano posto delle lampadine a forma di fiamma...una per ciascuna bocca.
Ma ciò non era bastato alla mente del creatore di cotanta magnificenza...
Sullo stelo/tronco di questo inquietante albero troneggiava una scritta trasversale: PORTIAMO LA LUCE NEL MONDO.
L’intento sarcastico di tale creazione era del tutto palese, ma pur se molte persone avrebbero potuto immaginarla... solo il Marcelli aveva pensato di realizzarla davvero... e fosse solo per questo merito, se non per quello della bellezza estetica, che era opinabile, c’era da levarsi tanto di cappello!!!...
Riavutisi dalla visione di tale inquietante opera d’arte, i Martelli furono liberi di volgere lo sguardo verso il centro dell’ampio locale.
Qui faceva bella mostra di sé un tavolo rotondo... apparentemente normale seppure molto, molto grande... dal diametro incredibile!
Era in effetti un enorme cilindro, il ceppo di un tronco tale come resta sul terreno quando viene tagliato, con ancora la corteccia!
Era stato segato anche alla base e successivamente posto lì, al centro di quella enorme stanza...
Le sedie poi, che ad un primo sguardo non apparivano, erano tuttavia presenti...
Erano in effetti ricavate nella circonferenza del cilindro e quando non erano in uso, venivano riaccostate riaffondandole nel tronco che ridiventava intero...
Era veramente una meraviglia, una cosa mai vista, una specie di prodigio della mente umana!...
Non si possono certamente descrivere tutti i “pezzi” presenti in quel locale: ci vorrebbe il catalogo di un museo... ma tanto vi basti per farvi un’idea di quell’appartamento...
Se tutto era incredibile in quella stanza, la cosa più inimmaginabile rimanevano tuttavia i padroni di casa: erano quanto di più diverso e di più lontano dai coniugi Martelli ci si potesse figurare...
L’impatto dell’ingresso dei Martelli a casa dei Marcelli fu quindi devastante per la psiche dei primi (e forse anche dei secondi) e nello stesso tempo, proprio per questo, foriero di nuove e incredibili possibilità....
I lecchesi si sedettero quasi senza fiatare, un po’ intimiditi...
Come spesso succedeva tuttavia in questi casi, ci pensò Tancredi a dire la frase giusta al momento giusto:
<Te l’avevo detto mamma... te l’avevo detto che c’entravano i Marziani... molte cose che ci sono qui vengono da Marte... io lo so!> disse il pargolo puntando l’indice verso alcuni oggetti e arrossendo nelle orecchie.
<E’ vero!> esordì a sorpresa Orazio Marcelli... vengono proprio da un’altro mondo... vengono dal mondo della fantasia... qualcuno lo chiama Marte, qualcun altro lo chiama in un altro modo... ma ha ragione il bambino... bravo!>
Le orecchie di Tancredi si fecero se possibile ancora più rosse, quasi viola, ma era davvero al settimo cielo: qualcuno finalmente aveva riconosciuto che lui aveva ragione!
Felice e leggermente esausto per l’emozione, si sprofondò in una poltrona a forma di occhio, che lo accolse senza battere ciglio!
Anche il resto della famiglia era a quel punto più rilassato; sorrisero quindi e cominciarono a raccontare tutta la storia che voi già sapete per filo e per segno compreso, ovviamente, l’avventuroso ritrovamento del messaggio cifrato all’interno della bambola di porcellana dovuto alla sua rottura, fatto del quale i coniugi Marcelli non si rammaricarono neppure troppo, precisando tuttavia che quella bambola aveva un foro abbastanza grande sulla schiena perché in origine conteneva un meccanismo a suoneria e questo naturalmente spiegava come avesse fatto ad essere introdotto un messaggio al suo interno.
Chi ce l’aveva posto aveva la quasi certezza che prima o poi qualcuno, maneggiandola, avrebbe tolto quella specie di tappo che era stato posto per chiudere il buco dove alloggiava la suoneria...
Fu infine aggiunto alla conversazione, ad opera dei Martelli, l’ultimo e imprescindibile tassello del mosaico e cioè il nome del Turco, oggetto di cotanto interesse da parte di Heleni, la figlia di Stavros.
<Ahhh, sìììì!... ma so chi è allora... ma certo!... è un bel ragazzo!> disse Orazio come sollevato.
<Certo che non è un delinquente!> aggiunse poi ridacchiando. Aveva così risposto anche all’immediata replica di Ignazio, volta a conoscere di che tipo di ragazzo si trattasse.
<Non ne avrebbe neanche bisogno di certo!> spiegò poi: <E’ il figlio di uno dei più ricchi commercianti di Istanbul, uno che ha una catena di supermercati>
E continuò: <Sono stati qui quest’estate perché credo che il padre voglia valutare se è il caso di aprire un supermercato anche qui ad Andros o se le leggi greche sono troppo severe con le compagnie straniere...
<Sì...sì> confermò Hiroko.
<Ricordo che avevano anche una barca, un tre alberi, ancorata qui nel porto di Andros... bella barca davvero!> concluse la moglie di Orazio.
Praticamente la parte più misteriosa dell’intera vicenda si era chiarita subito già dopo le prime parole del loro discorso....
<Bene... meglio così!> disse Ignazio. <Se è anche un buon partito... non dovrebbero esserci problemi!>
<Eh, già!... Lei la fa facile!> argomentò Orazio con ampi gesti delle braccia.
<Pensa che la ragazza sarebbe stata costretta ad architettare tutto questo marchingegno laborioso se fosse stato così semplice risolvere il problema?> disse lo scultore.
<Beh... in effetti no; non ce ne sarebbe stato bisogno!> convenne Ignazio.
<Lei non conosce Stavros... mio caro Martelli!> disse Marcelli.
<Da quando poi gli è morta la moglie due anni fa, lui ha solo la figlia... la “luce...>
<...dei suoi occhi!”> concluse Ines.
<Esatto!> fece eco Hiroko.
<Credo la voglia senz’altro sposata ad uno di Andros soprattutto per averla vicina> spiegò Orazio.
<Aggiungiamo poi che un Turco è quasi sicuramente musulmano e qui sono ortodossi... e ci tengono anche tanto!> si intromise Hiroko.
<Sì... ma il fatto che lui è ricco... non potrebbe in alcun modo addolcirgli la pillola a Stavros?> disse malignamente Costanza.
<Sì... forse potrebbe... anche se Stavros non è uno da passare sopra ai suoi principi per i soldi... comunque... chi lo sa?>
<Scusate se dico una cosa un po’ sgradevole...> si intromise Prudenza. <Non per rompere le uova nel paniere... ma intanto non è che dovremmo in qualche modo contattare il ragazzo per vedere cosa ne pensa?... Non è che magari sono tutte fantasie della figlia di Stavros e a lui di lei “nun gliene po’ fregà de meno” per dirla alla romana?> continuò giudiziosa Prudenza facendo onore al suo nome.
<Certo che dobbiamo... è imprescindibile!> confermò Ignazio.
<...Ma chi sa come rintracciarlo?... Lei forse?> si rivolse a Orazio.
<...Mmhh.... mi lasci pensare...> disse Marcelli passandosi una mano sulla sua faccia da dio pagano.
<...Sì... ci sono. Il Circolo Nautico di Andros!... Quando hanno ancorato la barca qui nel porto avranno dovuto dare anche i loro telefoni, almeno quello del cellulare...>
<Sì... cominciamo da qui!> concluse come ispirato Orazio.
In breve Orazio, con grande efficienza, ottenne il numero di telefono del padre di Hakim e gli telefonò, posizionando il telefono sul vivavoce mentre i Martelli al completo, sprofondati nelle loro sedie, assistevano ammirati al susseguirsi delle operazioni messe in moto dal Marcelli.
Il più estasiato era il colonnello Martelli, il quale aveva sempre pensato che gli artisti fossero persone squinternate e incapaci di gestire le cose della vita quotidiana e ora quel leccese imprevedibile, sposato con una giapponese, creatore di opere che definire estrose non avrebbe reso loro ciò che meritavano... ora quell’incredibile personaggio lo stava completamente spiazzando: era efficiente come un generale sul campo di battaglia e la sua strategia operativa era degna di un’accademia militare! (questi naturalmente erano gli unici termini di paragone che il colonnello Martelli aveva in mente...)
A Istanbul, o in qualche altro luogo della Turchia squillò il telefono in tasca o nella borsa del padre di Hakim (di cui per ora non conosciamo il nome) e l’uomo rispose... ovviamente in turco!...
Nessuno fra di loro ad Andros si era posto in effetti il problema della lingua prima di dar corso alla telefonata e ora la patata bollente era nelle mani del sagace Orazio, il quale azzardò qualche parola in inglese; tuttavia dall’altro capo del filo gli fu risposto in inglese che era meglio parlare in francese perché il turco conosceva meglio quella lingua.
Per fortuna il nostro eroe Orazio Marcelli da Trepuzzi, classe 1936, professione scultore, il francese lo conosceva benissimo e la conversazione che seguì si svolse in quella lingua con gran sollievo di tutti (escluso Tancredi ovviamente!) che così, tramite il vivavoce, potevano approssimativamente seguirne le fasi.
Vi risparmio ora, cari lettori, l’intercalare in dialetto leccese del nostro scultore, le esclamazioni di giubilo in giapponese di Hiroko e le immancabili smorfie ora di interrogazione ora di apprensione delle due sorelle Martelli nonché del resto della famiglia, e vi risparmio soprattutto il francese approssimativo e a tratti indecifrabile del signor Fatih Atalay (così si chiamava il padre del fortunato) per farvi immediatamente un rendiconto dettagliato del contenuto della telefonata.
Certo che il padre era al corrente dell’innamoramento del figlio per la ragazza della locanda! Se ne era accorto fin dalla prima volta quando era entrato nel bar di Stavros col figlio per consultare un elenco telefonico di Andros e la ragazza stava, come del resto quasi sempre, dietro al bancone del bar.
Fra i due giovani erano intercorse delle occhiate così intense ed eloquenti, seppur silenziose, che non erano passate inosservate né al padre di lui né, ovviamente, a quello di lei.
I due genitori, separati da un invisibile eppur consistente barriera dovuta alla diversa etnìa, avevano tagliato corto e cercato di abbreviare il più possibile la contigua permanenza all’interno del bar, ringraziando in fretta dell’informazione telefonica e uscendo quasi subito.
Appena usciti padre e figlio dal bar, Stavros aveva immediatamente rimproverato la figlia per come aveva guardato il giovane, le aveva rovesciato addosso una serie di parolacce che non era uso di solito proferire, le aveva detto che si togliesse quel giovane dalla testa ancor prima di mettercelo e le aveva promesso che avrebbe dovuto passare sul suo cadavere prima di veder entrare un musulmano in casa sua, perché la sua era una casa onorata e lui era il suo custode in mancanza della madre e non avrebbe mai permesso che la stirpe degli Iannakis (questo era il cognome di Stavros) si mischiasse con degli infedeli!!!...
Il giorno seguente Hakim da solo era entrato nel bar a bere qualcosa, per rivedere Heleni ovviamente!...
Il padre al momento non era nella stanza e così lei gli servì un’aranciata. Qualcosa dovettero dirsi quel giorno se Heleni riponeva qualche speranza in questo amore, perché quella fu davvero l’ultima volta che si videro...
Il padre entrò nel bar mentre lui stava sorseggiando l’aranciata a rispettosa distanza da lei... divisi dal bancone... ma ciò che intercorreva fra di loro era inequivocabile...
A quel punto il ragazzo chiese quanto doveva, pagò e uscì salutando padre e figlia. Lei rispose con un sorriso e il padre dovette ricambiare il saluto, seppur a denti stretti.
Il giorno dopo Hakim tornò... ma Heleni non c’era più... e da quel giorno non l’avrebbe più rivista!...
Da quel momento in poi Heleni infatti rimaneva sempre nella sua stanza al piano superiore, segregata da quel padre che le voleva tanto bene, segregata perché lei era la “luce dei suoi occhi” e la luce non la si fa andar via... perché non se ne può fare a meno!...
Hakim tornò per qualche giorno... poi capì... e non si fece più vedere. (Questi avvenimenti erano stati resi noti allo scultore dal proprietario della locanda stesso!)
Finì così il calvario di Stavros, ma... incominciò quello di Fatih!...
Hakim infatti dopo quell’incontro dentro nel bar non era più lo stesso; era venuto per accompagnare il padre in quel viaggio d’affari, perché doveva impratichirsi anche lui della gestione dei supermercati e delle trattative commerciali; inoltre il ragazzo parlava molto bene in inglese, il che non si può dire del padre, e quindi gli era utile come interprete in molte situazioni.
Il signor Marcelli proseguì con il racconto, dicendo che i signori Atalay padre e figlio erano venuti ad Andros per lavoro... ma dopo quel fugace incontro con la ragazza dentro il bar, su Hakim non si poteva più contare: si era chiuso in un cupo mutismo, si alzava tardi alla mattina, si dimenticava gli appuntamenti ed era...
<Fuori come un citofono!> intervenne Tancredi.
<Bravo!... Proprio così!> confermò Marcelli.
In compenso il ragazzo passava spesso sotto le finestre della ragazza perché aveva capito con quello strano intuito che solo gli innamorati riescono ad avere, che lei era lì, proprio dietro quelle finestre... ma lei non poteva vederlo, né venire a sapere di questa sua dedizione silenziosa!
<Che storia romantica caro!... Passeggiare sotto le finestre!> squittì donna Ines.
<Ehh sììì!... Storie d’altri tempi!> dissero quasi all’unisono il Martelli e il Marcelli.
<Eh già!... La ricostruzione è più o meno questa!> disse Marcelli.
E proseguì: <Dopo io, verso la fine dell’estate, ho messo insieme i miei pezzi da traslocare in Italia e a quell’epoca i Turchi se n’erano andati da un bel pezzo e Heleni aveva ricominciato a comparire, ma molto sporadicamente, al piano di sotto a servire ai tavoli, ma stava lì solo quando c’era anche il padre nel salone!>
<Noi siamo stati serviti da lei in questi giorni!> disse Ines.
<Beh, certo... Voi siete una famiglia in vacanza e naturalmente non rappresentate una minaccia agli occhi di Stavros!> si intromise Hiroko.
<Comunque il signor Fatih non mi sembra abbia problemi sapendo che il figlio si è innamorato di una greca: dice che se il signor Stavros tiene alla figlia in quella maniera si vede che a suo modo dev’essere un uomo di sani principi e che quindi... insomma... gli assomiglia... e poi dice che... lui è un commerciante ed è pratico di trattative...
Insomma... cari signori Martelli... Fatih si è risparmiato la fatic... (scusate il gioco di parole ma non ho resistito!...) e ci ha affidato nelle mani la patata bollente di fare da intermediari con Stavros... Ve la sentite?> concluse in poche parole Marcelli.
<Dice di chiamarlo questa sera che lui viene anche domani se la cosa si può fare... se c’è un minimo di volontà da parte di Stavros... perché lui non ne può più di vedere il figlio conciato così male; ché da quando sono tornati ad Istanbul il figlio non è più quello di prima e che qualsiasi decisione è meglio che rimanere così!> proseguì Marcelli.
<Certo che ce la sentiamo!> disse con impeto Ignazio. <Adesso che abbiamo messo in piedi tutta questa “caccia all’uomo” attraverso la Grecia... che abbiamo dei conti in sospeso con la Giustizia in Italia... non si allarmi Marcelli... poi le spiegherò!> E proseguì: <Dicevo... ci mancherebbe altro che ci tiriamo indietro proprio all’ultimo momento!... vero Ines?> e si girò verso la moglie come a chiedere conferma.
<Ma certo caro che li aiutiamo questi due ragazzi!> confermò lei.
<...Ma scusi... Marcelli... lei ha una pallida idea da dove si comincia a risolvere il problema?> si informò Ignazio.
<No... a dire il vero ancora no, ma... è ora di pranzo e io direi di capitare “casualmente” nella locanda di Stavros> disse Orazio.
<Ah, per noi va benone, perché gli avevamo già detto che saremmo andati a pranzo!> rispose Ignazio.
Intanto che continuavano a parlare la consorte giapponese si era alzata e aveva detto: <Sarà meglio quindi che cominciamo ad avviarci... c’è un bel pezzetto di strada a piedi per arrivare alla locanda di Stavros!> e così dicendo, con un dolce inchino e la grinta di un samurai, incoraggiò la discesa dalle scale del resto della combriccola.
Uscirono da quella casa stracolma di meraviglie dell’arte e, dopo aver chiuso la porta si avviarono verso il fatidico appuntamento.
IL COLPO DA MAESTRO DI MARCELLI
Lungo il percorso intanto Marcelli argomentava: <Senta cosa mi è venuto in mente proprio adesso, caro colonnello>
E proseguì: <Quando saremo seduti lì a mangiare e ci sarà stata portata la prima ordinazione, io (l’ ho già fatto altre volte) andrò in cucina con la scusa di curiosare nelle pentole... (il signor Stavros lo sa che io sono un goloso ficcanaso e che tento sempre di strappargli il segreto di qualche ricetta!)
Così, mentre siamo soli io e lui in cucina gli butto lì la patata bollente... che la cucina mi sembra anche un ambiente adatto alle patate bollenti!!!... Ahh ahh!> sghignazzò Marcelli.
<Naturalmente non ho idea di come lui reagirà... ma almeno siamo in cucina io e lui da soli, senza testimoni... e si sentirà libero di parlarmi a cuore aperto... dopodiché gli parlerò anche di voi e gli spiegherò perché siete qui... eccetera eccetera: cosa ve ne pare?> disse d’un fiato Orazio mentre stavano arrivando davanti alla locanda.
Il colonnello Martelli non ebbe neanche modo di rispondere perché lo scultore aveva già la mano sulla maniglia della porta...
Dentro, il locale era abbastanza pieno di gente e si sedettero ad un grande tavolo ancora libero.
Mentre si accomodavano Ignazio disse: <Direi che è ben congegnato... ma lei se la sente di reggere da solo questa parte?>
<Ma sìììì> disse Marcelli e non fu possibile proseguire la conversazione perché l’oste comparve, li salutò e domandò: <Ah... voi siete già conosciuti!... Italiani di su... Italiani di giù!...> e fece segno con le dita a significare il Nord e il Sud.
<Cosa mangiare oggi?> proseguì e sciorinò una sfilza di piatti greci fra i quali era davvero difficile scegliere.
Il gruppetto fece comunque delle ordinazioni, ma era ovvio che quel giorno non era certo la gastronomia il loro pensiero dominante!...
Ingannarono tuttavia l’attesa sbocconcellando l’ottimo pane che era sul tavolo.
Quando arrivarono i cibi, trascorse qualche minuto in cui tutti assaporarono silenziosamente e pensosamente le pietanze; poi Orazio, terminata la sua fantasmagorica insalata greca, ruppe il silenzio: <E’ arrivato il momento... io vado in cucina!> disse e si alzò.
<Il signor Stavros è una pasta d’uomo!... non vi preoccupate!> proseguì lo scultore vedendo i volti apprensivi che rimanevano seduti al tavolo a fissarlo.
<In bocca al lupo signor Marcelli!> dissero le sorelle.
<Crepi! > rispose Orazio mentre si allontanava.
Costanza e Prudenza si guardarono allibite. Come si faceva a dire che era una pasta d’uomo uno che teneva la figlia reclusa e che non le permetteva di fidanzarsi con chi voleva?
<Sì, sì! Dev’essere proprio una pasta d’uomo quello Stavros... anche gli ufficiali nazisti coltivavano i gerani e poi sterminavano gli Ebrei!...> disse gelida Prudenza.
<Eh sì...> disse pensosa Costanza. <E’ proprio vero che ogni persona può avere molte facce... con noi è stato sempre molto gentile!> continuò.
<E’ più che altro una questione di mentalità> intervenne Ines.
<Per lui, che è greco e ortodosso l’idea che la figlia si fidanzi con un turco e musulmano è proprio indigeribile!> proseguì la donna.
<Sarebbe come se una ragazza ebrea di Israele si innamorasse di un palestinese musulmano...> intervenne in suo aiuto Hiroko.
<L’odio che si alimenta dei ricordi del passato, lontano o recente ancor peggio... è una pianta dura a morire! L’odio poi è figlio della paura... della paura dell’altro... della paura che ci fa chi sembra diverso da noi> proseguì con fervore la dolce signora giapponese (e si capiva benissimo che parlava di un argomento che aveva sperimentato sulla sua pelle!)
<E d’altra parte solo l’amore può spegnere l’odio e far passare la paura... solo un amore puro come può esserlo quello di due giovani che non si chiedono la carta d’identità prima di innamorarsi> continuò Ines ormai presa nel vortice della sua telenovela personale.
<Sì, abbiamo capito mamma!> intervenne Tancredi del tutto inaspettatamente.
<Vuol dire che se io un giorno mi innamorerò di una marziana tu me la lascerai sposare... anche se per esempio avesse la pelle un po’ verde... vero mamma?... Vero che me la lascerai sposare?> chiese con ansia il fantasioso pargolo.
<Certo Tancredi> lo rassicurò la madre, colpita dall’inaspettata domanda.
<Tutt’al più vorrà dire che avremo dei nipotini verdognoli> intervenne Prudenza sarcastica, ma nel contempo si prese in braccio Tancredi e lo strinse affettuosamente, facendogli subito dimenticare la battutaccia, che forse non aveva neppure capito...
Mah?!... Chi lo sa?!
Di ciò che successe in cucina e fuori della locanda di lì a circa un’ora dopo non è rimasta traccia né sonora né visiva...
Stavros se ne usci dal locale con Orazio, lasciando alla figlia e alle altre donne di cucina l’incombenza di servire ai tavoli e di badare alle pentole...
Al tavolo dei nostri commensali il pranzo proseguiva, poiché, visto il ritardo, avevano deciso di comune accordo di non aspettare Orazio.
Era come se la tensione emotiva sedesse a tavola con loro...
A tratti stavano tutti completamente muti... a tratti qualcuno interveniva per chiedere <Secondo voi?>, ma gli altri lo zittivano dicendo che era meglio non fare congetture... bisognava incrociare le dita... se qualcuno credeva era certo il caso di dire una preghiera... e poi sperare... sperare e ancora sperare... che tutto andasse bene... che Orazio fosse convincente... che Stavros fosse malleabile... insomma che tutto si risolvesse per il meglio.
Dopo un’ora circa, che era sembrata durare più del doppio a chi aspettava seduto al tavolo, i due se ne entrarono nella sala da pranzo provenienti dalla strada... e appena apparvero nella cornice della porta gli sguardi si caricarono di ansia interrogativa, i respiri si fermarono per una frazione di secondo e poi... poi tutti capirono che era fatta!...
Ebbene sì era fatta!...
Stavros e Orazio avevano l’uno la mano sulla spalla dell’altro, come se rientrassero dopo una battuta di pesca fruttuosa...
Si avvicinarono al tavolo dei nostri e Stavros disse: <Voi grande marito avete signora Hiroko!... voi grande marito!>
<Lo so!> rispose la moglie in questione un po’ timidamente... e un lieve rossore le comparve sulle guance. <Lo so... è per questo che l’ ho sposato!> proseguì e gli sorrise amabilmente, con un’intensità e una convinzione che non lasciavano certo dubbi sul suo amore per quel gran pezzo d’artista!
<Ora io so tutto!...> esclamò l’oste.
<So di mobili arrivati in posto sbagliato... so perché voi siete anche qui... so che padre di giovane turco potrebbe essere d’accordo... su fidanzamento>
<Io... fatto tutto quello che fatto per bene di mia filia> disse l’oste giustificandosi.
<Lo capiamo signor Stavros> lo confortò Ines.
<E poi Orazio mi ha detto che lui aiuta me e padre di quel giovane a trovare accordo... perché lui esperto di accordi... vero signora Hiroko?> disse alla moglie di Marcelli e rise.
<Sì signor Stavros... se è necessario noi possiamo fermarci qui ad Andros per aiutarvi... anzi ne sarei molto felice!> concluse la moglie dello scultore.
L’atmosfera pesante si era sollevata, i cuori si erano aperti... i piatti si erano ripuliti e i bicchieri si erano svuotati... Adesso sì si poteva mangiare con allegria! <Signor Stavros, quando abbiamo finito di pranzare però viene qui al nostro tavolo a bere qualcosa con noi! > disse Ines.
<Sì, signora... certo... ora però devo dire subito questa cosa a mia filia Heleni> disse l’oste e proseguì eccitatissimo: <Poi bisogna chiamare padre di giovane e dire che lui può venire e parlare, che nessuno vuole mangiare lui!> disse e rise avviandosi verso la cucina per parlare alla figlia.
Orazio, come se fosse semplicemente rientrato dopo essere andato alla toilette, si risedette al tavolo, scoperchiò con brama la moussaka, ma il desiderio si trasformò in una smorfia di disgusto quando si accorse che si era ormai raffreddata. Tuttavia si consolò in fretta e disse: <Beh... che male c’è... oggi non ho mangiato, ma non sento neanche la fame... sono talmente contento che sento solo voglia di salire su in casa a creare qualcosa per celebrare questo avvenimento!... e a telefonare a Fatih, naturalmente!>
Le sorelle si guardarono interrogativamente fra loro e il pensiero che si leggeva chiaramente nei loro occhi era il seguente: se quando non succede niente di speciale lui produce quello che abbiamo visto nella nostra casa di Treguzio, cosa mai sarà in grado di partorire la sua mente quando è così felice?
Il pensiero fu in qualche modo captato da Orazio che disse: <Vedrete... vedrete cosa ne uscirà!... Non si sa mai che cosa è in grado di creare un cuore felice... un cuore felice è padrone del mondo!>
Ognuno lo guardò finalmente con unanime stima e affetto e davvero tutti (a parte Hiroko che già lo sapeva) capirono che al loro tavolo stava seduto ben più che un estroso scultore di cose strane...
Ecco. Terminiamo così questa storia... lasciando seduti a questo tavolo i nostri commensali, lasciando Stavros in cucina che parla con la figlia; lasciando Orazio che sale in casa a telefonare in Turchia e a creare la sua opera per festeggiare l’avvenimento...
Lasciamo tutte queste persone così... sospese, perché tanto quello che succederà dopo lo sappiamo già e come sempre nella vita, come sempre in tutte le cose della vita... l’attimo più bello è quello della promessa... quello dell’attesa... quando tutto è pronto perché le cose accadano... quando le cose sono in arrivo e noi le aspettiamo con la certezza che giungeranno... a riempire il nostro cuore.
- Aurelia Bracciforti -